Tutto sarà, lo stadio voluto da Marino, meno che stadio. Dei 354mila metri quadri di superficie utile, solo il 14% corrisponde all’ impianto destinato ai tifosi giallorossi, mentre su oltre l’86% dell’area sorgerà un nuovo grande centro direzionale, anzi secondo la nuova moda che vuole tutti sillogismi inglesi “business park”. Con due mega grattacieli adibiti a uffici e a abitazioni residenziali. In una citta che di stadi di calcio ne ha ben due. Ma se fosse solo questo poco male. E’ una pratica che da Rutelli, con il giubileo del 2000, passando per Veltroni ,Alemanno si è arrivati anche a Marino, ma il vizio non si è perso.
Qui Marino e la sua giunta hanno fatto un capolavoro di stravolgimento delle norme già di per se permissive.
Il nuovo stadio di calcio sito presso Tor di Valle ex centro ippico ormai in disuso è voluto dalla squadra di calcio della Roma A.S. Quindi una società privata. Ma fin dall’inizio vi è sospetto gravissimo intorno alla vicenda
Il pm Mario Dovinola e il procuratore aggiunto Nello Rossi stanno lavorando per accertare se il prezzo del terreno sia congruo oppure se la cessione del terreno dai Papalia ( originari proprietari dei terreni) proprietario della Sias, poi fallita al gruppo di Parnasi sia stata la conseguenza di una distrazione di fondi legata alla bancarotta Il centro dell’inchiesta è proprio l’incrocio tra il fallimento della Sais e la vendita del terreno di Tor di Valle a Eurnova e quindi a Parnasi. L’atto con cui il 25 giugno 2013 Eurnova ha comprato il terreno dell’ex Ippodromo per 42 milioni di euro.
Quindi già la vicenda non è partita con i migliori auspici di trasparenza e legalità.
Ma la giunta e Marino ci hanno messo il carico a bastoni.
Sospetti più che fondati fanno ritenere una errata applicazione del “contributo straordinario”, da parte del Comune . Questo contributo viene elargito dall’ente pubblico seconda la regola stabilita dal PRG( piano di regolamento edilizio) in base alla quale “il 66% dei plusvalori immobiliari generati da una trasformazione di suolo pubblico, tornino alla città. Con queste risorse, stabilisce il PRG, si devono realizzare opere pubbliche che migliorino la vita dei cittadini“. E’ questa la regola che ha consentito ai vecchi e nuovi amministratori il sacco di Roma moderno. Interi quartieri nati dal nulla e costruiti intorno a centri commerciali con espropri di terreni a costo irrisorio e ceduti alle società costruttrici in cambio di opere di urbanizzazionie e opere pubbliche. I quartieri sono nati, cosi le opere di residenziali, i centri commerciali, ma di opere pubbliche nemmeno l’ombra.
Qui invece fin dall’inizio viene compiuto lo scempio.
Le opere previste, soprattutto infrastrutture di trasporto (prolungamento linea B, adeguamento via Ostiense/via del Mare, nuovo ponte carrabile sul Tevere e raccordo tra autostrada Roma – Fiumicino e via Ostiense), servono a far entrare e uscire gli spettatori dallo Stadio e a rendere facilmente accessibile dall’aeroporto di Fiumicino il Business Park. Non sono a beneficio della città , ma solo a beneficio dell’opera stessa. La lettera e lo spirito del PRG sono stravolti. “Dare accessibilità allo Stadio – dicono i tecnici dell’Inu (Istituto nazionale Urbanistica) – è in questo caso un interesse anzitutto dell’investitore; l’interesse pubblico reale invece starebbe nell’utilizzare l’incremento infrastrutturale per dare accessibilità ed accrescere le dotazioni anche al resto della città“.
Attrezzare a parco urbano e di divertimenti l’ansa del Tevere, come indica il PRG, può integrarsi positivamente con la proposta del nuovo Stadio e dei servizi sportivi e di divertimento connessi, dando vita ad una porzione di viva bellezza del Parco Tevere sud, attrattore di attività sostenibili e complementari alla residenzialità dei quartieri circostanti. Ma che centrano i due mastodontici grattacieli e il centro commerciale?
Della questione e di questo Stadio di Tor di Valle ne sentiremo ancora parlare e non solo nelle cronache sportive , ma anche giudiziarie.
Ma il sindaco se ne andrà un’altra giunta si farà, nessuno pagherà (per lo scempio) e sempre il cittadino in saccoccia ce l’avrà.
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