“Il conflitto è la vita delle organizzazioni sindacali”. Ma restano in piedi accuse preoccupanti
Non c’è stata associazione a delinquere, i delegati e dirigenti Si Cobas e USB agivano in un contesto di attività sindacale di tutela dei lavoratori, per la quale sono lecite anche le modalità conflittuali.
Questa in estrema sintesi le motivazioni dell’ordinanza con la quale il Tribunale della Libertà di Bologna il 5 agosto ha ordinato la scarcerazione dagli arresti domiciliari dei sei imputati su otto oggetto di restrizioni e la modifica delle prescrizioni di firma obbligatoria in questura tre giorni a settimana, odioso e ingiustificato provvedimento che invece ancora permane.
Con parole chiarissime (“La contribuzione e l’attività di proselitismo sono previste e tutelate dall’art.26 dello Statuto dei Lavoratori e il continuo rilancio del conflitto con i datori di lavoro è la vita delle organizzazioni sindacali”) il tribunale bolognese fa così cadere il teorema della Procura di Piacenza, che ha già annunciato ricorso, nella parte in cui sosteneva l’esistenza di associazioni per delinquere all’interno delle due organizzazioni sindacali.
Rimane però in piedi il castello di accuse per i “reati di fine”, cioè le lotte messe in atto per ottenere diritti e combattere lo sfruttamento dei lavoratori della logistica.
USB ritiene importante la lettura degli avvenimenti data dai giudici di Bologna, ma sottolinea che permangono accuse che prevedono pene molto pesanti per oltre 100 delegati sindacali accusati di reati specifici come il blocco stradale, l’invasione di edifici, il sabotaggio (scioperi spontanei) e che segnalano un forte accanimento nell’incessante sostegno alla richiesta delle multinazionali e delle cooperative della logistica di impedire con ogni mezzo che con il conflitto possa essere limitata la loro “libertà di impresa”.
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