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Banchieri centrali: usare la crisi per eliminare lo stato sociale

Non significa altro, ormai lo sappiamo, la frase “riforme strutturali”. Ed è necessario evidenziare come il lessico “riformista” sia definitivamente stato “sussunto” dai restauratori di un capitale sciolto da ogni regola, ormai padroni delle istituzioni sovranazionali, che dipingono se stessi – e la complicità della stampa mainstream su questo è quasi imbarazzante – come “innovatori”. Non è strano, se avessero davanti una pressione rivoluzionaria si definirebbero “rivoluzionari”. Ma la sostanza autenticamente “reazionaria” non cambia.

Il capitale globale ha superato i confini nazionali dentro il proprio modus operandi. Ora preme, usando la crisi, per rimuovere anche le istituzioni concrete che quei confini presidiavano. L’intenzione è quasi banale: spogliare lo Stato delle sue funzioni sociali (viste ormi come “puro costo”, anziché come “moltiplicatore keynesiano”) e tenere in vita solo quelle necessarie al disciplinamento (più che il “governo”) della popolazione. Un disegno ambizioso e cinico, assolutamente eversivo e antidemocratico (interrompe il “legame di mandato” tra platea degli elettori ed elite degli eletti), umanamente crudele e proprio per questo strategicamente stupido. La stessa “vittoria” dell’Occidente capitalistico sul “socialismo reale” sovietico era stata giocata molto sul “consenso sociale” garantito da una distribuzione della ricchezza “prudenziale”, se non generosa. E’ vero che oggi non c’è nel mondo un’opzione globale alternativa sufficientemente forte, ma rompere il legame sociale significa rompere anche la “pace” nelle società avanzate.

A meno di non pensare che si posa  governare con i droni metropoli impazzite e affamate…

Alcuni articoli dai giornali padronali aiutano  completare il ragionamento.

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da Il Sole 24 Ore

Trichet parla a Jackson Hole e chiede riforme strutturali. Lagarde (Fmi): «Non perdiamo altro tempo»


Di fronte a una crescita stentata sia in Europa che negli Usa, l’obiettivo principale per tutti i Paesi deve essere quello di «una crescita forte» attraverso «riforme strutturali di lungo termine». Lo ha detto il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, intervenendo al simposio dei banchieri centrali a Jackson Hole, nel Wyoming.

«Valuteremo caso per caso». Il presidente ha poi spiegato che l’uso di misure «non standard» da parte della Bce – quelle varate per contrastare la crisi, vedi la maggiore liquidità alle banche – sarà valutato caso per caso. «L’uso di tali misure – ha aggiunto – dipende da come funzione la trasmissione della politica monetaria e deve essere commisurato con il livello di malfunzionamento dei mercati finanziari».

Lagarde (Fmi): «Non c’è più tempo». I rischi per l’economia globale stanno aumentando e non è più possibile perdere tempo. È la tesi dalla direttrice generale del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, anche lei intervenuta al vertice di Jackson Hole. Secondo la numero uno dell’Fmi, «gli svilupi di questa estate indicano che siamo in una fase pericolosa. Gli ostacoli sono chiari. Rischiamo di vedere la fragile ripresa deragliare. Dunque, dobbiamo agire adesso».

Il risanamento dei conti non può essere l’unico obiettivo dei Governi. «Detto semplicemente», ha sottolineato Lagarde, «le politiche macroeconomiche devono sostenere la crescita» e anche «la politica monetaria deve rimanere fortemente accomodante, poichè i rischi di recessione controbilanciano quelli di inflazione».

Lagarde ha anche invitato l’Europa a ricapitalizzare le banche, anche attraverso fondi pubblici se i canali privati non saranno sufficienti. Inoltre, ha aggiunto, i Paesi europei devono mettere in campo piani di taglio al deficit «credibili». Negli Usa invece, il nodo del consolidamento fiscale di lungo termine non deve far ignorare l’importanza di alimentare la crescita nel breve. «Dopo tutto – ha concluso Lagarde – chi può credere che gli impegni a ridurre il deficit possano sopravvivere a una lunga stagnazione con alta disoccupazione e tensione sociale?».

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Trichet: subito riforme per la crescita

Eliana Di Caro

JACKSON HOLE. Dal nostro inviato
Jean-Claude Trichet ha mandato un segnale chiaro ai Governi dell’Eurozona: se si vuole rilanciare una crescita di lungo periodo, bisogna attuare riforme strutturali che liberino il mercato del lavoro da regole opprimenti e agevolino soprattutto il settore dei servizi.
Il presidente della Bce ha scelto il meeting dei banchieri centrali di Jackson Hole, nel Wyoming, per ribadire le priorità per una ripresa sostenibile e bilanciata (astenendosi da cenni sulla politica monetaria). Lo ha fatto in un lungo discorso, apparso «accademico» alla stampa americana rispetto a quello dai toni forse più pragmatici del collega Ben Bernanke, ma comunque con espliciti richiami alle azioni da compiere.
Trichet ha per esempio sottolineato come «a livello dell’Unione europea ci sia consapevolezza della necessità e dell’entità di riforme strutturali, eppure la loro implementazione è lontana»: una sollecitazione ad agire, dopo aver citato gli obiettivi fissati dall’Agenda Ue per il 2020 sul fronte di occupazione, ricerca e sviluppo, energia e istruzione. Le strategie urgenti del cambiamento sono chiare, dalla «riqualificazione professionale alla flessibilità, dal miglioramento delle condizioni di lavoro agli incentivi per la creazione di nuovi posti», fino ovviamente all’innovazione.
Il capo della Bce ha poi chiamato in causa i rischi degli squilibri globali, il loro impatto sulla crescita. «Stabilire livelli di debito ragionevoli, ristrutturare e consolidare i bilanci di società, famiglie e Governi sono fattori chiavi per una costante crescita globale». Le tensioni sui mercati finanziari e gravi squilibri a livello mondiale «hanno creato un clima di forte incertezza» e «sfidato» in qualche modo la politica monetaria a fare qualcosa di più.
Nel rivendicare che la Bce «è stata tra le prime banche centrali a reagire alla crisi nell’agosto 2007 fornendo liquidità alle istituzioni in difficoltà», e nel sottolineare l’importanza di azioni coordinate a livello di banche centrali per rispondere all’emergenza, Trichet non ha mancato però di citare l’inflazione. E l’importanza del suo ancoraggio. «Un impegno alla stabilità dei prezzi fa calare i costi delle transazioni, protegge i risparmiatori e riduce l’incertezza».
L’uso di misure «non standard», ha aggiunto il presidente della Bce, «dipende da come funziona la trasmissione della politica monetaria e deve essere commisurato al livello di malfunzionamento o al tracollo dei mercati finanziari».
Subito prima di Trichet, anche il capo del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde aveva ammonito l’Europa. Ma lo ha fatto entrando nel vivo della crisi che il Vecchio Continente sta vivendo hic et nunc: «C’è bisogno di un’azione forte e decisa per rimuovere le incertezze sulle banche e sui debiti sovrani» ha detto con decisione. «Basta con messaggi confusi» l’Europa deve avere «una visione comune per il futuro, ripristinare la fiducia verso la sua economia e il suo sistema finanziario».
La Lagarde ha posto l’accento «sull’urgente ricapitalizzazione degli istituti di credito» che «devono essere forti abbastanza per reggere ai rischi legati ai debiti sovrani e a una crescita debole. Questa è la chiave per tagliare la catena del contagio». E poi il capo dell’Fmi ha posto una questione di credibilità, senza la quale non c’è alcuna misura che tenga. L’Europa deve cominciare a parlare davvero con una sola voce, e smetterla con «gli equivoci e le incertezze sulla direzione da prendere».
Della Ue e delle difficoltà in cui si dibatte hanno parlato ieri in una telefonata anche il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente americano Barack Obama. Al centro del colloquio anche le turbolenze sui mercati (lo scorso venerdì la Borsa di Francoforte è arrivata a perdere il 4% dopo le voci impazzite, rivelatesi poi false, di un declassamento del rating della Germania). «I due leader concordano sulla necessità di un’azione concertata, anche attraverso il G-20, per affrontare le sfide economiche e spingere la crescita e l’occupazione», si legge in una dichiarazione della Casa Bianca.
Insomma, dopo un agosto sorprendentemente movimentato e foriero di forti tensioni, è in arrivo un autunno non facile.
eliana.dicaro@ilsole24ore.com
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Schaeuble prevede sette anni di difficoltà per l’economia


Il ministro tedesco
L’economia mondiale potrebbe andare incontro a a «sette anni di magra». La previsione è stata fatta dal ministro dell’Economia tedesco, Wolfgang Schaeuble, secondo cui è necessario innalzare il livello di cooperazione economica in Europa per assicurare la crescita nel lungo periodo. «Ma affinchè ciò accada», ha detto in un discorso all’università di St.Gallen davanti a una platea di premi Nobel, «l’immediato risanamento dei bilanci e le riforme strutturali in Italia, Spagna, Portogallo e Grecia sono essenziali». In ogni caso, ha concluso, ci vorrà tempo prima che la strategia dell’austerità dia i suoi frutti.
In effetti la crescita delle economie, sia europee che americana e giapponese, è molto fiacca, quasi ferma (come mostra il grafico qui a fianco).
Premi Nobel per l’austerità
Nonostante le difficoltà nella crescita alcuni premi Nobel hanno ieri espresso sostegno alle politiche di austerità intraprese dai Governi per la riduzione del debito: Robert Mundell, Reinhard Selten e Myron Scholes sono favorevoli alle misure europee e americane in tal senso. È necessario in primo luogo ridurre il livello del debito pubblico, hanno sottolineato i tre premi Nobel, anche se in questo momento prevale la tentazione di interventi che diano sollievo all’economia

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