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L’Onu ammette: nelle prigioni ucraine si torturano i detenuti

In vista della presentazione, prevista per oggi, del XIV rapporto della missione ONU per il rispetto dei diritti umani in Ucraina, l’assistente del segretario generale, Ivan Šimonović, ha dichiarato al Times che il Servizio di sicurezza ucraino esegue arresti di massa di oppositori e ricorre sistematicamente alla tortura nei confronti dei fermati, specialmente in alcuni centri segreti. La commissione ONU per il rispetto dei diritti dell’uomo ha iniziato a operare in Ucraina nel marzo 2014, disponendo di sedi a Kiev, Donetsk, Dnepropetrovsk, Kharkov, Kramatorsk e Odessa. Šimonović ha parlato del rapimento di persone da parte di individui incappucciati, con il ricorso all’elettroshock con apparecchi Taser, martellate su mani, ginocchia, torso e fino sulla testa, affinché i rapiti ammettano la partecipazione alla resistenza, dopo di che vengono condotti alla sede ufficiale del Servizio di sicurezza e arrestati. In altri casi, i fermati vengono legati ai termosifoni e viene loro applicata una maschera antigas come per soffocarli; oppure viene spinto loro in bocca un panno molle, simulando l’annegamento, colpendoli nel frattempo ai genitali. Un testimone ha raccontato a Šimonović di come coloro che lo avevano sequestrato gli avessero detto “Nessuno sa dove tu sia. Sta a te decidere: ammetti tutto, oppure di portiamo nel bosco e ti sotterriamo”.

Šimonović ha anche riferito di come i funzionari ONU siano stati costretti a interrompere anzitempo la missione, la settimana scorsa, dal momento che il Servizio di sicurezza ucraino non ha permesso loro l’accesso a cinque centri di detenzione segreti, in particolare a Mariupol e Kramatorsk, nella parte della regione di Donetsk controllata da Kiev. Il capo del Servizio di sicurezza ucraino, Vasilij Gritsak, ha dichiarato di aver consentito alla missione ONU l’accesso a prigioni in cui sono detenuti oltre 600 prigionieri, ma di averlo negato per quei “centri rionali nella zona dell’Operazione AntiTerrorismo, dato che là non ci sono prigionieri, bensì armi e apparecchiature segrete”.

La sparizione delle persone, di intere famiglie o gruppi e il ritrovamento dei cadaveri, con le mani legate dietro la schiena in fosse comuni in alcune zone del Donbass inizialmente controllate dai battaglioni neonazisti e successivamente liberate dalle milizie, è stata denunciata dalle forze popolari sin quasi dall’inizio dell’aggressione ucraina. Ma anche nella parte del paese in mano ai golpisti, gli assassinii di comunisti, attivisti di antimajdan, deputati dell’opposizione, arresti in massa di semplici cittadini o bastonature da parte degli squadristi “civili”, di quelli cioè che non sono al fronte, sono all’ordine del giorno.

Ciò non ha sinora minimamente turbato la fede nella “democrazia” ucraina da parte delle forze “europeiste”, anche in Italia. Difficilmente il rapporto ONU riuscirà a mutare le convinzioni dei media: qualche torturato, oltretutto se comunista, nelle prigioni del “baluardo a difesa della democrazia occidentale”, pur sanzionato dall’ONU, non fa certo notizia e Kiev costituisce l’avamposto occidentale del “vallo europeo” contro il “dispotismo asiatico” moscovita.

La testimonianza più recente è data dalla comparsa in Ucraina del primo reparto militare addestrato secondo gli standard Nato; si tratta della 4° Brigata di reazione rapida della Guardia nazionale, composta di battaglioni corazzati e d’assalto, una batteria di artiglieria e velivoli senza pilota. Qualche bastonatura e tortura fa parte del gioco.

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