Solo a Madrid il Ministero degli Interni di Madrid ha dispiegato ben 1300 effettivi delle Unità di Intervento della Polizia, cioè le unità antisommossa. Simili le cifre per quanto riguarda le altre grandi città, senza contare il dispiegamento degli altri corpi di sicurezza statali e di quelli che dipendono da alcuni governi regionali autonomi. Un modo esplicito per minacciare lavoratori e cittadini che domani vorranno incrociare le braccia e manifestare nel giorno dello sciopero generale convocato dalla stragrande maggioranza delle sigle sindacali, concertative ma anche di base e indipendenti (con l’esclusione dei sindacati indipendentista baschi e catalani che hanno una propria agenda di lotta contro il governo e la troika).
Nel mirino del vero e proprio stato d’assedio decretato dal governo di Mariano Rajoy ci sono soprattutto i picchetti organizzati dai sindacati all’ingresso dei poligoni industriali, dei grandi uffici pubblici, dei depositi degli autobus e delle metropolitane, dei grandi centri commerciali, degli aeroporti.
Anche se secondo le stime degli stessi sindacati l’adesione allo sciopero generale di domani dovrebbe essere inferiore a quello dello scorso 25 settembre, quando si registrò un’enorme partecipazione, il numero di picchetti dovrebbe essere invece maggiore. Ritardare o meglio ancora bloccare il trasporto pubblico è considerato fondamentale per permettere ai lavoratori – in particolare delle piccole imprese ricattati dai datori di lavoro – di poter aderire indirettamente allo sciopero con la giustificazione dell’impossibilità di raggiungere fisicamente il posto di lavoro.
E quindi i responsabili dell’ordine pubblico hanno già ricevuto chiare indicazioni di sciogliere gli assembramenti dei lavoratori all’ingresso dei posti di lavoro anche con l’uso della forza, per “garantire il diritto al lavoro” di chi non vorrà scioperare. Suona davvero paradossale che il governo voglia giustificare la repressione e il boicottaggio dello sciopero in un paese dove la disoccupazione è al 25%, la precarietà e la sottoccupazione a livelli stellari e miliardi di euro continuano ad essere regalati dall’esecutivo alle banche e alle imprese. Che hanno potuto contare – queste ultime – su numerose leggi di favore in materia di licenziamenti facili e assunzioni con ‘contratti spazzatura’.
Pressati dalla propria base, i principali sindacati del paese – il socialista Ugt e le Comisiones Obreras, governate dagli ex comunisti di Izquierda Unida – hanno deciso di convocare lo sciopero mesi fa, in corrispondenza della discussione al parlamento di Madrid di un nuovo pacchetto di pesantissimi tagli al lavoro e allo stato sociale. Una decisione che di fatto ha trainato altre sigle sindacali europee, aderenti per la quasi totalità alla concertativa ‘Confederazione Europea dei Sindacati’, a mobilitarsi domani in quello che è uno dei primi scioperi a dimensione continentale. Anche se negli ultimi giorni gli scioperi annunciati in alcuni paesi si sono largamente ridimensionati, a causa della scelta in Italia da parte della Cgil di indire solo 4 ore di astensione e dei sindacati ellenici – sfiancati dalla sfilza di scioperi degli ultimi mesi – di sfilarsi parzialmente dalla giornata internazionale.
Oltretutto una lunga serie di realtà sindacali di base, indipendenti e conflittuali attive sia a livello statale spagnolo che i alcuni territori, accusa apertamente Ugt e Ccoo di aver indetto lo sciopero solo perché costretti e di accarezzare l’utopistica idea di un ritorno alla concertazione, alla collaborazione con i governi non appena la situazione ricomincerà – se ricomincerà! – a migliorare. E così sigle come la Cgt, la Cnt, i Cobas, l’Intersindical, la Csi asturiana, il SAT andaluso ed altre ancora hanno indetto mobilitazioni spesso separate da quelle di Ugt e Ccoo e con piattaforme e rivendicazioni più radicali. Nei confronti del governo ma anche dell’opposizione socialista e liberale, intanto; e soprattutto nei confronti di una Unione Europea descritta come la reale responsabile del processo di impoverimento di interi popolo, di attacco alle condizioni di vita e ai diritti di lavoratori, pensionati, giovani.
Ma a caratterizzare la giornata di lotta di domani non saranno solo i sindacati. In coincidenza con lo sciopero generale i movimenti sociali forgiatisi nella lotta contro il governo socialista di Zapatero e in particolare contro quello ‘popolare’ di Rajoy hanno deciso di scendere in campo con tutta la loro forza. Perché “lo sciopero generale è un potente strumento di protesta e mobilitazione contro il potere economico e politico. Perché – come è scritto sui documenti di convocazione delle numerose manifestazioni – lo sciopero è nostro, dei lavoratori e delle lavoratrici, dei cittadini, e non solo dei sindacati che la convocano”. “Ci prendiamo lo sciopero – spiega il coordinamento “Toma la Huelga” – per dire che è nostra, delle persone sfrattate, disoccupate, senza documenti, di chi non ha un contratto di lavoro e produce ricchezza di cui non potrà mai godere”.
Già da stasera i cosiddetti ‘indignados’ hanno convocato una manifestazione nei pressi delle Cortes a Madrid, impegnate a votare i Presupuestos Generales (il bilancio) del 2013. I coordinamenti “15 M”, “Rodea el Congreso (25 S)” e “Toma la huelga”, già protagonisti degli assedi al parlamento dei mesi scorsi, hanno invitato a ripetere l’iniziativa questa sera e poi anche domani, oltre a indire una lunga serie di manifestazioni sia decentrate che generali. Ma l’indicazione principale, uscita da una grande assemblea di coordinamento tenutasi giorni fa, è di cominciare l’assedio vero e proprio domani alle 19,30 e di continuarlo per tutta la notte, fino alla mattina del 15 novembre. Così come nelle passate mobilitazioni, gli ‘indignados’ hanno scelto di non chiedere il permesso alle autorità per manifestare, indicendo di fatto manifestazioni ‘illegali’ dal punto di vista delle normative in vigore nel paese. Inoltre i movimenti sociali hanno anche deciso di partecipare alla grande marcia indetta dai sindacati alternativi a Ugt e CCOO, che partirà alle 18 di domani per terminare a Plaza de Neptuno, a poche centinaia di metri dal Congresso dei Deputati. Che, al grido di ‘Non siamo in debito, non paghiamo!’ verrà circondato a partire dalle 19,30.
Uno sciopero, quello di domani, che gli indignati considerano ‘destituyente”. Destituente rispetto a un parlamento e a un sistema parlamentare ed economico subalterno agli interessi dei poteri forti, delle elite politiche e finanziarie, dell’Unione Europea.
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