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Unione Europea. Quasi 500 miliardi in meno ai salari

Nelle economie industrializzate e nell’Unione Europea, nel 2013, il rallentamento della crescita dei salari nella crisi ha provocato una riduzione di 485 miliardi di dollari della massa salariale a livello regionale. L’impatto della crisi sul lavoro è stato enorme e non solo in Europa. Infatti ha comportato una perdita della massa salariale di circa 1.218 miliardi per i lavoratori in tutto il mondo. A denunciarlo è l’Ilo, l’Organizzazione Internazionale sul Lavoro,  che nel suo rapporto ”World Employement and social Outlook 2015”, spiega che l’importo della riduzione del monte salari per i lavoratori corrisponde all’1,2% della produzione mondiale e a circa il 2% dei consumi. 

“Il mondo del lavoro – afferma il rapporto dell’Ilo – sta cambiando profondamente, in un momento in cui l’economia globale non crea un numero sufficiente di posti di lavoro”. Il dato globale della disoccupazione ha cosi’ raggiunto i 201 milioni nel 2014, oltre 30 milioni in piu’ rispetto a prima dello scoppio della crisi globale in 2008. Oltre alla riduzione della massa salariale globale dovuta al divario occupazionale, il rallentamento della crescita dei salari ha avuto conseguenze importanti anche sulla massa salariale aggregata. A causa dell’effetto moltiplicatore dell’aumento dei salari, dei consumi e dei livelli di investimento, si stima che, colmando il divario occupazionale mondiale, il Pil globale aumenterebbe di 3.700 miliardi di dollari – pari ad un aumento della produzione mondiale del 3,6 %. L’Ilo osserva inoltre che nel 2014, quasi il 73 % del divario occupazionale mondiale era dovuto a un deficit dell’occupazione femminile, che rappresenta solo il 40 % circa della manodopera mondiale.

Questi dati confermano e aggravano quanto già denunciato sei mesi fa, a dicembre 2014, quando l’Ilo aveva pubblicato il suo rapporto biennale sui salari. Già in quel documento l’Ilo certificava che si era allargata la forbice tra incremento della produttività del lavoro e retribuzioni. Un divario crescente che si è tradotto in un declino della quota di pil destinata al lavoro, mentre è aumentata la quota che va al capitale, specie nelle economie sviluppate. Questo, secondo l’Ilo, vuol dire che i lavoratori e le loro famiglie ricevono la parte più piccola della crescita economica, mentre chi detiene il capitale ottiene maggiori  benefici.

La crescita dei salari sta subendo un sistematico rallentamento, passando dal 2,2 per cento del 2012 al 2,0 per cento nel 2013. Un dato ancora lontano dal 3,0 per cento del periodo precedente alla crisi. Per quanto modesta, la crescita dei salari globali è stata quasi interamente trainata dalle economi dei paesi emergenti del G20 dove si è registrato invece un aumento del 6,7 per cento nel 2012 e del 5,9 per cento nel 2013.  La maggior parte dell’aumento globale dei salari è determinato dalla Cina, sia a causa delle dimensioni della sua economia che per la forte crescita dei salari reali. Se si esclude la Cina, l’aumento globale dei salari reali è praticamente dimezzato, dal 2,0 per cento all’1,1 per cento nel 2013, e dal 2,2 per cento all’1,3 per cento nel 2012.

Nelle economie sviluppate (Usa, Ue, Giappone), la crescita media dei salari ha invece fluttuato intorno all’1 per cento l’anno a partire dal 2006 ed è ulteriormente rallentata nel 2012 e nel 2013, con un aumento rispettivo dello 0,1 per cento e dello 0,2 per cento. In alcuni paesi, come Giappone, Grecia, Irlanda, Italia, Regno Unito e Spagna, nel 2013, i salari reali medi erano sotto il livello del 2007.

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