Andava nascosto ad «occhi indiscreti» Stefano Cucchi, il geometra romano morto il 22 ottobre del 2009 a sei giorni di distanza dal suo arresto, e per questo «doveva essere internato» nel reparto protetto dell’ospedale Pertini. È quanto afferma il gup del tribunale di Roma, Rosalba Liso, nel provvedimento con cui motiva la condanna, la prima in questa vicenda, a due anni di reclusione con rito abbreviato nei confronti di un funzionario del Prap (provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria) Claudio Marchiandi. E la sorella del geometra Ilaria ringrazia giudici per la sentenza: «Ora non siamo più soli».
Per la morte di Cucchi sono attualmente sotto processo 6 medici, tre infermieri e tre guardie penitenziarie. Nel provvedimento il giudice spiega che il ricovero in quel reparto venne fatto per evitare che la situazione «venisse portata a conoscenza dell’autorità giudiziaria». Una scelta fatta ben sapendo che il Pertini non fosse una struttura adeguata, «per tenere Cucchi al riparo da sguardi indiscreti sottraendolo intenzionalmente a tutte le cure di cui aveva bisogno». Per Liso «non c’era spazio a dubbi di sorta in ordine al fatto che Cucchi fosse stato picchiato». Il gup afferma, inoltre, che Marchiandi abusò delle proprie funzioni di pubblico ufficiale, violando il protocollo tra l’Asl e il Prap, per imporre il ricovero di Cucchi al Pertini, dove si presentò spontaneamente di sabato pomeriggio fuori dal turno di lavoro consentendo l’ingresso del detenuto in un reparto in cui «Stefano non doveva assolutamente entrare poich‚ trattavasi di un paziente di un fase di acuzie».
Non solo, Marchiandi «ha concorso alla falsa rappresentazione delle reali condizioni di Stefano (fu redatto dalla dottoressa Rosita Caponetti, anche lei imputata, un falso certificato medico) così determinandone l’ingresso al reparto protetto del Pertini, che non sarebbe stato altrimenti in alcun modo possibile». Nel provvedimento il gup tira in ballo anche il direttore del carcere di Regina Coeli, Mauro Mariani, dove Cucchi era detenuto. «È di tutta evidenza che l’imputato (Marchiandi ndr) – si legge nella sentenza – con una condotta che in più occasioni è stata coralmente definita a dir poco “anomala” ha in primo luogo cercato di eludere le indagini “occultando” la circostanza che Stefano fosse stato picchiato e che aveva appreso con ragionevole certezza, duole dirlo, in primo luogo dal direttore del carcere Mariani, investito da subito della questione concernente le condizioni di salute di Stefano poich‚ il dottor Degli Angioli (il medico del carcere che visitò Cucchi disponendone con urgenza il ricovero) aveva già ricevuto un non troppo larvato ostruzionismo da parte degli stessi agenti della polizia penitenziaria che avrebbero dovuto occuparsi del trasferimento di Stefano presso il vicinissimo Fatebenefratelli, i quali avevano addotto le più banali scuse».
Per il giudice Mariani «si è limitato ad invitare Degli Angioli a chiamare un’ambulanza che sarà chiamata intenzionalmente dagli agenti solo due ore dopo e dopo che costoro avessero tentato in tutti i modi a farlo desistere dalle sue determinazioni. In tale contesto il direttore Mariani non ha velocizzato i tempi, non ha autorizzato una vettura di servizio, un autista, ha soltanto dato l’autorizzazione per un’ambulanza, che poi i suoi agenti hanno chiamato all’ultimo minuto». Per il magistrato la vicenda Cucchi è caratterizzata da «anomalie» e tanti soggetti coinvolti «molti non ancora scoperti per chiara omertà».
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