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Crolla Shangai, e la Banca Mondiale vede nero per la crescita globale

Non sarà una giornata facile per le piazze finanziarie globali. Del resto, non c’è una sla notizia di rilievo che possa dare “fiducia” nel prossimo futuro (checché prometta quel contafrottole di Palazzo Chigi).

A dare il via a vendite da panico è stata ancora una volta la borsa di Shangai, dove le contrattazioni sono state sospese per eccesso di ribasso dopo appena mezz’ora dall’apertura delle contrattazioni. Un record temporale negativo, che ha provocato – per la seconda volta in appena quattro giorni – l’intervento del nuovo meccanismo previsto dalle autorità cinesi (chiusura degli scambi quando si raggiunge il -7%).

Pesa in questo caso sia il rallentamento severo dell’economia del Celeste Impero (anche se può far ridere, qui da noi, che ci si spaventi per una crescita “solo” del 6,5%, comunque la minima da oltre venti anni), nonché la recentissima svalutazione dello Yuan. Ma anche l’esplosione nucleare nordcoreana, proprio al confine nord del paese, che lascia prevedere un indurirsi del confronto internazionale anche ai confini cinesi.

Ma anche Tokyo ha perso oltre il 2%, dopo il -3% di inizio anno (il 4 gennaio, per motivi di calendario). In parte per le stesse ragioni, che implicano una prevedibile diminuzione dell’export verso Pechino, in parte anche maggiore per le previsioni della Banca Mondiale, rese pubbliche ieri sera.

E sono stime depressive, che abbassano dello 0,4% il tasso di crescita mondiale previsto per il 2016. La parte del leone, in negativo, la fanno le economie ex emergenti, che avevano fin qui trainato il pianeta nonostante il sostanziale arretramento dei paesi più industrializzati dopo il 2008. Ma anche la previsione per il Giappone è delle stesse dimensioni, segno che il Sol Levante non riesce a risollevarsi da una depressione più che ventennale nonostante l’abenomics, ovvero le gigantesche immissioni di liquidità decise dal premier reazionario Shinzo Abe.

Inevitabile, dunque, un effetto trascinamento al ribasso anche per le borse europee, che devono fra l’altro scontare – oltre ad una stima al ribasso dell’export verso l’Asia e gli altri paesi emergenti (a cominciare dal Brasile, in piena recessione) – anche le tensioni mediorientali e gli effetti delle sanzioni reciproche con la Russia.

Milano e Francoforte hanno aperto con un crollo verticale di oltre il 3%, con la prima che provava successivamente a ridurre le perdite (-2% alle 9.40), mentre la piazza tedesca – che non accenna a risollevarsi – rifaceva materialmente i conti con la marea di affari che l’industria nazionale perderà sicuramente sia in Medio Oriente che in Cina.

Se qualcuno ha notizie che possano stimolare la “fiducia” si sbrighi a comunicarle. Astenersi se di Rignano sull’Arno…

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