Le chiacchiere stanno a zero e le promesse non contano un tubo. Solo fumo negli occhi della popolazione per “comprare tempo” e dar mondo al capitale di scappare altrove.
I dati pubblicati pochi minuti fa dal’Istata descrivono un paese che riduce tutti i consumi e che ora è arrivato a intaccare anche quelli essenziali, tagliano la spesa individuale anche per quei prodotti “primari” che costituiscono la base minima della rirpoduzione sociale: pane e pasta.
Nel 2012, dice l’Istituto nazionale di statistica (che certo trarrà beneficio dal passaggio dell’ex presidente Giovannini, ahinoi diventato ministro contro il lavoro), la spesa media mensile per famiglia è pari, in valori correnti, a 2.419 euro (-2,8% rispetto all’anno precedente). Tenuto conto dell’errore campionario (0,6%) e della dinamica inflazionistica (+3%), la spesa è diminuita anche di più in termini reali.
Il valore mediano della spesa mensile per famiglia risulta quindi pari a 2.078 euro; il valore è identico a quello del 2011, a seguito della più marcata diminuzione della spesa tra le famiglie con livelli di spesa elevati. nsomma: anche le famiglie della fascia medio-alta, che contribuivano a “tener su” i consumi di massa, hanno cambiato stile di vita e ora stanno molto più attente quando devono aprire il portafoglio.
La spesa alimentare è sostanzialmente stabile, ma diminuisce passando da 477 a 468 euro, anche grazie alle strategie di contenimento della spesa messe in atto dalle famiglie per fronteggiare l’aumento dei prezzi: crescono, infatti, le percentuali di chi ha ridotto la qualità e/o la quantità dei generi alimentari acquistati (dal 53,6% del 2011 al 62,3% del 2012) e di coloro che si rivolgono all’hard discount (dal 10,5% al 12,3%).
La spesa non alimentare diminuisce invece del 3% e scende nuovamente sotto i 2.000 euro mensili: calano infatti le spese “rinviabili” per abbigliamento e calzature (-10,3%, con “riscoperta” delle riparazioni), per arredamenti, elettrodomestici e servizi per la casa (addirittura -8,7%) e quelle per tempo libero e cultura (-5,4%), a fronte però di un aumento del 3,9% delle spese per combustibili ed energia (che sono meno comprimibili e dipendono dai prezzi internazionali).
Sale quindi, rispetto al 2011, la quota di spesa familiare destinata all’alimentare (dal 19,2% al 19,4%), anche se – come abbiamo visto – scende addirittura in cifra assoluta; l’aumento più consistente si registra nelle regioni centrali (dal 18,4% al 19,3%), ma è nel Mezzogiorno che, ancora una volta, si osservano i valori più elevati (25,3%). Tradotto: al Sud si può fare poco altro che alimentarsi, anche riducendo la spesa destinata al cibo.
Il Trentino-Alto Adige, in particolare la provincia di Bolzano, è la regione con la spesa media mensile più elevata (2.919 euro), seguono Lombardia (2.866 euro) e Veneto (2.835 euro). Fanalino di coda, anche nel 2012, la Sicilia, con una spesa media mensile di 1.628 euro, di circa 1.300 euro inferiore a quella del Trentino-AltoAdige.
In termini percentuali, questo -2,8% è il peggior calo dal 1997. Fino a quale punto la “pazienza sociale” sarà stuzzicata senza dar segni di reazione adeguata?
Il rapporto completo:
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