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In crisi anche i servizi, e non solo in Italia

È unvero peccato che l’economia reale non ascolti l’ottimismo parolaio del premier di Rignano sull’Arno. E dire che ne avrebbe molto bisogno…

Gli indici relativi alla manifattura in Italia erano stati molto negativi, ma ci si era abituati a vedere nel miglioramento di quello dei servizi una sorta di “compensazione”, accompagnata da teorie ad hoc sulle trasformazioni produttive di questo paese.

Ora arriva l’indice Pmi relativo ai servizi, che è sceso sotto i 50 punti, soglia che marca il confine fra espansione e contrazione. L’istituto Markit/Adaci indica una flessione in agosto a 49,8 punti, dai 52,8 di luglio. Gli analisti avevano stimato invece possibile un miglioramento a 51,8. Niente da fare, anche i servizi annusano aria di recessione dura.

Il confronto con la concorrenza infraeuropea è peraltro disperante. Vanno male anche i francesi, ma il loro indice Pmi servizi – pur scendendo di pochissimo, da 50,4 a 50,3 – resta comunque in “zona speranza” (sopra i 50). Mentre la Spagna sembra il regno di Bengodi, con un incremento da 56,2 a 58,1. Basta dimenticare la lunga fase di crisi nera attraversata dal paese iberico, che soltanto ora sta risalendo, pur senza nemmeno avvicinare i livelli precedenti l’esplosione della crisi, nel 2008. Bisogna ricordare che questi indici, infatti, fotografano spostamenti a beve termine, in percentuale, non in cifre assolute. Quindi, se per caso eri finito “sottozero” in termini di Pil, un miglioramento anche minimo ti porta immediatamente sopra i 50 punti nell’indice Pmi.

Gli altri dati, relativi a paesi extraeuropei, fotografano una realtà ben diversa. La Russia, ad esempio, sembra al riparo dalle conseguenze del confronto sull’Ucraina e anche delle “sanzioni” applicate da Usa ed Unione Europea. Il dato Pmi sale infatti sopra quota 50 per la prima volta da febbraio, portandosi a 50,3 punti. Al contrario, il super-liquido Giappone ridiscende sotto i 50 punti dopo appena un mese d “ritorno al buonumore”: da 50,4 a 49,9 punti.

Tutt’altra muscia, naturalmente, per la Cina. Da luglio e agosto l’indice passa da 50 a 54,1 punti, il massimo da 17 mesi, in conseguenza dello sviluppo del mercato interno, come voluto dai dirigenti di Pechino.

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