Il panico non si ferma con la rassicurazioni o le chiacchiere. E i crolli si susseguono ai crolli, nelle borse mondiali iperconnesse. Per cui alla caduta di Shangai segue quella dell’Europea intera, che si trasmette e moltiplica a Wall Street (-3,57% il Dow Jones, ma erano stati anche -6 in apertura di contrattazioni), e ritorno in un nuovo crollo a Shangai e Tokyo.
Stamattine le asiatiche hanno fatto ancora una volta il botto, con il giapponese Nikkei che aveva tentato il rialzo per poi cadere pesantemente nel finale (-4%), sulla scia della borsa interna cinese – Shangai, appunto – che ha sommato un altro -7,6% al -8 di ieri (-50% da metà giugno a oggi). E questo nonostante un intervento “non convenzionale” della banca centrale di Pechino, che ha iniettato quasi 30 miliardi di dollari nel mercato con ordini di riacquisto a sette giorni. La People’s Bank of China (Pboc), in aggiunta, ha venduto 60 miliardi di yuan di titoli del Tesoro. Ma non è servito a molto, anche se tutti – dalla sponda occidentale – stanno chiedendo a Pechino di imitare Usa, Gran Bretagna e Bce, ovvero stampare moneta a rotta di collo per supportare i mercati finanziari.
La palla che scotta è dunque arrivata di nuovo in Europa, dove si è deciso di tentare il “rimbalzo” per impedire che che la frana globale si trasformasse in un cataclisma.
Alle 10 di mattina Milano guadagnava il 2,2%, Francoforte l’1,3, Parigi l’1,2 e Londra l’2,4. Ma l’inizio era stato in genere anche migliore.
Poi l’indice tedesco Ifo, risultato migliore delle attese, spinge gli operatori a credere di più nel tentativo di rimbalzo. E quindi Milano va a +3,5%, Francoforte a +2,4, Parigi a 2,7 e Londra a 2,2.
Intorno a mezzogiorno, il rialzo diventa consistente perché arriva la notizia che la banca centrale cinese ha tagliato i tassi di interesse dello 0,25%. E’ il primo intervento delle autorità dopo due giorni in cui le piazze azionarie cinesi hanno subito una forte caduta.
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