Il tempo strimge e di grandi idee non si vede traccia all’orizzonte. Siamo a una settimana dal vertice Ue considerato cruciale per il futuro dell’euro e della Ue, caricato di attese anche esagerate per il futuro dell’euro. Ma siamo ancora alle esortazioni generiche.
La direttrice del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde, per esempio, “sprona” i leader europei ad «uno sforzo collettivo più forte» e chiede alla Bce di mostrarsi «più creativa ed inventiva» per aiutare l’eurozona ad uscire dalla crisi.
Lo stesso Fmi ha diffuso il suo «article IV» sull’area dell’euro nel quale si constata «la crisi ha raggiunto uno stadio critico». Nel rapporto si legge che la Bce ha «spazio, anche se limitato, per allentare la politica monetaria» (i tassi di interesse sono all’1%, difficile scendere molto più in basso), e si sottolinea che «se necessario misure non convenzionali potrebbero essere usate» /con questa formula si indicano le operazioni di “immissione di liquidità”, ovvero denaro stampato e regalato alle banche, che sono ora diventate piuttosto “convenzionali”). «Ciò può passare da un programma di acquisto delle obbligazioni sovrane o per una politica più tradizionale: spetta alla Bce decidere», ha precisato la Lagarde.
Secondo il Fmi, e pure secondo la logica economica, la politica monetaria non può però offrire una soluzione duratura alla crisi. Dunque il Fondo fa appello alla volontà politica della Ue perché si mostri «determinata e forte per completare l’Unione, soprattutto con una maggiore integrazione bancaria e di bilancio», «necessaria per fermare il calo di fiducia». È infatti ormai palese che i difetti di architettura istituzionale dell’Unione europea sono una ragione di debolezza davanti alla “normale” attività speculativa dei mercati.
Il Fmi suggerisce anche che «l’introduzione di una limitata forma di debito comune può essere un passo intermedio verso una integrazione fiscale e una condivisione dei rischi», aprendo quindi alle ipotesi di eurobond (che la Germania vede ancora come fumo negli occhi, perché ritiene che in questo modo sarebbe lei a garantire per la quasi totalità dei paesi europei) o di un fondo di riscatto del debito o ad altre forme di stabilizzazione finanziaria.
L’Italia sta costruendo una proposta per l’utilizzo del fondo Efsf per arginare le oscillazioni degli spread tra i nostri titoli e i Bund tedeschi, senza far scattare però la procedura prevista per i paesi che chiedono assistenza finanziaria. La Germania ha reagito freddamente. «Abbiamo già discusso degli strumenti. Ora è il momento di agire, non di discuterne ancora. Non abbiamo bisogno di discutere tutto il tempo di nuovi strumenti», ha dichiarato il ministro tedesco Wolfgang Schauble, ribadendo che l’uso dell’Efsf sul mercato secondario è possibile rispettando le condizionalità previste dal trattato del fondo.La ue ha invece definito ironicamente la proposta di Monti !paracetamolo finanziario”. Una tachipirina, indomma, che certo non può far fronte a un’infezione di queste dimensioni.
L’appello della Lagarde è giunto al termine di un Eurogruppo «di crisi», che ha passato in rassegna la situazione dei paesi sotto assistenza o in procinto di chiederla. La Spagna presenterà la richiesta formale di assistenza finanziaria per la ricapitalizzazione delle sue banche forse già domani o al massimo lunedì.
Di Grecia, i ministri hanno parlato con il collega greco Georgios Zanias. «Ci aspettiamo che il nuovo governo inviti la troika lunedì prossimo ad Atene per un aggiornamento del memorandum d’intesa», ha annunciato il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker. «La missione avrà come compito la valutazione dello stato di attuazione del programma per l’adeguamento di bilancio e le riforme economiche», ha precisato il commissario Ue agli affari monetari Olli Rehn. «Dovrà valutare cosa è stato fatto e cosa non è stato realizzato e il da farsi per rimettere in careggiata il processo di riforme».
Sulla stessa lunghezza d’onda la Lagarde: «Non ho suggerito che ci sia un rinegoziato sul memorandum con Atene», ha detto. Sulla revisione del memorandum i ministri delle finanze hanno espresso opinioni diverse. Contro: Germania, Olanda e Finlandia. Possibilisti: Francia e Austria.
L’emergenza da risolvere per costruire l’integrazione
Nell’incertezza e nella tensione che precedono eventi (forse) di portata storica, il vertice europeo di fine giugno dovrebbe finalmente tracciare la road map di una più completa integrazione. Un progetto di ampio respiro e tempi, purtroppo, medio-lunghi, necessari per riparare all’asimmetria congenita di una moneta unica sovranazionale e orfana di un’unione fiscale, bancaria e politica. Non una nebulosa, ma una tabella di marcia precisa in un’orizzonte temporale definito per fare “vedere” l’Unione europea del futuro prossimo.
I mercati forse apprezzeranno, sicuramente lo faranno storici, economisti, politici e analisti. Ma per mettere fine alla dittatura dello spread e affrontare un’emergenza che rischia di uccidere sul nascere i grandi progetti di integrazione, ci vuole altro. L’idea italiana di utilizzare il fondo salva-Stati per acquistare direttamente sul mercato secondario i titoli di Paesi sotto pressione può essere un buon inizio. Vista la potenza di fuoco della speculazione e la dotazione relativamente limitata dell’Efsf o dell’Esm, potrebbe rendersi necessaria una modifica della natura stessa del fondo salva-Stati, ad esempio concedendogli una licenza bancaria per poter accedere direttamente ai rifinanziamenti della Bce.
Risolvere l’emergenza con gli strumenti già disponibili, ma potenziati, è il miglior aiuto possibile alla Road Map che emergerà il 29 giugno dal summit di Bruxelles. Sarà solo «paracetamolo finanziario», come ha ironizzato il commissario europeo Olli Rehn, ma non vi è dubbio che un paziente sfebbrato si possa curare più facilmente.
Fmi: fondi Ue per salvare le banche. La Spagna chiede 62 miliardi
Beda Romano e Luca Veronese
LUSSEMBURGO – Fino a 62 miliardi, è questo il fabbisogno di capitali delle banche spagnole in grave crisi finanziaria, secondo un’attesa analisi indipendente pubblicata ieri. Il dato, più basso delle aspettative di molti economisti, è giunto mentre a Lussemburgo i ministri finanziari della zona euro si riunivano per una nuova riunione segnata da uno sconquasso debitorio che continua a minacciare il futuro dell’unione monetaria, oltre che una Grecia alla disperata ricerca di una dilazione nel risanamento del bilancio pubblico.
Secondo le due società di consulenza Roland Berger e Oliver Wyman, le banche spagnole potrebbero avere bisogno di 51-62 miliardi di euro di capitale fresco per compensare gli effetti negativi sul loro bilancio di un peggioramento della crisi finanziaria. Da Madrid, la Banca di Spagna ha spiegato che il denaro messo a disposizione dai Governi della zona euro – in tutto 100 miliardi di euro – offre un margine sufficiente per ricapitalizzare le istituzioni finanziarie spagnole, vittime dello scoppio della crisi immobiliare.
Parlando nella capitale spagnola, il viceministro all’Economia Fernando Jimenez Latorre ha spiegato che il compito delle due società di consulenza è stato «di identificare la forza del sistema finanziario spagnolo dinanzi a un ipotetico deterioramento molto significativo e molto pronunciato della situazione economica». Oliver Wyman ha stimato le necessità delle banche spagnole tra i 16 e i 62 miliardi di euro, a seconda dello scenario. Per Roland Berger, la forchetta si situa tra i 25,6 e i 51,8 miliardi di euro.
Questi dati erano attesi da settimane, contribuendo alle incertezze di mercato sul futuro della Spagna. Il Governo di Mariano Rajoy aveva annunciato all’inizio del mese che avrebbe chiesto sostegno europeo per la ricapitalizzazione degli istituti di credito una volta conosciuta la stima delle due società indipendenti. Il premier spagnolo ha chiesto ieri «aiuti al più presto», giudicando «credibili e gestibili» le stime sul fabbisogno delle banche. Ma a sorpresa, il ministro dell’Economia Luis de Guindos ha spiegato che la domanda di aiuto verrà «nei prossimi giorni». A Lussemburgo molti si sono interrogati ieri su questo nuovo rinvio: i motivi tecnici o politici?
Rimane anche da capire da chi proverranno i prestiti: dal fondo finanziario Efsf o dal suo successore, il meccanismo di stabilità Esm? La speranza è che l’Esm possa entrare in vigore all’inizio di luglio, ma c’è un preoccupante ritardo nelle ratifiche. Oltre alla situazione spagnola, continua a dominare anche la crisi greca, nonostante l’insediamento di un nuovo Governo. Secondo l’agenzia di stampa Ana, Atene intende chiedere di spostare dal 2014 al 2016 la data entro la quale registrare un attivo di bilancio primario.
Ieri alcuni Paesi si sono detti pronti a discutere questa ipotesi – come il Lussemburgo e l’Austria – altri, come l’Olanda o la Finlandia, sono invece stati più freddi. L’impressione è che la Grecia riuscirà a strappare margini di manovra, purché confermi i suoi impegni di lungo termine. Ieri su questo fronte la Germania non si è espressa. Mentre Atene annunciava di non volere licenziare dipendenti pubblici, come invece previsto dal protocollo d’intesa, il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble ha spiegato tuttavia che non si può rimettere tutto in discussione continuamente.
«Non abbiamo bisogno costantemente di nuovi suggerimenti (…) come se non avessimo preso accordi precisi molto tempo fa», ha detto Schäuble. Alla vigilia dell’incontro che oggi il premier Mario Monti avrà con il cancelliere Angela Merkel, il presidente François Hollande e il premier Rajoy, le parole di Schäuble erano chiaramente indirizzate anche all’Italia. A Berlino, l’idea italiana di acquisti automatici di obbligazioni per stabilizzare lo spread non convince. C’è il sospetto, se non la certezza, che la proposta vada oltre i trattati attuali e comporti quindi nuovi rischi, se non finanziari, politici.
da Il Sole 24 Ore
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