Il lavoro deve portare dignità non sfruttamento
Finché nelle campagne d’Italia prevarranno rapporti di lavoro senza contratto o con finte coperture contrattuali e un’ora di fatica continuerà ad essere retribuita pochi euro, tutti i programmi di rilancio del paese declamati dal governo saranno viziati da una palese ipocrisia. Non c’è una istituzione, dalle Regioni alle prefetture, dai Comuni fino alle forze dell’ordine, agli organismi di controllo e ai Ministeri competenti che non conosca il grado di sfruttamento e di illegalità impunita che vige in tanta parte del sistema agricolo. Eppure non si interviene. Anzi, si continua a foraggiare il sistema agro-industriale con forti finanziamenti di provenienza sia europea che nostrana senza badare alle condizioni di invivibilità alle quali sono costretti i braccianti.
Altrettanto ipocrita è stata la finta “regolarizzazione” dei braccianti immigrati appena approvata che non regolarizza niente e nessuno, ma lascia immutata la condizione di illegalità diffusa che c’è nelle campagne.
Questa condizione di cronico sfruttamento non è casuale, serve a tenere bassissimo il costo del lavoro in agricoltura, sfruttando la ricattabilità dei lavoratori migranti, ma serve anche a condizionare verso il basso la retribuzione e le tutele di tanti lavoratori di altri settori. Serve cioè a schiacciare sempre di più milioni di lavoratori poveri, obbligandoli ad accettare un lavoro senza contratto.
Invertire questa tendenza è un percorso irto di difficoltà e di ostacoli. Il primo e forse più grande è lo stato di invisibilità al quale si vogliono ridurre tutti gli sfruttati, come se l’economia di questo paese non si reggesse su una sistematica spremitura del sudore di milioni di lavoratori e di lavoratrici ma sulla magnifica creatività del tessuto imprenditoriale, al quale non caso il Piano di rilancio assegna un volume clamoroso di stanziamenti miliardari.
Per combattere questa invisibilità, per il diritto all’organizzazione sindacale tra i braccianti, per una regolarizzazione vera di tutti i migranti presenti nel paese, per il rispetto del contratto e la soluzione della condizione abitativa, l’Unione Sindacale di Base invita a partecipare agli Stati Popolari domenica 5 luglio a piazza san Giovanni a Roma.
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Karlo
Fosse solo una questione di braccianti, questa potente e disruttiva iniziativa degli stati popolari!
Mi pare invece che apre un capitolo molto importante, ben significativo nell’ambito globale, per uscire da un sistema che ci sta portando verso l’autodistruzione. Diciamolo così, chiaro e tondo:
Dimensione operaia degli Stati Popolari, Sardine, ecologismo, antirazzismo, antipatriarcato…
E avanti con coraggio compagne e compagni!
Redazione Contropiano
Che le Sardine volessero andare contro “il sistema” non ci risulta… e magari si offendono pure…
Karlo
Bè, questioni aperte certo, da lavorarci, sapendo distinguere diversi livelli di critica, partecipazione e dinamizzazione, come propongo – anche accennando per esempio a PaP, tra l’altro – in “Apriamo connessioni operaie globali”.
Contro il sistema c’è persino, dicono, ideologicamente… un quotidiano comunista, in Italia…
ma ciò che conta realmente è la pratica, in definitiva!
Non mi dire che quel comunismo lì non sia solo funzionale all’incerottamento del regime parlamentare capitalista italico…