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Frenata tedesca. Anche l’Ifo segnala tempesta

Alla Bundesbank sono un po’ sordi, notoriamente. Colpa dell’assoluta fiducia nelle proprie teorie, al punto che per loro vale certamente il detto che “se i fatti non sono d’accordo con la teoria, tanto peggio per i fatti”.

Ma i segnali di inizio della recessione sono ormai troppi anche per ideologi militanti come Jens Weidmann.

L’indice Ifo, barometro della fiducia delle imprese tedesche, ad agosto ha registrato un calo superiore alle attese. L’indice è sceso a 106,3 punti dai 108,0 di luglio, mentre le attese degli analisti convergevano su un calo più contenuto a 107,0. Insomma: ormai l'”ottimismo” si traduce in previsioni meno gravi…

L’indice IFO è un indice che misura la fiducia delle imprese in Germania e viene elaborato dal Center for Economic Studies (CES) di Monaco. Come il parente stretto, l’indice ZEW, anche l’indice IFO è il frutto di un’indagine condotta su 7000 imprese in diversi settori commerciali: da manifatturiero alle costruzioni, e dal commercio all’ingrosso a quello al dettaglio. Data l’estensione del campione, è un indice considerato molto attendibile.

Fornisce informazioni relative alle “aspettative” sul futro e una fotografia della “situazione attuale”. L’indice relativo alle aspettative è peggiorato a 101,7 da 103,4, a fronte di attese a 102,0, e il sottoindice relativo alle condizioni attuali è sceso a 111,1 da 112,9 rispetto ad una stima di 112,0. Tradotto: la situazione al momento non è affatto buona, e il futuro a breve termine andrà anche peggio. Sul lungo periodo, come si dice, nessuno si azzarada a fare previsioni…

Secondo Klaus Wohlrabe, economista dell’Ifo, il Pil della Germania nel terzo trimestre potrebbe avvicinarsi allo zero, ed è probabile che l’istituto tagli le stime sulla crescita per il 2014 all’1,5% dal 2%. Mettendo così fine alle teorie (alquanto ideologiche) per cui la Germania “cresce perché tiene i conti in ordine”.

Un peso particolare sull’economia tedesca, molto esposta verso i paesi dell’Est europeo, è attribuito alla crisi in Ucraina, con i riflessi di sanzioni euro-americane e controsanzioni russe che colpiscono duramente le imprese tedesche (meno export, ma anche prezzi più alti per le importazioni).

 

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