La politica italiana – nel senso peggiore – pare indifferente al contesto europeo, che è invece determinante, come sanno tutti i protagonisti della commediola dentro e fuori Palazzo Chigi, “direzione” del Pd compresa. Si può capirlo, debbono continuare a far finta che le scelte politiche siano prese in quasi completa autonomia dal governo nazionale, per contenere lo spettro del “populismo” cresciuto dopo anni di “lo vuole l’Europa” a condimento di ogni scelta antisociale.
E l’Unione Europea – che è una cosa concreta, un apparato di potere, non uno “spirito” del continente – cerca di fare il possibile per rendere meno traumatico il percorso obbligato per il governo Gentiloni.
E’ toccato al Commissario agli affari economica, il francese Pierre Moscovici, somministrare lo zuccherino rassicurante al termine della temuta presentazione del quadro previsionale sulle tendenze economiche per l’anno in corso e il successivo. La Commissione Ue rivede infatti al rialzo la crescita dell'Italia del 2016, da +0,7% a +0,9%. Mantine invece stabili le previsioni per il 2017, con un Pil a +0,9%, con la promessa di un 2018 appena migliore, +1,1%. Una "crescita stabile ma modesta" trainata da "tassi d'interesse reali bassi e una domanda esterna più forte" ma dove "debolezze strutturali ostacolano una ripresa più forte".
In realtà a legger bene, il quadro resta semi-comatoso perché la principale condizione positiva (i tassi bassi fissati dalla Bce, rafforzati dalle iniezioni di liquidità per 80 miliardi al mese) sta per cambiare; prima quantitativamente (il quantitative easing scenderà a 60 miliardi mensili da aprile), presto anche qualitativamente (i tassi di interesse potrebbero iniziare a risalire dal 2018, sotto la pressione di Germania e Olanda, che hanno già ora un tasso diinflazione vicino all’obiettivo del 2%; senza calcolare che il mandato di Mario Draghi è in scadenza…). Ma anche l’altra condizione favorevole – domanda extra-Ue elevata – potrebbe subire presto radicali cambiamenti in negativo sotto le iniziative “protezionistiche” dell’America di Trump.
Guardando ai parametri di Maastricht potrebbe sembrare una notizia positiva anche il fatto che i rapporti deficit-Pil e debito Pil restano "sostanzialmente stabili" (il primo viene rivisto leggermente al ribasso per il 2016, a 2,3%), mentre resta invariato a 2,4% per il 2017. Pure il debito è rivisto leggermente al ribasso per il 2016 a 132,8% (da 133%), mentre sale a 133,3% nel 2017. Il che significa che neanche in condizioni “eccezionalmente favorevoli” sul piano finanziario, nonostante politiche di taglio della spesa sociale molto pesante (pensioni, sanità, scuola) l’Italia è riuscita minimamente a scalfire la montagna del debito.
Lo zuccherino sta tutto nella parte politica della comunicazione di Moscovici: Bruxelles precisa di "prendere nota positiva dell'impegno" per il varo di misure correttive pari allo 0,2% del Pil (3,4 miliardi), che però "saranno conteggiate solo quando dettagliate". Invece di incazzarsi per l’ennesimo rinvio da parte italiana, insomma, la Ue sembra tollerare più paciosamente il ritardo nella comunicazione delle “misure” che Padoan e Gentiloni intendono prendere per colmare il gap.
La ragione di tanta pazienza è spiegata indirettamente dallo stesso Moscovici: "L'incertezza politica e il lento aggiustamento del settore bancario pongono rischi al ribasso alle prospettive di crescita dell'Italia". L’ultima cosa che a Bruxelles sperano è che anche l’Italia si aggiunga alla lista dei paesi-chiave che andranno alle elezioni politiche durante l’anno (Olanda, Francia e Germania già bastano e avanzano). "I rischi politici" che pesano sulle prospettive di crescita "sono presenti in tutta l'Unione europea, in molti paesi e hanno un nome molto chiaro: populismo anti-europeo, con questa volontà che considero assurda e pericolosa, dovunque essa sia e che è presente in Francia prima che in Italia, di voler uscire dall'euro e dalla Ue". E lui, da francese, lo sa benissimo: l'uscita della Francia dall'euro e dall'Unione europea "proposta da Marine Le Pen" sarebbe "una tragedia per l'Eurozona ed una catastrofe per la Francia".
Quindi non è il caso di aggiungere legna al falò che brucia…
Tanto più che Gentiloni si mostra ancora più disponibile del predecessore: la Commissione Ue "prende nota positivamente dell'impegno preso dal governo per adottare misure di bilancio aggiuntive per un valore complessivo dello 0,2% del Pil entro aprile 2017". Quindi è "assolutamente sbagliato parlare di ultimatum" da parte della Commissione Ue all'Italia. Quel 22 febbraio indicato come termine ultimo per ricevere da Roma la lista dei provvedimenti presi a copertura del buco si può insomma sforare di qualche giorno, senza che parta una temuta procedura di infrazione; "non c'è alcun ultimatum".
Però non fate i furbi, che la prossima volta vi mando Wolfgang Schaeuble e Jeroen Dijsselbloem…
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