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L’Europa strozza i paesi deboli per salvare le banche

«La mia preoccupazione è sempre una sola: difendere il Portogallo, la moneta unica e il progetto europeo». Presentandosi da dimissionario al vertice dei capi di Stato e di governo dei 27 che stava per aprirsi a Bruxelles, a José Socrates è riuscito di sintetizzare in una sola frase una contraddizione insolubile per ogni stato “debole” all’interno della Ue.

Nelle condizioni attuali, e ancora più dopo il varo delle “riforme del patto di stabilità” deciso ieri, non è possibile “difendere il proprio paese” e “portare avanti il progetto europeo”. Non si tratta di una impossibilità di principio, ma pratica: le politiche di stabilità dettate soprattutto dalla Germania – rientro dal debito pubblico a tappe forzate, per riportarlo entro i limiti del 60% rispetto al Pil – costringono i paesi più in difficoltà ad adottare misure deflazionistiche che aggravano la crisi, invece di risolverla.

Ne sa qualcosa lo stesso Socrates, la cui “manovra” economica – la quarta in un solo anno è stata clamorosamente bocciata dal parlamento lusitano. Il pacchetto di misure era stato presentato a sorpresa e includeva duri interventi sulle pensioni e tagli al welfare, alla sanità e all’educazione. Soltanto pochi mesi prima, era già stato approvato l’aumento delle imposte e la riduzione degli stipendi nella pubblica amministrazione. L’obiettivo era di tagliare di 7,3 punti percentuali il deficit/Pil, portandolo al 4,6% alla fine dell’anno, per poter poi rientrare nei parametri di Maastricht a fine 2012.

Ma i cinque partiti di opposizione – due di destra, tre di sinistra – più diversi parlamentari della maggioranza, hanno votato contro e aperto così la crisi di governo. Che immediatamente costata al Portogallo un nuovo taglio del rating del suo debito da parte dell’agenzia Fitch (che si sommano a quelli già decisi da Moosy’s e Standard&Poor’s. Il rendimento dei titoli di Lisbona di stato è ormai arrivato al 7,90%, un record che apre prospettive nere: ossia l’impossibilità di “piazzare” nuove obbligazioni per sostituire quelle in scadenza.

Da Bruxelles la Merkel ha comunque chiuso ogni possibile spiraglio a cambiamenti di politica economica: «chiunque ha o avrà responsabilità di governo a Lisbona dovrebbe condividere gli obiettivi (di Socrates, ndr) per recuperare la fiducia dei mercati». Un messaggio rivolto soprattutto al leader dell’opposizione, Pedro Passos Coelho, presente a Bruxelles per il vertice dei leader popolari europei.

Davanti al paese c’è un lungo periodo di “sacrifici”, di “austerità” e mille altre formule che anche noi in Italia conosciamo benissimo. Ovvero una compressione violenta del reddito disponibile per le famiglie; e quindi dei consumi. Che a sua volta avrà conseguenze sulle capacità produttive del paese (se non si vende, si produce meno) e sugli stessi conti pubblici (“meno redditi e meno consumi” significa automaticamente meno entrate fiscali per lo stato). In una spirale senza fine che si definisce, per l’appunto, deflazione.

La partita immediata è però un’altra: il Portogallo chiederà “aiuti” alla Ue oppure no? Sia Socrates che Passos Coelho hanno escluso l’eventualità. Ma l’Europa preme. Ha costituito – lo formalizzerà a giugno – un “fondo di salvataggio” di 440 miliardi di euro, che naturalmente si sera di non usare. Ma solo per Lisbona ne servirebbero almeno 75. In caso contrario la “speculazione finanziaria” prenderà di mira i lusitani e, nello stesso passaggio, anche la Spagna. Che è poi la vera preoccupazione per la Merkel. In fondo, fin qui a fare bancarotta sono stati tre paesi davvero poco significativi sul piano economico (Grecia, Irlanda e Portogallo); ma se “il contagio” dovesse estendersi a un big come Madrid la missione di salvataggio potrebbe rivelarsi impossibile per eccesso di costi.

Persino un soggetto a-conflittuale e bonario come la Ces (la confederazione dei sindacati europei “concertativi”) ha tenuto ieri una manifestazione di protesta a Bruxelles. C’è infatti, e si diffonde, la certezza che in Europa sia i governi non abbiano dubbi – né limitazioni di budget – quando si tratta di salvare le banche; mentre invece vien loro il “braccino corto” quando si tratta di salvaguardare il potere d’acquisto o l’occupazione.

Le preoccupazioni dell’Eurogruppo riguardano in effetti più gli istituti di credito che “le popolazioni civili”. Il comunicato finale del vertice ha per esempio registrato l’impegno dei premier europei a “intervenire a sostegno degli istituti di credito più vulnerabili”, anche senza aspettare giugno (quando verranno resi noti i risultati degli stress test e sarà stato costituito il “fondo di salvataggio”). Non è previsto alcun limite al tipo di interventi necessari: potranno essere ristrutturazioni del debito, vendite di asset o persino nuove iniezioni di capitali pubblici. C’è da stupirsi che “il debito pubblico” (esemplare il caso dell’Irlanda, passata in pochi mesi da un debito del 12% a uno incalcolabile per aver cercato di salvare le proprie 4 – appena quattro! – banche nazionali) finisca sempre più spesso fuori controllo?

Il pericolo che le banche europee si ritrovino a breve in una situazione simile a quella del 2009 è serissimo. Ieri Moody’s ha deciso di abbassare il rating di 30 banche spagnole. L’Irlanda, che sta disperatamente cercando di rinegoziare le condizioni del suo prestito europeo (35 miliardi; chiede tassi di interesse più bassi e scadenze di restituzione più lunghe), prima di bussare di nuovo cassa con i partner Ue aspetta l’esito degli stress test sulle sue banche (il 31 marzo). Ma deve anche reperire 46 miliardi di aiuti pubblici, pari al 28% del Pil del paese, che il vecchio governo ha già erogato alle banche. Cui vanno sommati altri 96 miliardi di prestiti ricevuti dalla Banca centrale europea. 177 miliardi da spremere a una popolazione certo laboriosa, ma costituita da appena 5 milioni di persone.

C’è una logica “risanatrice”, in tutto questo? E chi sarà chiamato a bombardare il bunker di Bruxelles – o di Francoforte, sponda Bce – per “salvare le popolazioni civili” di Grecia, Irlanda, Portogallo (cui potrebbero presto aggiungersi Spagna e soprattutto Italia)?

 

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