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Una procedura di infrazione che nessuno vuol varare davvero

Se uno dovesse informarsi solo tramite Repubblica, o il Corriere, il rischio di non capire niente sarebbe altissimo. Soprattutto sulle vicende che riguardano governo, Unione Europea, procedure di infrazione, ecc. Ovvero il vero cuore della cosiddetta “politica” in questo come in altri paesi.

Nei giorni scorsi, come si è saputo, la Commissione Europea ha giudicato “ammissibile” l’apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia per debito eccessivo e mancato rispetto degli impegni presi per ridurlo.

Logico considerare questa sortita come un richiamo forte al governo gialloverde. Ma subito la stampa italica si è “sobriamente” divisa tra presunti “europeisti” e ancor più presunti “nazionalisti”. Sia sull’immediatezza della decisione che sull’entità della manovra per soddisfare le prescrizioni di Bruxelles. Per capirci, andiamo da 3 ai 70 miliardi di manovra, e dal “cartellino rosso” immediato oppure al “penultimo avviso”.

Se uno desse retta ai neoliberisti europeisti in nome e per conto dei “mercati” (Repubblica e Corriere, appunto), dovremmo stare già sotto terra. Secondo i fogliacci amici di Salvini, invere, “spezzeremo le reni” alla Commisione (tanto è in scadenza…).

Tutte menzogne, naturalmente. Per disorientare ancor più l’elettorato o come volete chiamarlo ora…

Non che la situazione sia rosea, tutt’altro. Ma i margini di mediazione, e i tempi, sono ancora piuttosto ampi.

Per esempio, Pierre Moscovici, Commissario europeo per gli Affari economici e monetari, afferma: “Non voglio discutere dei parametri. Si tratta di mettere sul tavolo cifre, fatti, misure che permettano di influenzare un giudizio. Giudizio che peraltro non è atteso dalla Commissione, ma a questo punto dai paesi membri. È infatti al Consiglio, ai paesi partner dell’Italia, a cui spetta l’eventuale apertura di una procedura per debito eccessivo”.

Tradotto: la procedura partirebbe dal Consiglio Europeo, dove siedono i premier o i capi di stato dei singoli paesi; quindi sarà una decisione molto politica, non solo tecnico-contabile. Anche perché, visto il peso specifico dell’economia italiana nel continente, l’eventuale procedura di infrazione aprirebbe una “crisi di fiducia” che non lascerebbe indenne nessun paese della UE. Mentre la minaccia di vararla, per esperienza, di solito basta a rimettere a cuccia i governi recalcitranti.

In ogni caso, c’è tempo fino al 9 luglio.

Di qui ad allora il povero Tria dovrà trovare una quadra piuttosto complicata tra le resistenze dei due vice-premier e la pressione della UE. Nell’immediato potrebbe forse bastare una manovra “correttiva” di pochi miliardi (da 3 a 5, forse qualcuno di più), per rinviare il redde rationem a fine anno, quando la “legge di stabilità” per il 2020 dovrà per forza di cose essere messa nero su bianco.

Questa doppia tempistica consentirebbe, tra l’altro, di evitare la crisi di governo immediata e quindi nuove elezioni anticipate a settembre (come minaccia il presidente Mattarella); lo showdown dell’esecutivo verrebbe così rinviato a novembre, con entrambi i partiti della maggioranza (oppure soltanto la Lega) pronti a rinunciare a Palazzo Chigi sbraitando di non voler cavare “altro sangue dal popolo italiano”. Incombenza che verrebbe lasciata al solito governo tecnico, guidato dal Cottarelli di turno, per poi ricominciare con una lunga campagna elettorale come se niente fosse stato deciso da loto.

Resta il fatto che la prossima legge di stabilità sarà un massacro sociale di dimensioni paragonabili solo alla famosa “manovra di Amato” (90.000 miliardi di lire) o a quelle cui è stata sottoposta la Grecia (col risultato, tra l’altro, di far aumentare il debito pubblico di quel disgraziato paese). Tant’è vero che nella bozza del “Patto per la salute”, per esempio, i miliardi di spesa aggiuntiva promessi per il futuro – 2 miliardi nel 2020, 1,5 l’anno successivo – sono subordinati alle “scelte di politica finanziaria” ancora da fare. Tutt’altro che certi, insomma…

Situazione complicata, me difficile attribuire le colpe in modo certo. Il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis, non a caso intervistato da Repubblica, spiega che “l’approccio in politica economica del governo italiano non ha funzionato, anzi, sta danneggiando l’economia del Paese. Il governo ha cercato di usare spesa in deficit per rilanciare l’economia. E invece vediamo crescere il disavanzo e il debito e assistiamo ad un rallentamento dell’economia”.

Ragionamento accettato senza alcun dubbio dal quotidiano “democratico”. Se fosse vero – senza nulla togliere alla stupidità dei governanti attuali – ne deriverebbe che i paesi invece rispettosi delle “ricette” consigliate dalla Commissione vanno molto meglio del nostro.

Quanto sia falso, invece, lo dicono i dati diffusi proprio stamattina: l’esemplare Germania – fonte primaria di ogni decisione economica europea – vede le proprie esportazioni crollare, in un mese (aprile) del -3.7% (le previsioni parlavano di appena un -0,9%). Ed anche la produzione industriale di Berlino, nello stesso mese, è venuta giù del -1.9% in appena 30 giorni.

Un tracollo che può essere spiegato in un solo modo: a furia di abbassare i salari in tutto il continente europeo e di aumentare la disoccupazione o di precarizzare il lavoro va a finire che poi ti manca il mercato..

Brava Merkel, hai distrutto il mercato. Quello europeo, non solo tedesco. Altro che procedura di infrazione, meriteresti…

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