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Pensioni private? Riserva di caccia per speculatori

ROBERTO MANIA – FABIO TONACCI ROMA – Ci sono milioni di euro di contributi previdenziali finiti alle Cayman in cambio di consulenze d’oro per investimenti in titoli tossici ad altissimo rischio. Ci sono bilanci abbelliti e forse anche truccati. Ci sono commissioni milionarie, stratosferiche, ingiustificate. Ci sono clamorosi conflitti di interesse e battaglie legali tra advisor. Ci sono enormi patrimoni immobiliari svalorizzati oppure abbandonati. Ci sono intrecci e scambi con la politica. Tutto senza controlli. Ci sono miliardi che girano ma che dovrebbero servire solo a pagare le pensioni. Ci sono amministratori ambiziosi e senza molti scrupoli. C’è opacità. La bolla pensionistica, però, sta per scoppiare. Figlia dell’ingordigia finanziaria, figliastra del tracollo di Lehman Brothers, la banca d’affari americana. I primi fili stanno per essere tirati e non si sa ancora cosa si trascineranno dietro. I vertici di molte casse di previdenza private cominciano a tremare. E i futuri pensionati a preoccuparsi per i loro assegni. L’Enpam, l’ente di previdenza dei medici e dentisti, la cassa più grande per iscritti e risorse (quasi 350 mila aderenti che versano circa due miliardi di contributi l’anno, e con un portafoglio di investimenti finanziari per oltre 5 miliardi di euro), potrebbe entrare presto nel mirino della magistratura. È stato presentato un esposto alla Procura di Roma (fascicolo 4337/K45) e alla Corte dei Conti firmato dai cinque presidenti degli ordini dei medici di Bologna, Catania, Ferrara, Latina e Potenza. Tra loro c’è anche un membro del consiglio di amministrazione. Sostengono che l’ente abbia subito un danno patrimoniale superiore al miliardo di euro. Un’enormità. Per colpa di investimenti in titoli cosiddetti strutturati, roba sofisticata, roba da speculatori. Roba dalla quale si tengono lontani anche i professionisti del settore. Perché può far male. Si scommette sull’andamento di determinati indici dove il tasso di aleatorietà è rilevantissimo. Ma non c’è solo l’Enpam. Anche altri enti hanno avuto a che fare con derivati o obbligazioni strutturate: dall’Enasarco (agenti di commercio), all’Inarcassa (ingegneri e architetti), dall’Epap (agronomi, geologi, forestali e chimici) all’Enpav (veterinari). Cinque miliardi e mezzo di euro sono stati investiti dalle casse in titoli strutturati. Ma perché i versamenti degli iscritti agli enti pensionistici sono andati in prodotti finanziari così pericolosi? Chi doveva controllare? Quali conseguenze ci saranno sulle future pensioni? Il primo velo sulla rete fittissima di investimenti in derivati è stato alzato dalla Commissione bicamerale di controllo sugli enti previdenziali. Il 19 gennaio del 2011 vengono pubblicate le conclusioni dell’indagine con cui i parlamentari vogliono capire quanto la presenza di titoli Lehman Brothers o di derivati incida sull’equilibrio finanziario delle casse. Conclusioni prudenti ma nette come in questo passaggio: «Le casse hanno come fine l’erogazione di prestazioni di tipo pensionistico e di tipo assistenziale, prestazioni quindi che debbono essere sottratte quanto più possibile ad ogni aleatorietà». Non devono cercare di «battere il mercato», bensì di garantire le future pensioni. La Commissione subito dopo però si eclissa, spegne i fari. Non si ricorda nemmeno di controllare che gli enti abbiano inviato regolarmente i bilanci. Disattenzioni ma anche interessanti coincidenze. Per esempio quelle degli advisor. Perché le scorribande finanziarie sono sempre realizzate con gli stessi consulenti. Ci sono Prometeia Advisor Sim, Fincor, Mangusta Risk, Banca Fineco, Maurizio Dallocchio, professore di finanza aziendale all’Università Bocconi di Milano. Mangusta Risk, insieme a Dallocchio hanno a che fare anche con il “caso Enpam”. A Mangusta l’ente dei medici ha da poco rinnovato il contratto di consulenza per i prossimi due anni. Dallocchio è stato consulente per 17 anni, oltre a essere per lungo tempo cooptato nel consiglio. Il rapporto tra il docente e l’Enpam si è interrotto proprio dopo il fallimento della banca d’affari americana. Alla Bocconi, Dallocchio, è titolare della cattedra Nomura, già cattedra Lehman Brothers. Coincidenze, appunto. Il caso Enpam, dunque. Il bubbone esplode il 18 maggio, quando viene presentato l’esposto che racconta quello che fino ad allora nessuno aveva denunciato. Un anno fa il consiglio di amministrazione dell’Enpam, presieduto da ben 18 anni dall’ottantacinquenne Eolo Parodi, dc prima, forzista dopo, europarlamentare nella prima e nella seconda Repubblica in cui siede anche a Montecitorio, affida alla Sri Capital Advisers il compito di effettuare una radiografia sugli investimenti dell’ente. Ne esce un quadro disastroso. Ma il rapporto rimane nelle mani del presidente che non lo fa conoscere nemmeno ai membri del cda. Secretato. Le ragioni di tale comportamento si possono facilmente scoprire. Leggendo pagina 38, per esempio: «Il bilancio di Enpam risulta molto lacunoso, in particolare con riguardo alle operazioni sul portafoglio mobiliare immobilizzato. Ciò rende impossibile per un osservatore esterno valutare la gestione del portafoglio stesso». Ma ce n’è anche per gli advisor «remunerati con commissioni particolarmente elevate difficilmente riscontrabili nelle abituali finanziarie nazionali ed internazionali». Solo a Mangusta Risk 300 mila euro, nel 2011. Altri 960 mila euro Enpam li ha stanziati per consulenze su particolari strumenti finanziari e gli investimenti mobiliari. Ma, a parte Mangusta Risk, gli altri advisor, da Kanik Venture Holding Limited a E. Partners, «sono pressoché sconosciuti». Quanto ai report di Mangusta appaiono «poco più di un “copia e incolla” dei dati forniti dai gestori». E non è affatto normale che un ente pensionistico per quanto privato affidi l’incarico di “portafoglio manager” a società con sede in uno dei paesi della “black list”: alla CQS Cayman SP e alla Matrix Alternative Asset Management LLP. «Incarico bizzarro e contraddittorio», si osserva nell’esposto alla Procura di Roma. Parodi – si immagina d’accordo con il potente direttore generale dell’Enpam, quell’Alberto Volponi, già deputato Dc, coinvolto nella Tangentopoli della Ciociaria e condannato in primo grado a un anno e quattro mesi per tentata concussione – il 10 marzo del 2011, scrive a Sri per chiedere di cambiare i giudizi negativi. Del report rimangono ancora all’oscuro i membri del cda mentre lo conosce Mangusta (perché?) che ricorre alla magistratura sentendosi danneggiata dai giudizi della Sri, potenziale concorrente. Il 3 maggio il Tribunale di Roma respinge il ricorso. Ma siamo solo all’inizio. Un po’ alla volta si sta alzando il tappeto. Il ministero del Lavoro ha acceso i fari sull’Enpam. Resta il fatto che c’è un colpevole vuoto normativo che dà alle casse una libertà di movimento che non ha nessun altro. Libertà che non si trasforma in trattamenti pensionistici migliori. Anzi. Lo dice l’ultimo rapporto del Nucleo di valutazione della spesa previdenziale: «La cassa Forense, Inarcassa, Enasarco, Enpacl, Enpav e la quota B del fondo di previdenza generale dell’Enpam, esauriscono il patrimonio prima del 2056 per cui, in base alla legislazione vigente all’atto della redazione del bilancio tecnico, non sarebbero in grado di garantire le prestazioni pensionistiche ad un nuovo iscritto». Ad un passo dal crac e con milioni di contributi finiti pure alle Cayman. BILANCI BUGIARDI Eppure in superficie, va tutto bene. I conti economici sono in positivo, e nemmeno di poco. Ma per capire se una cassa sta veramente bene oggi, bisogna immaginarsela, come scrive il Nucleo, tra trent’anni. Sarà in grado di pagare pensioni adeguate? La cassa dei commercialisti, ad esempio. Oggi 49 mila iscritti e appena 5000 pensioni erogate. Un patrimonio immobiliare di 41 edifici in tutta Italia e 770 milioni all’anno di entrate, a fronte di 230 milioni di uscite. Con mezzo miliardo di euro di avanzo e un patrimonio importante si può star tranquilli, si direbbe. Errore. Nel 2033, calcola Antonio Annibali, professore di matematica finanziaria alla Luiss, che ha redatto l’ultimo bilancio tecnico, gli assegni erogati supereranno i contributi. Ci saranno più pensionati che commercialisti attivi, insomma. «Ma c’è il patrimonio», dicono alla cassa. I commercialisti hanno affidato più di un miliardo di euro a società di gestione pagate per far fruttare questo monte di liquidità e mettere un bel po’ di fieno in cascina. Nel biennio 2008-2009, però, la cascina è rimasta desolatamente vuota. Anzi, sono andati in fumo quasi 80 milioni di euro, per colpa di investimenti sbagliati e una congiuntura economica sfavorevole. La storia della palazzina di via Mantova 1 a Roma racconta che anche la gestione degli immobili è quantomeno da rivedere. L’edificio è sfitto da metà del 2007, quando fruttava 1 milione e 300 mila euro di canone all’anno. Da allora è rimasto vuoto, e tra spese di gestione e mancati guadagni (è stata rifiutata un’offerta di locazione da 1 milione e 800 mila all’anno), in pratica è costato alla cassa 4 milioni e mezzo in 4 anni. E gli appartamenti sfitti – si calcola – sono il 6 per cento del totale. Ma a quanto ammonta il patrimonio immobiliare? E perché è partita la corsa alla svendita di case e appartamenti? A. A. A. VENDESI CASE DISPERATAMENTE Le casse private possiedono una città. Una piccola metropoli fatta di palazzi residenziali, negozi, cantine, box auto. Un patrimonio valutato 10 miliardi di euro. Nei prossimi anni – e questo è il segnale più evidente della difficoltà in cui si trovano, al di là di conti in attivo – saranno vendute 65 mila unità immobiliari. 17 mila sono di Enasarco, la cassa degli agenti di commercio che più delle altre in passato ha investito nel mattone (un patrimonio attuale iscritto a bilancio per 3,15 miliardi di euro). Ha varato il piano Mercurio, il piano di dismissione immobiliare con cui conta di guadagnare almeno 1,4 miliardi in tre anni, per alimentare le pensioni future dei 250 mila agenti iscritti. Il mattone, per Enasarco, infatti non è un affare, rende pochissimo. Negli ultimi dieci anni lo 0,8 per cento, lontanissimo da quel 5 per cento che si aspettavano. Colpa – dicono oggi – degli affitti a equo canone cui sono stati obbligati per anni, il cui adeguamento a prezzi di mercato è stato lentissimo e raggiunto solo in pochi casi. “Da inquilino a proprietario il passo è breve”, si legge sulla brochure del Piano Mercurio. Invece per la maggior parte degli inquilini, anziani pensionati e famiglie monoreddito, sarà impossibile far valere il diritto di prelazione, anche con lo sconto del 30 per cento sul prezzo a metro quadro e il mutuo Bnp Paribas-Bnl concordato a interessi ridotti e della durata di 40 anni, come promette la brochure. Dismettono appartamenti anche Enpaia (impiegati dell’agricoltura), Enpam e la cassa dei ragionieri. Quest’ultima venderà tutto il parco case (1600 unità immobiliari per 220 mila metri quadrati) a un fondo individuato con gara europea. «E chi ora è in affitto – denuncia Patrizia Provenziano, del comitato degli inquilini – non avrà nemmeno il diritto di prelazione». L’obiettivo è incamerare una plusvalenza da 300 milioni di euro. L’americana Raeg ha preso il posto di Previra Immobiliare nella gestione del patrimonio. «Ma il passaggio è avvenuto senza gara europea – scrive in un’interrogazione parlamentare il senatore dell’Idv Elio Lannutti – oltretutto la cassa commercialisti riconosce alla Raeg una commissione di agenzia del 4-6 per cento contro lo 0,5 per cento del mercato». E tra i consulenti della controllata Raeg Tekna spunta il nome dell’architetto Maurizio Mazzotta, il portaborse di Francesco Pazienza condannato a 8 anni nell’ambito dell’inchiesta del crac Ambrosiano. Una strana coincidenza. L’ennesima di questa “bolla previdenziale”.

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