Certo, il termine razionalizzazione è da qualche anno un cavallo di battaglia in tutti i settori (dall’università al lavoro, passando per i servizi sociali) e puntualmente torna alla ribalta quando si tratta di imporre tagli e sacrifici per qualcuno, senza essere troppo espliciti… Ci chiediamo, per esempio, cosa ci sia di “razionale” nello svendere società che producono utili come Sace e Simest, se non la vecchia cara logica dei tempi di crisi: privatizzare i profitti e socializzare le perdite.
Eppure tutta questa razionalità che emana il nostro occhialuto premier, tutta questa razionalità che sindaci e amministratori locali, PD o PDL che siano, sentono il dovere di mettere nel governo della cosa pubblica, a qualcuno proprio non entra in testa: nella sola Firenze sono tre le vertenze aperte dai lavoratori che interessano processi di privatizzazione e aziendalizzazione di servizi altrimenti pubblici.
La vicenda ATAF, che oppone i lavoratori del trasporto pubblico cittadino alla volontà degli amministratori comunali, è giunta ad un punto di svolta: quello che sembrerebbe essere il nuovo padrone dell’azienda, Ferrovie dello Stato, ha annunciato a fine giugno 270 esuberi (su 1300 lavoratori), mentre
Alle Poste la situazione non cambia: dopo l’exploit primaverile, con quasi 1800 licenziamenti mascherati, definiti “esuberi” in tutta Italia, l’azienda ha annunciato 130 licenziamenti nella sola Firenze, in maggioranza tra i portalettere. La storiella adottata dalla dirigenza, quella di un servizio di recapito in forte diminuzione e da tagliare, è l’ennesima arma propagandistica da dare in pasto alla stampa; dietro questo paravento i portalettere ed i loro colleghi denunciano la volontà di disinvestire dal recapito (già ora in difficoltà per mancanza di personale) e di investire al contrario nei servizi finanziari, in previsione di una definitiva privatizzazione dell’ente. Il 21 luglio i lavoratori si incontreranno in assemblea nazionale proprio a Firenze.
Anche i comunali subiscono il ritiro unilaterale da parte della giunta Renzi di parte del salario accessorio, che costituisce di fatto un pezzo di stipendio per tutti i dipendenti, ad esclusione proprio dei dirigenti. Mentre i lavoratori si organizzano in presidi ed assemblee, il ministro Fornero annuncia una nuova legge delega che dovrebbe favorire la piena licenziabilità dei dipendenti pubblici, integrando così l’assalto classista all’articolo 18.
Cosa prevarrà alla fine, la capacità dei lavoratori di coordinarsi e rispondere in maniera adeguata, o la macelleria sociale che si prospetta?
*Clashcityworkers 18 luglio 2012
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