Se non è un bazooka, poco ci manca. La Bce – che ha annunciato due giorni fa di essere pronta ad agire per combattere la deflazione in atto nell’eurozona – avrebbe sviluppato dei modelli economici per l’acquisto di 1.000 miliardi di titoli. Una dimensione equivalente a quella del programma Ltro, messo in atto da Francoforte, indirizzato ad agevolare le banche sistemiche dell’area; programma peraltro terminato col rientro di tutta o quasi l’ingente massa di liquidità messa in circolo due anni fa.
Ora sarebbe in fase avanzata di preparazione un ben più diretto intervento nel mercato obbligazionario, cosa che può effettivamente far muovere i prezzi e i rendimenti dei titoli, sia pubblici che privati (grandi multinazionali e banche), contribuendo indirettamente a far muovere anche l’erogazione di credito e qualche investimento produttivo in più.
L’indiscrezione, certamente pilotata, arriva dal quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, che stima anche l’effetto inflazionistico di un simile piano di allentamento monetario (quantitative easing): +0,2/0,8 punti percentuali. Non tanto da riportarla sopra il 2% considerato “livello ottimale”, ma abbastanza da allontanare lo spettro dell’avvitamento deflazionistico (prezzi in calo, investimenti fermi, consumi rinviati, aumento della disoccupazione e quindi nuovo calo dei prezzi e così via).
Il piano di Draghi è tanto più rilevante se si considera la frenata statunitense, che toglie certamente “spinta” al motore della crescita globale. L’economia americana ha creato in marzo 192.000 posti di lavoro. Il tasso di disoccupazione è perciò rimasto al 6,7%. Il dato è in linea con le attese degli analisti.
Ma non tutti considerano sufficiente la mossa della Bce. Secondo Nourile Roubini – economista soprannonìminato “mr. Doom” per esser stato tra i poochi a prevedere il tracollo iniziato nel 2007 – Francoforte facendo “troppo poco e troppo lentamente. Per ora si vedono solo interventi verbali come quello di ieri, ma si fa presto a parlare, poi dobbiamo vedere interventi concreti. Potrebbero esserci pochi mesi prima di entrare in un periodo di deflazione” e la Banca Centrale Europea potrebbe pensare a intervenire con “tassi negativi o anche provvedimenti di quantitative easing”.
I primi effetti – anche solo delle parole – sui mercati si sono già fatti vedere. Lo spread tra il Btp e il Bund tedesco archivia la seduta in discesa a 161,4 punti base, dopo essere sceso fin sotto i 160 punti (159,5), aggiornando i minimi di inizio giugno 2011 (prima della famosa “lettera della Bce” che imponeva al governo italiano di eseguire il programma che da allora stanno realizzando i governi Monti, Letta e Renzi). Il rendimento sul decennale del Tesoro chiude al minimo storico del 3,16%. Una piccola buona notizia per il governo in carica, che dovrà soendere meno per il “servizio del debito” (gli interessi da pagare sui titoli di stato).
Ma è inutile attendersi che questo minor esborso abbia effetti positivi sui tagli alla spesa pubblica. Il programma della Troika è troppo sanguinoso per essere “addolcito” da certi piccoli dettagli (peraltro temporanei).
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