Menu

Eurozona ferma, l’Ocse non vede soluzioni

“La zona euro sta rallentando fino a fermarsi e rappresenta un rischio rilevante per la crescita mondiale, con la disoccupazione che resta alta e l’inflazione persistentemente lontana dall’obiettivo”.

Ben, anche l’Ocse si accorge che il problema dell’eurozona è un problema globale, qundi chiede di correggere le politiche di austerità che aggravano la situazione? Neanche per sogno…

C’è del metodo nella follia che governa le menti ai vertici delle istituzioni globali. Anche per l’organizzazione che riunisce i 30 paesi più industrializzati del pianeta, tutto dipende dalle “riforme strutturali”, non da interventi di politica economica di dimensioni adeguate. E quindi “bene il jobs act”, ma solo se sarà “effettivamente realizzato, non solo annunciato”. E chissenefrega se questo ridurrà – certo – il costo del lavoro per unità di prodotto, ma anche – di conseguenza – le dimensioni della domanda interna, ripercuotendosi negativamente sulle imprese che producono per questo tipo di mercato.

L’unico intervento ammesso, anzi richiesto, è quello di politica monetaria:

“Alla luce di un’economia debolissima e del rischio di deflazione, la Bce dovrebbe espandere il suo sostegno monetario oltre le misure già annunciate. Ciò dovrebbe includere un impegno a un acquisto consistente di attività finchè l’inflazione non sarà tornata nei ranghi”. Anzi, “ulteriori acquisti di attività potrebbero includere obbligazioni garantite da mutui con bassi rating, corporate bond e titoli di Stato”.

E adesso chi glielo spiega a Jens Weidmann e Angela Merkel? Contrari persino a questa – modesta – azione “interventista”, stanno facendo avvitare la crisi del continente in misura superiore a quella di qualsiasi altra area del mondo.

Per quel che riguarda l’Italia è buio oltre la siepe. Il governo Renzi aveva appena ridotto le attese di crescita ad un misero 0,6% nel 2015. LOcse se la ride e dice: “se tutto va bene avrete solo lo 0,2”. Ma dovrete essere davvero fortunati…

Non che il resto del pianeta navighi nell’oro. L’eurozona forse crescerà dell’1% (“la debolezza di Germania, Francia e Italia ha annullato i miglioramenti nei paesi periferici e l’inflazione è continuata a calare”), ma «corre il rischio di trovarsi una crescita zero e un’inflazione zero». Peggio: «Senza supporto macroeconomico, la performance di crescita sarà ben più debole di quella previsione». Ma l’Ocse stessa, come detto, confida solo su “riforme” e iniezioni di liquidità da parte della Bce… L’unica concessione ai critici dell’austerità è «rallentare il passo del riassetto potrebbe aiutare a sostenere la domanda (più precisamente: a contenre le perdite, ndr) e supportare le riforme strutturali già concordate». Anche se, contraddittoriamente, «nelle economie avanzate sono stati fatti pochi progressi nel ridurre i livelli elevati di debito pubblico e privato ereditati dal periodo pre-crisi, in parte perché la crescita è stata lenta e l’inflazione bassa». Tradotto: allentate il Fiscal Compact (che entra in vigore a gennaio), ma cercate comunque di ridurre il debito, altrimenti implodete.

Usa e Cina vanno meglio, ma in misura decisamente diversa. L’Ocse stima una crescita del 3,1% per Washington, prendendo per buone rilevazioni statistiche sottoposte sempre a furiose e drastiche revisioni. a Cina, invece, andrà avanti al ritmo del 7,1%. Che è una percentuale mostruosa rispetto ai concorrenti europei e americani, ma rappresenta pur sempre quasi la metà del tasso di cescita di appena un paio di anni fa. Segno che la frenata è globale, e loro resistono meglio della media solo grazie a una programmazione centralizzata (in barba a tutti i diktat ideologici che voglio “il mercato” unico responsabile delle dinamiche economiche).

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *