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Lavorare crepando

È uscito da poco l’e-book “Lavora e crepa”, a cura dell’Osservatorio Repressione. Si tratta di un corposo quaderno di riflessione politica e teorica che raccoglie contributi diversi sul tema lavoro/repressione.

L’obiettivo, con le parole dei curatori è: “porre l’attenzione sui meccanismi e i dispositivi che reprimono le resistenze nei luoghi di lavoro e creano quell’umanità a perdere necessaria ad alimentare questo sistema. Una produzione continua di vite di scarto o scarti di vite, con impatti individuali e sociali disastrosi”.

Il nesso sfruttamento-repressione è ben sintetizzato dal frammento in esergo: “siamo in un inferno neo-liberista che ha reso ben visibili i tratti di un domani già scritto dentro processi autoritari e securitari. Alla paura e all’incertezza di futuro la risposta è più sicurezza, più controllo, più repressione.

Il libro inquadra le tematiche securitarie – gli investimenti crescenti sull’ordine pubblico, l’espandersi della sfera penale, il moltiplicarsi di istituzioni repressive di ogni genere -, mettendole in relazione con la fase di crisi che il capitalismo occidentale sta attraversando.

Le promesse di benessere e opportunità per tutti si rivelano sempre più vuote; il malessere sociale cresce, insieme a nuove forme di ri-polarizzazione; e in questo contesto il principale investimento sistemico, in mancanza di altre strategie, è quello in “sicurezza”: cioè, organizzazione “scientifica” dei dispositivi di mantenimento dell’ordine sociale capitalista.

È questa una dinamica che riguarda le nostre società sviluppate, ma è chiaramente visibile nei paesi che un tempo si definivano “terzo mondo”: in occasione delle rivolte di piazza per la giustizia sociale, i governi di quei paesi, solitamente privi delle risorse minime necessarie a creare sistemi sanitari e scolastici decenti, esibiscono forze di polizia super attrezzate di armi e mezzi costosi e modernissimi, totalmente incongrui rispetto al panorama sociale circostante.

Quegli strumenti rappresentano la prima fornitura che viene elargita ai governi che si sottomettono alle politiche del FMI. Come a dire: accettando le nostre ricette economiche le rivolte ci saranno, ma tranquilli – vi mettiamo in condizione di reprimerle.

In questo primo quaderno si discute del “caso Piacenza”, epicentro del tentativo di criminalizzazione del sindacalismo di classe; di forme di controllo e coazione insite dentro il rapporto capitalistico, nelle moderne fabbriche automatizzate; del modello educativo di formazione e addomesticamento della forza lavoro, tra alternanza e stage gratuiti; della dialettica tra lavoro “garantito” e nuovo precariato di massa; delle bugie dell’“economia green” nel suo rapporto con il lavoro reale; della drammatica emergenza degli infortuni, delle morti e delle malattie professionali.

In questo ricco quadro di analisi i curatori manifestano un obiettivo: “senza la presunzione di trovare risposte confortanti, questo è un tentativo di innescare reti di relazione, spunti di riflessione condivisi, per non lasciare nell’isolamento tutte quelle voci che quotidianamente ricercano e desiderano una vita più che degna.

Per far ciò, occorre calarsi nei luoghi e negli scarti di vite, o per dirla con Foucault: forse oggi l’obiettivo principale non è scoprire cosa siamo, ma piuttosto rifiutare quello che siamo. Dobbiamo immaginare e costruire ciò che potremmo diventare.”

L’Osservatorio Repressione è un’associazione di promozione sociale nata nel 2007. Si prefigge di promuovere e coordinare studi, ricerche, dibattiti e seminari, sui temi della repressione, della legislazione speciale, della situazione carceraria, nonché la raccolta di documenti inerenti la propria attività.

L’Osservatorio cura la pubblicazione di materiali ed esiti delle proprie ricerche, promuove progetti indipendenti o coordinati con altre associazioni e movimenti che operano nello stesso ambito. Produci e crepa è il primo dei Quaderni 2023, altri seguiranno su carcere, migrazioni, militarizzazione dei saperi.

L’e-book è scaricabile dal sito osservatoriorepressione.info, insieme alle altre pubblicazioni già prodotte dall’associazione.

* da Osservatorio Repressione

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1 Commento


  • Pantera

    Crepare di lavoro è diventata la norma, tanto che non fa più notizia, o se la fa viene riportata sottovoce e immediatamente dimenticata.
    Ieri ne sono crepati 4 in Italia, più i feriti. Feriti in alcuni casi gravissimi, nel senso che a lavorare non ci potranno più andare,,, fortunati loro, ma neppure li si conta.
    Quei due potatori di piante di alto fusto precipitati a terra nel golf club per la rottura del braccio telescopico che reggeva il carrello, sembra non abbiano distolto affatto i signorotti padani dal loro divertimento con le palline da mandare nelle buchette. Che vuoi che sia – si saranno detti – sono cose che capitano agli sfortunati inferiori. Passami la mazza adatta alla buca 18 piuttosto – avranno poi aggiunto all’inferiore porta mazze che li seguiva.
    Ci sarà un indagine di solerti gendarmi certo, forse individueranno anche le responsabilità per omicidio colposo, Al massimo un paio di anni da scontare sul divano di casa, la condanna. Mentre compagni/e, vedove/i e figli si accollano la condanna a una vita senza i loro cari “sacrificati” al mercato.
    Finchè non tocca a noi.
    Facciamo una fiaccolata col pretuncolo in testa o un flashmob a favore di camera tanto per farci qualche sefie per testimoniare la presenza?
    Finchè non piglia a qualcuno il furore di Marte, quello che gli antichi vedevano pigliare a un uomo sotto lo stress che si metteva a menare alla “ndo cojo cojo”, nemici, amici, nel mezzo della battaglia. Allora sarà quello a essere condannato. E condanna pesante, perchè non sono quelli i modi da tenere in società … nevvero?

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