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Coronavirus. I postini si fermano. Segnalazioni al Telefono Rosso

Dopo i casi di dipendenti delle Poste (dove sono rimasti aperti sia sportelli che distribuzione) contagiati e deceduti a Bergamo e Ravenna, tra le varie segnalazioni ricevute dal Telefono Rosso si segnala la denuncia inviata da un postino.

Ieri mattina in diversi centri di recapito di Poste Italiane i portalettere si sono astenuti dal servizio di recapito avendo constatato il perdurare delle lacune rispetto alle misure di sicurezza necessarie contro il diffondersi del Covid-19.

Come ci ha spiegato uno di loro, il lavoro del postino è un lavoro particolarmente a rischio in questa fase, soprattutto nel diventare un veicolo inconsapevole del virus:

“Come una ape che vola di fiore in fiore, così il postino rischia di girare per la città entrando a contatto via via e in successione con persone che escono dai portoni dei palazzi, custodi, addetti alla ricezione per aziende ed enti, colleghi e – terminato il lavoro – i propri familiari, diventando un involontario agente del contagio”.

“Inoltre, il lavoro si svolge in ambienti, con strumenti di lavoro e con mezzi di trasporto che non risultavano sanificati e in alcuni centri si sconta la mancanza non solo delle mascherine, ma anche di guanti e gel igienizzanti“.

Astenendosi dal lavoro questi lavoratori hanno dato prova di una assunzione di responsabilità individuale e collettiva nel fare la propria parte per limitare il contagio del virus e le sue gravi conseguenze sociali.

In questo slancio civico, più che le campagne trasmesse in televisione e gli appelli alla responsabilità dei politici, sembra abbiano avuto maggior effetto tra i postini l’esempio delle mobilitazioni e scioperi di questi giorni in varie fabbriche del paese.

Si spera che questa “scossa” collettiva possa continuare finché sia sospesa la produzione nei luoghi di lavoro che non svolgono un’attività necessaria, così come in tutti i posti di lavoro dove non vengono innalzate e rispettate le misure di sicurezza e che – nel caso dei servizi di utilità pubblica come la corrispondenza – l’attività sia ridotta salvaguardando esclusivamente quella quota ritenuta “servizio essenziale”.

Merita inoltre una riflessione ulteriore notare come, in Poste Italiane ma non solo – mentre molti dei comunicati sindacali a livello territoriale siano stati un utile strumento per pretendere i propri diritti da parte dei lavoratori che oggi si sono astenuti dal lavoro – la principale “arma” retorica e legislativa utilizzata da Poste Italiane e dai suoi dirigenti contro le rivendicazioni dei portalettere sia stato proprio il Protocollo di Intesa tra Governo, aziende e sindacati.

Con la sua sfilza di deroghe, con le sue eccezioni, con i suoi “vorrebbero ma non possono” concessi a beneficio dei datori di lavoro, con i suoi indecifrabili “saltuariamente” (riferito alle tempistiche delle sanificazioni degli ambienti), quel testo si è configurato non solo come un tentativo di dare una risposta (anestetizzare?) agli scioperi – tentativo vivvaddio fallito – ma come il principale puntello legislativo per permettere ai datori di i far continuare a lavorare in condizioni non completamente sicure.

Paradossalmente il protocollo ha tolto strumenti ai lavoratori, i quali giusto per fare un esempio, prima della sua emanazione, con maggiore difficoltà si sarebbero forse visti rispondere dai datori che “le mascherine non sono sempre sempre sempre indispensabili in questo momento, dipende”.

Quindi, se oggi un “nugolo” di postini hanno evitato di girare di casa in casa rischiando di contagiare più persone dobbiamo dire due grazie.

Il primo ai portalettere stessi, ai sindacati e agli RSU che hanno sostenuto queste astensioni dal lavoro e hanno segnalato le carenze sulle misure di sicurezza

Il secondo ringraziamento va ai lavoratori delle fabbriche (ma non solo) che i giorni scorsi hanno dato prova con i loro scioperi di grande responsabilità e senso civico.

Invece, se qualche postino sprovvisto di mascherina adesso bussa alle vostre porte, se alcuni portalettere si sono sentiti “obbligati” a lavorare anche senza avere i guanti, sappiate che i ringraziamenti “passano a tre” e trovate le loro firme in calce a un decreto che fa acqua da tutte le parti: le segreterie nazionali dei sindacati confederali, gli organi di rappresentanza delle aziende e il governo di questo paese.

PS: mentre scriviamo risulta confermata la “mazzetta” di 100 euro per coloro che durante l’emergenza hanno continuato a lavorare, a rischiare di contagiare e contagiarsi perché obbligati dal proprio datore di lavoro o dai decreti del Governo.

Questa sembra essere – dopo il “bastone” che obbliga ad andare a lavorare – la “carota”; magari troppo simile a quella che ti danno lessa nel piatto quando sei ricoverato in ospedale?

Non onoreranno certo in questo modo la salute di chi lavora.

 

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3 Commenti


  • Ivan

    Io lavoro a Ravenna come portalettere. Siete sicuri di questa notizia?


  • Claudia

    Si, io oggi mi sono rifiutata di lavorare perché al centro non c’erano le mascherine. Ho paura di poter essere un veicolo inconsapevole. Credo che il governo dovrebbe obbligare i datori di lavoro a chiudere quando non si è in sicurezza… Quindi niente presidi, niente uscite.


  • paolo

    Bisogna sospendere il sevizio e basta avete capito!!!!!!!!!!!!

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