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Se Facebook diventa una banca

L’annuncio circolava già da metà marzo, quando l’Europa iniziava a subire i colpi più duri della pandemia e le Americhe si preparavano al peggio.

Per far fronte alle difficoltà delle imprese alla soglia del lockdown, Facebook pensava bene di rifarsi un po’ il trucco e contemporaneamente sperimentare una nuova forma di business, offrendo 100 milioni di dollari a 30 mila piccole imprese dislocate in 30 paesi per fronteggiare l’imminente crisi.

Ciao Francesco, stiamo offrendo 100 milioni di dollari sotto forma di finanziamenti in denaro a 30.000 piccole imprese idonee in 30 paesi per aiutarle a superare le difficoltà causate dalla pandemia di Covid-19.

Sappiamo che il tempo è prezioso, soprattutto in questo momento così difficile. Ecco perché ci siamo adoperati per consentirti di scoprire in modo rapido e semplice se la tua azienda e la tua zona sono idonee a ottenere un finanziamento in denaro da Facebook. Cordiali saluti,
il team di Facebook Business”.

Questo il messaggio che sta spuntando nelle caselle di posta elettronica degli utenti del social più famoso al mondo, quello che nel 2019 ha registrato 70 miliardi di fatturato, di cui ben 18,5 di utili, con poco più di 50 mila dipendenti (alla faccia della produttività), e il cui gruppo comprende altri colossi del settore come Instagram e WhatsApp.

Se difronte a questi numeri la posta messa in gioco è irrisoria, quello che ci pare interessante è la sperimentazione dell’intervento, peraltro con un tempo di reazione al cambiamento – si legga, come sfruttare una crisi – decisamente rapido (il primo annuncio fu fatto già il 17 marzo).

Ebbene, seguendo il percorso di link si viene a conoscenza di un primo tentativo, di fatto ancora in pillole, di supporto gestionale e consulenza finanziaria imbastito dal gruppo di Zuckerberg.

Oltre alle specifiche dell’azienda, che per accedere ai finanziamenti deve avere tra i 2 e 50 dipendenti, essere in attività da almeno un anno e avere subito gli effetti del Covid (non specificati a una prima ricognizione), è stata caricata anche una piattaforma essenziale per il sostegno alle imprese.

Siamo qui per aiutarti a riprendere la tua attività”, campeggia il titolo della pagina, con sezioni dedicate ai programmi specifici di sostegno, guide per meglio rispondere ai cambiamenti ripartite per settore (bar e ristoranti, centri fitness, editoria e media ecc.) e una sorta di protocollo per far fronte agli imprevisti.

Insomma, sicuramente un po’ di buona pubblicità a buon mercato. Il messaggio infatti viene veicolato come la “presa di coscienza del ruolo sociale dell’azienda” che si prodiga per sostenere il piccolo e il piccolissimo imprenditore. Per farsi un’idea, in Italia questi rappresentano oltre il 90% delle imprese e il 50% della forza lavoro dipendente, non proprio una nicchia…

Ma la proposta sembra anche una prova di diversificazione degli investimenti del gruppo, non nuovo a tentativi di entrata nel mercato dell’intermediazione, o per usare una categoria marxista, nella fase di circolazione del capitale, come testimonia quello fatto con la moneta elettronica Libra.

Se fioriranno, o se la manovra è stata pensata per essere tale, staremo a vedere, ma che il mondo dell’intermediazione rappresenti (almeno fino a oggi, sconvolgimenti da pandemia permettendo) un campo di rose non ci piove, stando al peso raggiunto dalle banche nella più generale organizzazione economica e finanziaria, e dunque sociale odierna.

Più di due miliardi di utenti potenziali, sportelli in ogni smartphone, una capitalizzazione a oggi di 740 miliardi di dollari, quasi il quadruplo della Bank of America Corporation che ne conta 209, per esempio.

La “FaceBank” avrebbe i numeri da colosso bancario, non vi pare?

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