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Omicidio Uva: il gip riapre l’inchiesta su polizia e carabinieri

“Grazie di vero cuore a questi tre avvocati, Alessandra Pisa, Fabio Ambrosetti e il grande Fabio Anselmo!”. E’ evidente la gioia di Lucia Uva, la sorella dell’uomo che nel giugno del 2008 morì dopo esser stato fermato dai carabinieri di Varese ed essere condotto nella locale caserma. Al cui interno, secondo i familiari e secondo un testimone mai ascoltato dagli inquirenti, Giuseppe Uva subì un pestaggio sul quale non si è mai indagato. Almeno fino ad ora.

Perché grazie alla tenacia della donna e dei suoi avvocati ieri il gip di Varese Giuseppe Battarino ha deciso di respingere la richiesta di archiviazione presentata dal contestatissimo pm Agostino Abate e anzi di aprire nuove indagini nei confronti degli agenti di polizia e dei carabinieri accusati di lesioni colpose. Esattamente quanto chiedevano la famiglia e gli attivisti di una spontanea rete di solidarietà con Lucia Uva che negli ultimi mesi l’hanno accompagnata in giro per l’Italia a fare conferenze, manifestazioni sotto le sedi istituzionali e giudiziarie, interviste e interventi ogni qualvolta ce ne fosse l’occasione. La sua battaglia di verità e giustizia è costata a Lucia anche denunce e querele, ma lei non si è data per sconfitta ed è sempre andata avanti, fino all’importante risultato di ieri.

La decisione di Battarino è arrivata al termine di un’udienza a Varese convocata per discutere sull’opposizione alla richiesta di archiviazione del pm presentata dai legali della famiglia della vittima di ‘malapolizia’. Ora dovranno essere svolte nuove indagini, il cui termine è stato fissato al prossimo 31 dicembre, che potrebbero finalmente prendere in esame elementi probatori e testimonianze importanti mai ritenuti tali dal pm Agostino Abate, sconfessato per l’ennesima volta.
Nel decreto del gip si legge che, «la stessa qualificazione giuridica dei fatti risultante dall’iscrizione delle persone presenti nella caserma dei carabinieri come indagati per mere lesioni personali semplici, contraddice gli esiti argomentativi della sentenza numero 498/2012 (che ha portato all’assoluzione dei medici dell’ospedale di Varese dall’accusa di omicidio colposo) ed è apodittica di fronte a un evento, la morte di Giuseppe Uva, da ritenersi allo stato privo di spiegazione giudizialmente accertata».

Secondo il gip il fatto che le indagini finora non abbiano portato all’accertamento delle vere cause della morte di Uva « comporta la necessità di ulteriore valutazione e fa ritenere non immediatamente accoglibile la richiesta di archiviazione». 

«La notte del 14 aprile 2008 – si legge ancora nella sentenza del Gip – si è verificato un fatto di probabile rilevanza penale in una strada del centro di Varese, l’accompagnamento in caserma è ingiustificato, siamo di fronte ad un cittadino che aveva bisogno di assistenza, mentre il 118, chiamato dall’amico Alberto Bigioggero, viene respinto dai carabinieri. Uva viene ricoverato senza il suo consenso dopo una straordinario patimento fisico subito nel corso della privazione della libertà». 
E ancora: «La morte di Giuseppe Uva non è riconducibile ad errata somministrazione di farmaci, sul suo corpo vi erano tracce diffuse di lesioni, ci fu un’importante effusione di sangue proveniente dalla zona anale, la morte è conseguita ad un’aritmia derivante dal contenimento e dallo stress fisico e i traumi subito sono concause del decesso».

Commenta il senatore Luigi Manconi, dell’associazione ‘A buon diritto’: «Il decreto apre senz’altro a scenari di contestazione di omicidio o di reati comunque più gravi rispetto alle lesioni volontarie (…) nonché a valutazioni sulla liceità dell’arresto e sull’ipotesi di sequestro di persona, con reati ipotizzati dalle parti civile fino al 2010 e presi in considerazione anche da altri giudici del tribunale di Varese che si sono occupati del caso». 

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