Di tutte le “istituzioni” sovranazionali che dispongono cosa devono fare i singoli paesi, Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) è certamente quella più schizofrenica. Sul piano operativo, da solo sul piano globale o come membro della Troika nel contesto europeo, decreta misura lacrime e sangue per rientrare dei prestiti che ha fatto, ache a costo di gettare sul lastrico decine di milioni di persone innocenti. Dall’altra, quando pubblica le sue analisi, spiega impeccabilmente come le proprie decisioni operative siano delle solenni idiozie, impossibili da far funzionare.
Prendiamo oggi la sua analisi, sfornata nell’ennesino rapporto sullo stato e le tendenze delle economie nazionali dell’eurozona. Economie che condividono la stessa moneta ma presentano strutture produttive disomogenee, anche molto diverse, e impossibilitate sia a “competere” davvero tra loro (per via della moneta comune), sia a “cooperare” come un’area solidale quasi-statuale (per vi delle politiche di austerità decisa dalla stessa Troika di cui l’Fmi fa parte).
Il capitolo sull’Italia, letto come andrebbe letto, spiega che andando avanti così questo paese non uscirà mai dalla recessione né dalla depressione occupazionale. La frase chiave ha colpito anche molti giornalisti mainstream, che l’hanno naturalmente capita al contrario: «senza una significativa accelerazione della crescita, per l’Italia ci vorranno quasi 20 anni per ridurre il tasso di disoccupazione ai livelli pre-crisi».
Si potrebbe infatti pensare – e alcuni di loro cercano di farlo pensare – che questa “significativa accelerazione della crescita” possa esser stimolata dalle “riforme strutturali” proposte dalla Troika. Il problema è che questo paese segue integralmente le indicazioni della Troika, da quattro anni a questa parte; ovvero a far data dal governo di Mario Monti e di quell’altro genio italico di Elsa Fornero. Prima c’erano i truffatori al servizio di Berlusconi, di cui la Troika pretese l’estromissione, anche se molti di loro sono attualmente al governo, nella maggioranza, o stanno per rientrarvi.
Insomma: dopo quattro anni di cura senza resistenze né distorsioni clientelari (se fossimo talmente ingenui da credere che il clientelismo fosse cifra esplusivamente berlusconiana), questo paese resta sottoterra. Al punto che potrebbe recuperare la condizione occuapazionale ante-crisi (2008) solo nel 2035!
Non scherziamo, per favore. L’ultimo studente di economia, all’esame del primo anno, sa che non vanno prese in nessuna considerazione le “previsioni” che provano ad andare oltre i dodici mesi, nel migliore dei casi. Dire, e scrivere, “ci tornerete tra 20 anni” equivale a dire “mai”. Oppure “pregate il vostro dio”.
Eppure un riconoscimento all’economia italiana, e un contentino al governo Renzi, il Fmi lo concede: “l’Italia sta emergendo da tre anni di recessione”. Non come altri paesi europei, certo; non come la Spagna di Rajoy che va sostenuta altrimenti quello perde le elezioni e non sappiamo con chi ci tocca “trattare”… Però, insomma, un pelino, qualcosina, vabbeh, stavolta potreste persino permettervi un +0,qualcosa…
Non per merito del Jobs Act, comunque. Anche se l’istituto di Washington naturalmente apprezza il guinzaglio che è stato messo con quella serie di decreti al collo di ogni singolo lavoratore dipendente.Anzi, su quella strada indica almeno altre quattro “riforme strutturali” che – ma guarda un po’ la sintonia – sono quasi esattamente quelle che Renzi vuole portare a termine in poche settimane, anche a colpi di voti di fiducia, ricatti, espulsioni e prese a bordo della maggioranza dei peggiori maneggioni che popolano il Parlamento.
Eccole:
migliorare l’efficienza del settore pubblico;
riformare e efficientare la giustizia civile;
aumentare ancora la flessibilità del mercato del lavoro;
incrementare la competizione nei mercati dei prodotti e dei servizi (chissà se pensavano direttamente all’Atac…).
Seguono perciò le “raccomandazioni” per scrivere al meglio queste quattro riforme principali, cui viene aggiunta la «decentralizzazione della contrattazione salariale per permettere una maggiore flessbilità nei contratti nazionali». Non si sa mai, ci fosse ancora qualcuno disposto a difendere il contratto nazionale di lavoro…
Dettaglio assente, ma non sorprendente. Almeno il Fmi non fa finta che queste “riforme” servano ad aumentare l’occupazione. A loro non gliene può fregare di meno. L’importante è che anche in Italia il business multinazionale si possa esercitare senza ostacoli. Per l’occupazione, rivolgetevi al padreterno…
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