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Scuola: tagli, nuovo reclutamento e finta democrazia. Il 6 maggio sciopero

Per la scuola pubblica statale sembra non esserci mai pace. Dopo le pessime notizie arrivate dalla pubblicazione del Documento di Economia e Finanza 2022, con il quale il governo ha stabilito un progressivo disinvestimento sul settore istruzione (dal 4% del PIL del 2020 al 3,5% nel 2025), adesso il ministro Bianchi ha tirato fuori i classici argomenti di qualsiasi governo che non voglia affrontare i veri problemi della scuola stessa: il reclutamento, la formazione e la progressione di carriera del personale docente.

I temi sono strettamente collegati. Come denunciamo da tempo, l’intero sistema-scuola vive da anni in una condizione di estrema crisi: organici docenti e ATA sottodimensionati, precarizzazione del lavoro, edifici fatiscenti e in molti casi non a norma, aule e strumentazioni inadeguate.

Tutto questo è dipeso da precise scelte politiche operate indistintamente dai governi del centro-sinistra e del centro-destra: la scuola è stata usata come un bancomat dal quale prelevare risorse da destinare altrove.

Dopo due anni di pandemia, il quadro è evidentemente peggiorato. Destinare quindi all’istruzione, entro il 2025, il 3,5% del PIL, costituisce una scelta scellerata che, tra l’altro, riduce ancora di più le risorse destinate alla scuola pubblica statale, ponendo l’Italia all’ultimo posto dei paesi UE in tema di investimenti in istruzione e ricerca.

Per mascherare le malefatte dell’esecutivo, il ministro Bianchi, nei giorni scorsi, ha posto l’attenzione sui temi del reclutamento, della formazione e della progressione di carriera. Anche in questo caso, le notizie sono poco confortanti. Si tratta di una riforma che, come previsto nel PNRR, dovrà arrivare al traguardo entro giugno.

Per il reclutamento sono previsti due percorsi separati.

Il primo prevede una Laurea Magistrale o a ciclo unico, un corso di formazione di 60 crediti formativi, organizzati da centri di Ateneo, e una prova di abilitazione che darà l’accesso al concorso a cattedra. Al superamento di quest’ultimo si accederà all’anno di prova che si concluderà con la valutazione finale e la definitiva immissione in ruolo.

Il secondo percorso riguarda i cosiddetti precari storici che abbiano svolto 36 mesi di attività. Questi insegnanti potranno accedere direttamente al concorso pubblico e procedere successivamente a un riallineamento formativo tramite un contratto part-time e un percorso finalizzato all’acquisizione di 30 CFU nei centri di Ateneo, con successiva prova di abilitazione e anno di prova.

Insomma, un sistema complesso e farraginoso, particolarmente vessatorio nei confronti di docenti che hanno già acquisito sul campo il diritto all’assunzione in ruolo.

Ci sembra paradossale, per non dire altro, che chi vincerà un concorso pubblico, avendo già maturato, ricordiamolo, un’esperienza lavorativa almeno triennale, dovrà procedere successivamente a un percorso abilitante con l’aggravante dell’obbligo di accettare un contratto part-time!

Altrettanto inaccettabile il punto sulla formazione permanente del personale. Il percorso si articola in cinque gradi che si concludono a seguito di una verifica finale, subordinata a una “valutazione del miglioramento dei risultati scolastici degli alunni degli insegnanti che accedono al percorso di formazione e aggiornamento”.

Al raggiungimento di ogni livello di formazione scatta la progressione salariale, prevista dalla contrattazione nazionale e attualmente legata esclusivamente all’anzianità di servizio.

Come è possibile concepire un sistema del genere, basato sul legame perverso tra formazione, progressione stipendiale e rendimento degli studenti?

Sulla spinta del successo alle elezioni RSU e della fiducia che lavoratrici e lavoratori hanno riposto nella nostra organizzazione sindacale, intendiamo opporci alla riforma del reclutamento e della formazione e, più in generale, alla scelta di ridurre gli investimenti sull’istruzione.

Per questo, confermiamo in maniera ancora più decisa l’indizione dello sciopero della scuola del 6 maggio.

I precari storici vanno assunti tramite concorso per soli titoli. La formazione deve essere libera, in servizio e retribuita. L’organico docenti e ATA va ampliato per rispondere alle esigenze dell’intero sistema. Infine, va avviato un piano straordinario di riqualificazione e ristrutturazione degli edifici scolastici.

Sono questi i problemi veri da affrontare. Per farlo, come dovrebbe essere evidente, non è possibile partire dalla riduzione degli investimenti economici previsti nel DEF.

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