La canzone che arriva da tutti i palazzi del potere è monotona: “date alle imprese la possibilità di fare quel che vogliono, senza controlli o contrattazione, e tutto si svilupperà velocemente”.
Il governino Renzi risponde col jobs act, e anche molte altre schifezze meno propagandate, per dare agli imprenditori italiani la massima libertà: di licenziare i “rompicoglioni”, di costruire e installare macchinari perfetti “fino a prova contraria” (e anche dopo, come spiega la sentenza Eternit).
Tutto liscio? Sì, ma c’è sempre un rumore che rovina il coro dei servi… La cosa divertente – si fa veramente per dire – è che il rumore stonato viene dalla stessa Unione Europea, che stamattina ha illustrato le sue ricerche scientifiche, spiegando che l’inquinamento dell’aria e i gas serra prodotti dall’industria in Italia fra 2008 e 2012 sono costati alla società fra 26 e 61 miliardi di euro. Più delle “finanziarie” nel frattempo approvate dai governi Berlusconi e Monti.
A fare i conti in termini di impatto su salute e ambiente, che include morti premature, costi per la sanità, giorni lavorativi persi, problemi di salute, riduzione dei raccolti agricoli, è l’Agenzia europea dell’ambiente (Aea), secondo cui l’Ilva di Taranto è risultata nella top 30 degli impianti Ue più inquinanti.
A voler essere buoni – ci riesce difficile, con questa gente – si potrebbe dire che l’Unione Europea non sa quanto possano essere lazzaroni e menefreghisti gli imprenditori italiani per i quali chiede “maggiore libertà d’azione”. Ma sappiamo benissimo che lo sanno benissimo…
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