Agenti della polizia su mandato della Procura di Roma hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti di un agente del commissariato di Primavalle accusato di aver aggredito e picchiato Hasib Omerovic, il 36enne precipitato il 25 luglio scorso dalla sua abitazione nel corso di una perquisizione delle forze dell’ordine.
Nei suoi confronti l’accusa è di tortura. Il poliziotto è anche accusato di falso ideologico commesso da Pubblico Ufficiale in atti pubblici.
Contestualmente alla misura cautelare nei confronti dell’agente sono stati notificati anche quattro avvisi di garanzia ad altrettanti poliziotti indagati, a vario titolo, per falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici e depistaggio, e nei cui confronti sono in corso attività di perquisizione. Le indagini sono state condotte tempestivamente dalla Polizia di Stato sotto le costanti direttive della Procura.
Ad Andrea Pellegrini – il poliziotto finito ai domiciliari per il caso Omerovic – nel capo di imputazione, viene contestato di avere “con abuso dei poteri e in violazione della funzione, nel corso dell’attività volta all’identificazione” di Omerovic e con “il compimento di plurime e gravi condotte di violenza e minaccia” causato all’uomo, affetto da sordomutismo, “un verificabile trauma psichico, in virtù del quale precipitava nel vuoto dopo aver scavalcato il davanzale della finestra della stanza da letto nel tentativo di darsi alla fuga per sottrarsi alle condotte violente e minacciose in atto nei suoi confronti”. Nell’ordinanza del gip viene ricostruito quanto avvenuto nell’appartamento il 25 luglio.
I pm, coordinati dal procuratore aggiunto Michele Prestipino, hanno accertato che l’agente è entrato “all’interno dell’abitazione, immediatamente e senza alcun apparente motivo” ha colpito Omerovic “con due schiaffi nella zona compresa tra il collo e il viso, contestualmente rivolgendo al suo indirizzo, con fare decisamente alterato, la seguente frase: ‘non ti azzardare mai più a fare quelle cose, a scattare foto a quella ragazzina’” e dopo avere impugnato “un coltello da cucina e lo brandiva all’indirizzo” dell’uomo. Pellegrini ha poi sfondato la porta della stanza da letto di Omerovic, sebbene quest’ultimo “si fosse prontamente attivato per consegnare le chiavi”.
Una volta dentro la stanza ha costretto il 38enne a sedere su una sedia e dopo avere strappato un filo della corrente del ventilatore “lo utilizzava per legare i polsi di Omerovic brandendo” ancora una volta “all’indirizzo dell’uomo il coltello da cucina, minacciandolo, urlando al suo indirizzo la seguente frase ‘se lo rifai, te lo ficco nel c…’ e “lo colpiva nuovamente con uno schiaffo e continuava ad urlare nei suoi confronti, dicendogli ripetutamente ‘non lo fare più’”.
Il gip: “Per la vittima la finestra era una salvezza”
“Le violenze e minacce sono state compiute in danno di una persona inerme attraverso un’irruenza minatoria ben visibile ad Hasib, evidentemente anche mimica, in occasione di un’identificazione che, sotto il profilo delle modalità esecutive, appare anomala e ha assunto essa stessa, nella dinamica, caratteri ‘autoritari’ e, al contempo, mortificanti per la persona, come desumibile dalla esposizione dei documenti in bella mostra e in perfetto ordine sul tavolo del salone dell’abitazione dell’individuo da identificare”. Lo scrive il gip di Roma Ezio Damizia nell’ordinanza che ha disposto l’arresto ai domiciliari nei confronti dell’agente di polizia accusato del reato di tortura per la vicenda Omerovic, il 36enne precipitato dalla finestra durante un’attività dei poliziotti avvenuta il 25 luglio scorso nell’abitazione di via Gerolamo Aleandri.
“L’aver scattato fotografie di Omerovic che si trova a torso nudo nella propria abitazione sia durante l’identificazione sia soprattutto allorché è costretto a rimanere seduto assume senz’altro un effetto degradante, perché lesivo della dignità della persona. Traspare – si legge nell’ordinanza – l’intento di Pellegrini di infliggere sofferenze gratuite a Omerovic, strumentali alla volontà di ‘punire’ il soggetto in quanto reo” di aver molestato delle donne per strada, così come, al tempo, appreso su un post su Facebook nell’ambito di una dinamica di risoluzione personale della vicenda con metodi violenti e non invece, come avrebbe dovuto nel rispetto dei doveri della funzione, attraverso un’operazione di sensibilizzazione o monito di conseguenze legali previste dall’ordinamento giuridico o dell’eventuale apertura di un procedimento penale in relazione alle presunte molestie”.
“Le condotte appaiono idonee a spaventare e terrorizzare la persona offesa – sottolinea il gip – completamente indifesa, e minarne la libera autodeterminazione in quanto gravemente minacciata di danni alla propria incolumità (la ripetuta esibizione del coltello è accompagnata dalla prospettazione di utilizzo con modalità cruente ed è comunque brandito all’indirizzo del soggetto), mali ingiusti esclusivamente prospettati e dipendenti da una ‘personale’ volontà ritorsiva di Pellegrin, soggetto che violando i doveri della funzione di appartenente alla lolizia di stato ed abusando della sua funzione, era completamente fuori controllo, e di cui Omerovic era in quei momenti completamente in balia, senza trascurare che Hasib ‘ha sempre avuto paura dei poliziotti’ come riferito dai famigliari”.
“E’ estremamente probabile invero, fermi gli eventuali sviluppi, che, in tale stato di forte sconvolgimento psichico, Omerovic abbia visto nel vano finestra una possibilità di ‘salvezza’, verosimilmente arrivando a percepirla come unica via, cercando di sfuggire a quell’ambiente (la propria abitazione, teatro delle gravi violenze fisiche e morali e minacce) che per lui era diventato mentalmente insostenibile e comunque di sottrarvisi cercando un riparo ‘esterno’ a quella stanza, scavalcando il parapetto (attraverso la base di appoggio del termosifone stesso o comunque in qualche modo ad esso aggrappandosi) e non necessariamente gettandosi volutamente di sotto – si legge nell’ordinanza – ma eventualmente confidando sulla possibilità di rimanere sul davanzale o di aggrapparsi allo stesso (o forse in qualche modo confidando sulla presenza dei fili in cui si stendono i panni presenti all’esterno del davanzale, finendo tuttavia per precipitare per perdita di equilibrio oppure per movimenti inconsulti o non controllati)”.
Agenzia AGI
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Damiano
Se quanto riferito nell’ordinanza è stato veramente posto in essere dal soggetto attivo, in quel momento e per sempre non era più un poliziotto perchè quella onorata divisa gli era svanita oddosso , scoprendo solo le spoglie di un carnefice.