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Fiat si prepara a portare la “testa” negli Usa

Sarebbe questo il risultato più probabile della “fusione” tra i due marchi (le relative società).

Il “quartier generale” della società fusa dovrebbe probabilmente spostarsi negli Stati Uniti, ha detto a Reuters una fonte a conoscenza delle strategie dell’a.d.. Per “testa” si intende il cuore progettuale, ovvero il gruppo di ingegneri che elabora i modelli, le strutture che predispongono i prototipi e i test, l’amministrazione centrale a livello di gruppo, le funzioni di comando generale. Una mazzata terribile per l’occupazione a Mirafiori e un vuoto strategico che toglie importanza alla presenza industriale in Italia.

Come era stato più volte ipotizzato, fin dalla provocazione del “modello Pomigliano”, diventa sempre più chiaro che l’attuale management del Lingotto non ha nessuna seria intenzione di restare in Italia per produrre automobili. E che quanti l’avevano invece presa sul serio – Cisl, Uil, governo, Pd, per citare solo i principali – hano dimostrato una volta di troppo che il servilismo non è mai una mossa vincente. Chi di loro andrà ora a spiegarlo ai lavoratori? Nessuno, pensiamo. Gentucola così in malafede preferisce in genere eclissarsi quando le cose buttano male…

E dire che la proposta di “nazionalizzare” la Fiat – giàpagata diverse volte il suo valore dai contribuenti italiani – era stata dipinta come una mossa “fuori dal mercato”, perché solo “i privati” sarebbero capaci di fare industria. Scappando.

Segue da qui in poi il lancio dell’agenzia.

Marchionne sta anche pensando alla quotazione di Ferrari, che secondo Marchionne dovrebbe valere 5 miliardi di euro. L’a.d. ha detto, durante un incontro con la comunità finanziaria a inizio 2011, che per Ferrari ritiene debbano essere applicati multipli del settore del lusso e ha ribadito in più occasioni che su Ferrari tutte le opzioni sono aperte, compresa un’Ipo, ma che non c’è nessuna decisione.

Il direttore finanziario di Chrysler, Richard Palmer, ha ribadito che la casa statunitense sta ragionando su un piano di rifinanziamento del debito e che proseguono le trattative con il dipartimento dell’Energia per un prestito agevolato.

Marchionne ha detto, a inizio di quest’anno, che punta a salire al 51% di Chrysler nel 2011, ma che per una fusione tra le due società i tempi non sono così immediati.

Secondo una fonte vicina alla vicenda, Fiat punta ad acquistare la partecipazione nel gruppo Usa subito dopo la quotazione in borsa.

Fiat, attualmente al 25% del gruppo Usa, ha la possibilità di salire al 35% a titolo gratuito se verranno soddisfatte alcune condizioni legate alla produzione e alla commercializzazione dei veicoli statunitensi.

Ha poi un’opzione per acquistare un ulteriore 16% (per salire al 51%), esercitabile solo se Chrysler avrà ripagato il debito (circa 7 miliardi di dollari) con i governi Usa e canadese. Gli obiettivi di Marchionne, “Christmas wishes” come li ha definiti durante un incontro con gli analisti negli Usa nelle scorse settimane, sono: rifinanziare il debito Chrysler al fine di restituire ai governi quanto sborsato durante il piano di salvatggio del 2009, esercitare l’opzione per acquistare il 51% e riportare Chrysler a Wall Street.

Palmer ha ribadito che Chrysler, per andare in borsa, deve prima chiudere un paio di trimestri in utile.

“Abbiamo bisogno di un paio di trimestri in nero nel conto profitti e perdite per fare qualcosa di significativo con gli investitori equity, ma c’è molto interesse”, ha detto Palmer a Reuters il 14 marzo.

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