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Termini Imerese alle prese con l’enigma Dr

Si prende tempo, ma alternative alla Dr Motor oggi non ce ne sono
 
Per Termini Imerese, la fabbrica siciliana chiusa dalla Fiat, la verità cruda è che oggi non ci sono alternative all’unica rimasta in corsa. O l’imprenditore molisano Massimo Di Risio, patron della Dr Motor, riesce a imbarcare un socio che gli paghi i debiti e parta nella gestione dell’avventura siciliana, o 2000 persone resteranno senza lavoro. Per questo motivo, ieri al ministero per lo Sviluppo, l’ennesimo incontro tra governo, sindacati, regione Sicilia e Di Risio si è chiuso con un calcio al barattolo, spostando al 20 giugno l’ultimatum all’imprenditore: per quella data, o presenta al ministero il socio finora misteriorio quanto desideroso di mettere sul piatto 15 milioni di euro, oppure la Dr Motor verrà messa fuori dal progetto di rilancio di Termini.
Formalmente, l’incontro presieduto dal sottosegretario allo Sviluppo Claudio De Vincenti ha preso atto che la «Dr Motor Spa non è nelle condizioni di rispettare la scadenza richiesta dal ministero dello Sviluppo economico per risolvere i propri problemi finanziari». Dunque, via alla ricerca di altre soluzioni e «se, nelle more, Dr Motor spa avrà provveduto alla capitalizzazione richiesta, garantendo il rispetto del piano presentato lo scorso gennaio, dovrà tempestivamente comunicarlo all’advisor Invitalia». La ricapitalizzazione è la condizione che le banche coinvolte nell’operazione – Unicredit, Intesa San Paolo e Montepaschi – hanno richiesto per sbloccare il prestito di 90 milioni di euro a Di Risio, per altro garantiti in toto dalla regione Sicilia, quanto necessari per avviare la reindustrializzazione del sito. Alla Dr Motor, dove da tempo si vocifera di più partner disposti a entrare nella partita, le bocche restano però cucite su questo misterioso cavaliere bianco disposto a tirar fuori i 15 milioni. Nell’attesa, tutto è fermo, sale la preoccupazione dei lavoratori, in autunno si vota in Sicilia.
L’unica notizia buona di ieri è che il governo si è impegnato a ricercare «una soluzione, in accordo con le organizzazioni sindacali ed entro i termini necessari, per la questione relativa ai 640 lavoratori per i quali è prevista nell’accordo del 1 dicembre 2011 la salvaguardia dei requisiti per la pensione vigenti alla data dell’accordo». Insomma, una ciambella di salvataggio per gli esodati di Termini, che tuttavia non scaccia la paura. Per il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, l’incontro «non è andato bene, non c’è nulla di concreto». A sei mesi dalla firma dell’accordo, le cose in effetti stanno a zero.

 
da “il manifesto”

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