USB: trasformare la rabbia in lotta al sistema dello sfruttamento, introdurre il reato di omicidio sul lavoro
Mentre piangevamo inorriditi per l’omicidio del giovane studente Lorenzo, schiacciato da una trave in fabbrica in virtù della legge infame sull’alternanza scuola lavoro oggi ribattezzata PCTO, nel nostro “Bel Paese” nella sola giornata di sabato 22 gennaio si contavano altri 7 morti di lavoro (non i due delle cronache): Roberto Arrigoni (61 anni), Matteo Cane (20), Salvatore Mongiardo (65), Vincenzo Pignone (58), Antonio Solimena (40), Michele Solimena (30), Thomas Tavola (19).
Il totale in questi primi giorni del 2022 è di 47 vittime, più di due al giorno.
Una mattanza senza età: due dei lavoratori morti avevano 20 anni o meno, mentre altri tre, come sempre più spesso accade, avevano superato i 50, tenuti a lavorare grazie al continuo innalzamento dell’età pensionabile a prescindere dalla propria condizione e adeguatezza al lavoro.
La questione della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro è cosa seria che sembra impossibile affrontare. L’impossibilità è data da una legislazione sul lavoro soggetta a continui stravolgimenti e peggioramenti. Il conflitto capitale-lavoro piega nettamente a favore del primo e i prenditori non perdono occasione per chiedere e ottenere ulteriori passi indietro rispetto alle conquiste del movimento dei lavoratori, italiano e internazionale.
Allo stesso modo pretendono e ottengono che anche la scuola e l’università cambino pelle e funzione, per costruire un corpo sociale addestrato alla fatica e allo sfruttamento, competente nello svolgere i ruoli e le mansioni di volta in volta necessarie al mercato.
L’avvento dell’alternanza scuola-lavoro grazie ai governi Berlusconi, con “perfezionamenti” degli esecutivi Renzi e Conte, ha segnato il punto più alto di questo processo di soggiogamento totale agli interessi di impresa, accompagnato dal disinteresse totale verso il pianeta scuola, chi ci va per imparare, chi ci lavora, chi gli affida i propri figli per farne donne e uomini liberi.
Gli studenti sono stati lasciati soli nella battaglia per la cancellazione dell’alternanza scuola lavoro: sospesi, denunciati, picchiati quando occupavano le scuole per disegnare un futuro diverso.
Mai come in questo ultimo periodo, in cui la pandemia ha contribuito in maniera determinante all’aumento esponenziale delle morti, anche qui per la sottomissione della sicurezza e della salute alle brame di profitto dei prenditori, abbiamo sentito alzarsi la voce della denuncia, la scontata affermazione dell’intollerabilità del numero di vittime, della necessità di invertire questo terribile trend.
Fra queste voci non è mancata quella dei sindacalisti complici che hanno garantito negli anni la pace sociale, il disarmo del movimento operaio cui nel tempo è stata sottratta ideologia, funzione politica e diritto di sciopero.
C’è una responsabilità enorme nella disfatta in corso. Non basta inventarsi l’ennesimo tavolo di confronto col governo, peraltro riservato solo a loro, o la patente a punti per il riconoscimento delle imprese virtuose nel rispetto della legge 81; non basta invocare nuove assunzioni di ispettori senza poi attribuirgli poteri veri e cogenti nel contrasto alla deregulation in atto; non basta inserire la parola d’ordine “basta morti sul lavoro” tra quelle dei rarissimi sciopericchi proclamati a babbo morto e in piena e stretta osservanza delle regole scritte da chi comanda e fatte proprie senza battere ciglio da chi dovrebbe rappresentare quanti ne subiscono le conseguenze.
La rabbia degli studenti per l’omicidio di Lorenzo, quella dei familiari, dei colleghi di lavoro, degli amici, dei compagni per ciascuno delle donne e degli uomini morti di scuola, di lavoro e di sfruttamento devono trasformarsi in una battaglia senza quartiere a questo sistema capitalista, che ha rispolverato le vecchie mai scomparse armi dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dell’uomo sulla natura, per cambiare lo stato delle cose presenti, a partire dall’introduzione nel codice penale del reato di omicidio sul lavoro.
Oggi come ieri, oggi più che mai studenti e operai uniti nella lotta.
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