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Bernanke (Fed) non promette più miracoli

Quando parla il presidente della Federal Reserve, i mercati lo scrutano e l’interpretano come avveniva con gli oracoli. Questione di informazioni (non molto pià dettagliate di quel che i mercati non abbiano, ma senza “torsioni concorrenziali” tra singoli capitali), ma soprattutto questione di potere. La Fed controlla la politica monetaria Usa, apre o chiude i rubinetti della moneta circolante. Può farlo perché il dollaro è di fato l’unica moneta globale “flat”, che può cioè essere stampata in quantità non srettamente legate alla quantità di oro depositata nelle sue casse. Perché la “credibilità” della moneta dipende dalla “fiducia” che lo stato emittente durerà più a lungo degli altri. Non necessariamente perché sia quello economicamente più solido (anzi, gli Usa sarebbero fuori dai parametri di Maastricht…), magari solo perché è quello meglio armato e determinato ad usare le armi quando gli gira male.

Oggi Bernanke ha parlato davanti alla commissione bancaria del Senato e le borse sono immediatamente “passate in territorio negativo”. Cos’ha detto di così sconvolgente?

Cose note, in gran parte. Che l’economia statunitense rallenta, e la crescita nel secondo trimestre sarà sotto il 2%.
Che la crisi dell’Eurozona pesa sull’economia globale e statunitense. Per questo, la soluzione della crisi in Europa è “cruciale, ci sono grossi rischi se peggiora”.
Secondo il presidente della Fed “l’economia statunitense ha proseguito il suo recupero, ma l’attività economica sembra in qualche modo avere decelerato durante il primo semestre di quest’anno”.
Ne consegue che il tasso di crescita su base annua non toccherà il 2% nel secondo trimestre: “Le famiglie – ha detto – restano preoccupate per le loro prospettive di impiego e di reddito e il loro livello complessivo di fiducia resta relativamente basso”.
Bernanke ha ribadito che la Fed è pronta ad agire se necessario e se appropriato, ma non ha ancora deciso quale strumento potrebbe usare a sostegno della crescita. E qui casca l’asino. Ed anche la borsa. Nessun intervento di “stimolo” è alle porte, nessuna “immissione straordinaria di liquidità”, nessuna massiccia dose di “droga” è in arrivo.

La Fed sta “valutando attentamente l’economia” per capire se la perdita di slancio sia un fenomeno prolungato. La Fed farà “il suo meglio” sul mercato del lavoro e sull’inflazione. Ma senza data e senza impegni “illimitati”.

Molti economisti sostengono che quel minimo di ripresa che si è vista di recente negli Stati Uniti nella realtà non esiste, essendo integralmente dovuta a misure straordinarie di politica fiscale e monetaria. Di certo, ha voluto far capire Bernanke, non si possono perpetrare all’infinito misure eccezionali, prima o poi l’economia deve ripartire “con le proprie gambe”. Il problema è se le gambe non ci sono o restano eccezionalmente fragili.

Il numero uno della Fed ha ripetuto, come aveva già fatto in passato, che “la politica monetaria non è la panacea (la cura di tutti i mali) per l’economia”. E, non promettendo iniziative, ha spiegato con la massima chiarezza che questo tipo di gioco – la finanza privata gioca in proprio e fa disastri, il “pubblico” interviene per far ripartire la giostra – non è più nelle possibilità materiali della Fed e della maggiori banche centrali del mondo.

Di fatto, è come se Bernanke avesse detto “vediamo che cosa siete capaci di combinare da soli…”. E quel che deve scoppiare, lo faccia. Al massimo “cercheremo di limitare i danni”.

Chi gioca in borsa si prepari ad un agosto sulle rapide. Ma se non vi piace il rafting…

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