Qui di seguito la relazione della redazione di Contropiano al convegno: “Il sindacato nella periferia. C’è un buco da riempire” tenutosi a Roma il 12 giugno nel quartiere di San Basilio.
A Roma c’è un luogo comune, solo in parte corrispondente a verità, il quale sostiene che il “turismo è l’oro o il petrolio di Roma”. Una sorta di risorsa naturale dovuta alla sua storia millenaria e al suo impagabile patrimonio archeologico e artistico, sulla quale la città e i suoi abitanti potrebbero magari vivere di rendita come i petromonarchi del Golfo che nella Capitale vengono a fare shopping.
Questo luogo comune invece deve e può essere sfatato dalla realtà. La risorsa turismo a Roma ha infatti un impatto assai relativo e asimmetrico nei benefici e nella redistribuzione ai suoi abitanti, anzi possiamo affermare che il turismo è diventato sempre più una risorsa per pochi e un problema per molti.
Un recentissimo rapporto commissionato dal Comune di Roma per il progetto “Futouroma 2019-2015”, afferma che ormai ogni giorno a Roma ci sono un milione di persone in più dei suoi abitanti. In larghissima parte sono turisti, di cui la metà pernotta in città in alberghi, bed and breakfast etc, e l’altra metà ci transita. (Inoltre ci sono circa 400mila pendolari che dai paesi dell’area metropolitana vengono ogni mattina a Roma per lavoro e la sera tornano nei luoghi di residenza nell’hinterland).
Questo significa che Roma è quotidianamente sottoposta ad uno stress ormai insopportabile. I servizi (trasporti, raccolta rifiuti, viabilità) che sono già scarsi, sono infatti tarati su una popolazione residente di 2.800mila abitanti mentre sul territorio cittadino ogni giorno c’è un milione di persone in più che hanno un rapporto consumistico con la città.
Ma questo altissimo stress a cui è sottoposta Roma dal turismo di massa almeno porta dei benefici? In termini di interessi collettivi no. C’è infatti un alto livello di appropriazione privata degli introiti del turismo che spalma invece sugli abitanti solo i suoi costi economici e sociali (raccolta rifiuti, congestione del centro, organizzazione della mobilità che premia alcune zone e ne desertifica altre, gentrificazione forzata di interi quartieri).
In questi anni abbiamo verificato come investimenti e progetti privati su Roma, abbiano una visione della valorizzazione della città puntata esclusivamente sui flussi turistici, mentre gli “abitanti” di Roma (circa 2milioni e ottocentomila) non sono affatto al centro di questa valorizzazione.
Lo sono i circa 13 milioni di turisti che vengono ogni anno nella città eterna. I turisti, soprattutto se tanti (e lo verifichiamo con la congestione e l’occupazione del centro storico), vengono valutati come “travel detailer” cioè consumatori dinamici.
I turisti, come tutti noi quando stiamo in vacanza, hanno maggiore propensione alla spesa degli abitanti residenti, ma soprattutto per gli investitori il target interessante sono i turisti della “gamma alta”, quelli che alimentano lo shopping di lusso, assai più dei turisti intruppati nei grupponi che intasano strade, musei, ristorantini con il menù “very cheaper”.
I “travel detailer” di gamma alta, rappresentano tra il 50 e il 60% del fatturato del turismo. Secondo l’Ebit (Ente Bilaterale per l’Industria turistica) i viaggi di lusso sono passati dal 35 al 51%. La Confindustria sostiene che occorre guardare e lavorare in questa direzione arrivando a disporre a Roma di almeno di 11.700 stanze di categoria “luxury”, pari al 18% della ricettività alberghiera della città.
Roma è la prima meta turistica in Italia per presenze turistiche (seguita da Venezia e da Milano). I turisti a Roma spendono circa 5,6 miliardi di euro all’anno. A Milano 3,1, Venezia 2,7, a Firenze 2,2. Secondo un apposito rapporto della Confindustria romana le spese per consumi dei turisti a Roma salirebbero invece a 6,9 miliardi di euro. La spesa media giornaliera di un turista nelle città d’arte è di 129euro, in quelle balneari è di 87 euro, in quelle montane di 101, in quelle gastronomiche o “green” è di 105.
Ma di tutta questa ricchezza quanto arriva agli abitanti delle periferie? Poco o nulla. In teoria i benefici di questa risorsa dovrebbero essere redistribuiti dalle istituzioni preposte (Comune soprattutto) tra tutti gli abitanti di Roma. In realtà i benefici per gli abitanti delle periferie della risorsa turismo sono irrisori o inesistenti.
Ad ogni richiesta di intervento, di riqualificazione delle periferie, di soluzione ai problemi della viabilità (basta pensare ai cantieri incubo sulla Tiburtina qui sotto), si risponde sempre che non ci sono i soldi.
Ma allora dove finiscono i 5,6 miliardi che i turisti spendono ogni anno a Roma? Occorre sapere che quasi un miliardo sul giro d’affari sul turismo in Italia, se lo trattengono all’estero le commissioni di gruppi multinazionali come Expedia, Bookings, Tripadvisor, AirB&B, Trivago etc. che praticamente hanno il monopolio dei pacchetti e dell’offerta alloggiativa a Roma. Queste società vengono chiamate OTA cioè Online Travel Agency.
Provate a cercare una sistemazione in hotel o una casa vacanza o un bed and breakfast a Roma. Usciranno subito e quasi esclusivamente queste società. Voi prenotate, pagate e loro si prendono la commissione sulla transazione.
Poi scopriamo che la gestione del turismo è tutta in mano ai privati. Arriviamo al paradosso che quasi l’80% degli introiti dei biglietti per l’entrata al Colosseo finiscono nelle casse di una società privata (Electa, gruppo Mondadori) alla quale lo Stato ha dato in concessione la gestione della biglietteria e dei servizi sul Colosseo. E lo stesso accade in altri musei.
I lavoratori ufficialmente registrati come attivi nel settore turistico sono solo 31.500, di cui 24mila nel settore alberghiero e 7.500 nelle agenzie. Possiamo aggiungervi quelli che lavorano nella ristorazione, ma solo nelle zone centrali. Tenete conto che a Roma i lavoratori occupati risultano complessivamente circa 1.776.000. Insomma un impatto assai relativo sull’occupazione e un verminaio del lavoro nero e sottopagato, di lavoro povero dove si lavorano molte ore e si guadagnano stipendi vergognosamente bassi.
Insomma di questi 5 miliardi e mezzo di euro che spendono i turisti a Roma chi se ne appropria? E perché non vengono distribuiti? Perché il turismo non è una vera risorsa per gli abitanti di Roma e delle sue periferie?
Questa montagna di soldi produce solo di introiti per le casse comunali attraverso la tassa di soggiorno. Nel 2018 sono stati 130, nel 2015 erano 123.
L’unico strumento messo in campo è infatti la famosa tassa di soggiorno introdotta nel marzo del 2011 con il federalismo fiscale. A Roma è stata aumentata con una delibera (la nr. 44 dell’1/9/2014). Le previsioni d’incasso sul 2015 erano di 123 milioni ma l’hanno dovuto rivedere al ribasso perché il Giubileo straordinario si è rivelato un flop. Inoltre è noto che il turismo religioso non solo è in calo ma trattiene gli introiti all’interno dei propri circuiti approfittando anche dei privilegi concessi dal Concordato tra Stato e Vaticano.
Dunque spetterebbe al Comune –come ente pubblico con responsabilità su tutti gli abitanti della città – redistribuire le risorse facendo in modo che esse arrivino anche a chi – essendo tagliato fuori geograficamente o economicamente dai benefici del turismo – non può usufruire di quella che è una risorsa collettiva e “naturale” di Roma.
In realtà di questi soldi, nelle periferie non arriva niente, anzi arrivano solo i costi attraverso le tasse sui rifiuti urbani tra le più alte d’Italia, l’Irpef comunale più alta d’Italia, l’assenza di servizi, la desertificazione del trasporto pubblico (concentrato nelle zone a più alta vocazione turistica), l’inesistente manutenzione stradale, la disoccupazione etc. I dati ci dicono che all’aumento delle presenze turistiche a Roma non ha corrisposto un conseguente delle entrate nelle casse pubbliche. Ciò significa che buona parte di questo valore aggiunto è andato in tasca ai privati.
Per questo motivo, ad esempio, una delle proposte che viene avanzata è quella di trasformare la tassa di soggiorno – quindi i 130 milioni che sono stati incassati nel 2018 – in una tassa di scopo per le periferie, destinando a queste tutti gli introiti della tassa di soggiorno e attuando quindi una prima, seppur insufficiente, redistribuzione delle risorse disponibili in città. Ma la responsabilità di questa redistribuzione ricadono tutte sulle istituzioni elettive – rappresentative in teoria di tutti gli abitanti – che deve decidere tra la totale deresponsabilizzazione vista in questi anni nei che ha consegnato tutto ai privati e un cambiamento radicale di passo e priorità, anche per Roma.
La redazione di Contropiano
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marco
Considerando poi che in tutta la cintura periferica ci sono siti di interesse storico/turistico che vengono letteralmente lasciati marcire perchè fuori dalle centralissime rotte turistiche.
Parliamo del museo della civiltà romana (i cui prodotti didattici di qualità elevatissima furono usati pure da ridley scott per “il gladiatore”), la capanna neolitica a borgata fidene (ridotta oggi peggio di un benzinaio abbandonato sulla pontina), la villa del liberto di nerone al tufello correlato da relativo polo museale pronto, rifinito e ovviamente chiuso…. il museo delle navi romane (portato avanti dall’eorismo del personale in loco), pieno di copie, mentre il più degli originali marcisce in qualche magazzino annesso a palazzo massimo, il museo del mammuth di rebibbia che alla fine ha aperto i battenti grazie alla popolarità di zerocalcare.
Si potrebbe andare avanti per giorni indicando tutta una fascia di siti che avrebbero un immenso valore culturale, potrebbero portare posti di lavoro diretti e di indotto nelle periferie e decongestionare il fragile centro storico della capitale.
Bisognerebbe chiedere perchè queste potenziali risorse oggi sono ridotte a cattedrali nel deserto.
Senza contà (e lo dico in romanesco!) l’odiosa infamata de fà pagà il biglietto der colosseo ai cittadini romani, quando l’imperatore che lo costruì lo pensò gratuito per la popolazione e in quasi 2000 anni, nessuno tra imperatori, re barbari, papi e governatori della città pensò di gravare la popolazione di roma con una gabella simbolicamente così umiliante