Sottoscritta definitivamente l’ipotesi di rinnovo del Contratto nazionale delle cooperative sociali 2023 – 2025, un contratto che arriva dopo anni di ritardo e che non risponde alle esigenze e richieste degli oltre 400mila lavoratrici e lavoratori impiegati nel settore socio-sanitario-assistenziale ed educativo.
Ancora una volta i sindacati CGIL CISL UIL hanno sottoscritto con Legacoop, Confcooperative e AGCI, un contratto che riconferma una condizione insostenibile di precarietà e povertà per gli operatori del settore più ampio del cosiddetto “privato sociale”. Non condividiamo l’accordo nel merito e nel metodo: dove si sarebbe svolta l’ampia consultazione “in centinaia di assemblee” e dove hanno visto questo “grande consenso” tra le lavoratrici e lavoratori? E perché dovrebbero darlo?
L’aumento salariale di 120 lordi (a regime solo a fine 2025) recupera meno della metà dell’inflazione reale di questi anni, nessuna “una tantum” per gli anni scoperti. La quattordicesima, vera novità del contratto, che giustificherebbe la povertà degli aumenti, è per il 2025 la metà della metà di una mensilità e per il futuro solo un auspicio per vederla crescere.
Per gli addetti ai servizi educativi per l’infanzia e per gli educatori socio pedagogici un tardivo riconoscimento del proprio livello a inizio 2026 (con assorbimento degli aumenti ricevuti precedentemente). Per la maternità si passa al 100%, ma solo per il periodo di astensione obbligatoria, certo meglio ma insufficiente in un settore a forte presenza femminile e senza vere coperture per quanto riguarda la malattia dei figli e figlie.
Rimane lo scandalo del lavoro non retribuito, della banca ore, della reperibilità e notti passive, dell’abuso dei contratti a termine, del part time involontario e super flessibile ecc.
Sulla parte normativa si amplia il bacino di utilizzo del CCNL invece che ridursi considerando che questo contratto viene utilizzato impropriamente per sottopagare lavoratrici e lavoratori in settori che hanno già la propria contrattazione collettiva (es. i servizi ambientali, ecc.).
Sul problema di fondo della crisi del sistema degli appalti e dell’accreditamento (appalti sottocosto, taglio delle risorse, carenza di personale, carichi di lavoro e strutture inadeguate) ci si limita al solito “Osservatorio Paritetico” con funzioni di monitoraggio.
Tutte ragioni che rafforzano il nostro rifiuto di pagare una tassa su questo accordo: hanno stabilito il pagamento per tutti i lavoratori e lavoratrici non iscritte di un “contributo di servizio contrattuale” pari allo 0.1% della retribuzione annua direttamente in busta paga. La USB procederà alla diffida contro questa trattenuta per tutte e tutti gli iscritti, informando lavoratrici e lavoratori su come opporsi.
Rilanciamo la mobilitazione, assemblea nazionale delle delegate e delegati il 16 marzo 2024 (dalle ore 11.00 – Roma – Via Monti di Pietralata 16) verso lo sciopero nazionale indetto per mercoledì 10 aprile 2024.
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