È la solita storia del dito e della luna. E da nessuna parte come in Italia il numero degli imbecilli è così alto.
Il report del Fondo monetario internazionale sull’Italia dice molte cose, ma la classe politica meno brillante d’Europa ha scelto di concentrarsi soltanto sulla questione Imu, cavalcando quel “ne terremo conto” pronunciato dal ministro Saccomanni nei confronti del parere dei “temuti ospiti”, i quali consigliavano di tenerla e aumentarne semmai l’importo aggiornando gli estimi catastali.
La cosa più importante è invece che le “stime di crescita” sono state tagliate ancora una volta: nel 2013 l’economia italiana dovrebbe arretrare dell’1,8%, invece che dell’1,5 detto in precedenza (a sua volta una revisione peggiorativa di stime ancora più vecchie). Una situazione che peggiora senza freni da anni, al punto che la ricchezza annua è al momento oltre l’8% in meno rispetto al 2007, ultimo anno di (modesta) crescita. A fine 2013 saremo dunque vicini a quel -10% che per chiunque sarebbe prova certa che si è “passato il punto di non ritorno”.
Siccome non si può deprimere una popolazione fino alla disperazione, lo stesso Fmi ci dà anche lo zuccherino: «La ripresa è attesa a fine 2013, sostenuta dall’export e da una modesto miglioramento degli investimenti».
Ciò non significa però che le attese si tradurranno in cambiamenti positivi, visto che le “controtendeze negative” sono ancora fortissime: ci sarebbero insomma «segnali di stabilizzazione, ma rimangono forti venti contrari a frenare la ripresa. La fiducia delle imprese e delle famiglie é risalita ma non ha ancora avuto un effetto positivo sull’andamento delle attività e sull’impiego. E se le pressioni sul debito sovrano e il passo del consolidamento fiscale quest’anno si sono attenuati, le condizioni finanziarie rimangono difficili tenendo a freno le spese private».
Fuori da ogni tecnicismo, è un discorso chiaro: la caduta potrebbe fermarsi, ma non è per nulla detto. Le stesse misure raccomandate in passato dalla Troika (quindi anche dal Fmi, insieme a Bce e Ue) hanno aggravato la situazione dell’economia reale, anche se il Fondo le considera «necessarie per ristorare la fiducia e allontanare l’Italia dall’orlo del baratro». La fiducia dei mercati finanziari, non certo quelli di famiglie, piccole imprese e consumatori in genere. Le “prospettive di crescita” infatti «rimangono deboli, la disoccupazione é su livelli inaccettabili e la fiducia dei mercati é ancora fragile, a indicare come il compito sia ben lungi dall’essere terminato».
Ma non c’è nessuna resipiscenza a proposito dell’austerità imposta – fra gli altri – anche all’Italia. A dispetto dell’evidenza «sarà essenziale accelerare il passo delle riforme per ridare slancio alla crescita e creare posti di lavoro». Per esempio tagliando ancora la spesa pubblica, ovvero togliendo l’unica fonte di “stimolo” a un’economia sempre più abbandonata dal capitale privato. Il “consiglio” è infatti di continuare ad aggiustare il bilancio statale modificando “la composizione del risanamento attraverso tagli di spesa e minori tasse“.
Le “riforme” consigliate hanno aggravato la disoccupazione, ridotto i consumi, depresso l’economia e la popolazione, costretto molte aziende a chiudere, ma… avanti così! Un giorno tornerete a crescere. Se ci sarà rimasto qualcuno, a vivere in questo paese.
Ma gli idioti parlano dell’Imu…
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