Sappiamo che la linea di Confindustria è semplice: tutte le risorse alle imprese, tutti gli sgravi fiscali alle imprese, zero garanzie per chi lavora, salari più bassi possibile, anzi senza limiti verso il basso.
Una linea totalmente idiota sul piano macroeconomico, ma coerente con l’impostazione “mercantilista”, ossia con l’idea di competere sul mercato globale con i prezzi bassi, contando solo sulle esportazioni e non sul mercato interno.
Un’idea che domina da 30 anni e che ha visto la Germania crescere pressoché da sola, all’interno dell’Unione Europea, riscrivendo a proprio esclusivo vantaggio le filiere produttive del Continente.
E’ una linea che però deve fare i conti, oltre che con gli effetti della pandemia, con il crescere delle tensioni internazionali. Alimentate anche dall’Unione Europea che punta a trasformarsi in “forza potente e sovrana” nella iper-competizione globale.
Ma le tensioni, per l’appunto, hanno immediate conseguenze sui commerci internazionali e sulle dimensioni dei flussi di esportazione. Se metti sanzioni a qualcuno (Russia, Cina, ecc) non puoi non aspettarti una risposta sullo stesso piano.
E a quel punto l’aver “depresso” il mercato interno a forza di abbassare il potere d’acquisto dei salari si rivela una mossa suicida. Se i tuoi lavoratori non possono acquistare le merci che produci, te le dai sui denti…
Questa intervista, fatta da Pasquale Cicalese per il suo blog (Piano contro mercato), mostra che persino tra gli industriali italiani si fa strada il dubbio che questa non sia una scelta intelligente. E che dunque l’inflazione richieda necessariamente una “reflazione salariale”. Ossia aumenti.
Buona lettura.
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L’altro pomeriggio ho incontrato un amico industriale, stabilimenti a Salerno e Verona, settore di fornitura per industrie alimentari e detergenti.
Ti ringrazio della tua disponibilità. Una domanda: come è stato, da un punto di vista di un industriale, l’anno 2021 per l’economia italiana?
Eravamo partiti con tanta incertezza fino al primo trimestre ma poi abbiamo visto una forte ripresa, che effettivamente c’è stata. Ma abbiamo sofferto del rincaro delle materie prime e dei noli marittimi che hanno tolto molti margini alle imprese.
Nell’ultimo trimestre si è aggiunto il forte rincaro energetico, con effetti inflazionistici e diversi miei clienti, pur pieni di ordini, hanno preferito blocchi strategici produttivi perché i prezzi non coprivano più i costi.
Si riverserà nel primo semestre del 2022, ci sarà da soffrire di questo scontro Usa Russia che azzoppa l’Europa, già colpita dai rincari delle materie prime. Non vedremo la performance del 2021 se non si risolve questo problema e sicuramente il 2022 vedrà, stante così le cose, un rallentamento.
Alla luce dell’attuale processo inflazionistico, ritieni che sia preferibile la riduzione delle tasse per i redditi medio bassi o un aumento generalizzato dei salari?.
Sicuramente i lavoratori stanno soffrendo e soffriranno per i rincari energetici e per i rincari a valle dei prodotti, specie alimentari.
Per fronteggiare questa situazione occorrerebbero tre cose: massiccia riduzione del cuneo contributivo a tutto favore dei lavoratori (oggi un operaio guadagna 1200-1300 euro al mese, con questo arriverebbe a 1500); 2) aumento generalizzato del salario minimo; 3) regolarizzazione di interi settori dove vige il far west del caporalato, quando invece noi industriali siamo iper-controllati.
Si deve fare perché il prossimo anno con questi rincari i consumi diminuiscono e ne soffriremo anche noi.
Ritieni che nel 2022 aumenterà la domanda di lavoro?
Guarda, per quel che vedo io il mercato del lavoro sta cambiando, c’è chi chiede flessibilità e chi lascia il lavoro per avviare un’attività autonoma. Quel che bisogna fare è utilizzare parte del reddito di cittadinanza per avviare al lavoro le persone, specie i giovani.
Le industrie italiane hanno fame di tecnici, gente che conosca la meccanica, l’elettrotecnica, la chimica, ecc. C’è un gap di competenze e le scuole professionali potrebbero, se potenziate, fare tanto. Ecco potenziare queste scuole soprattutto per i giovani, che si ritroverebbero tante opportunità lavorative.
In ultimo spero che una parte dei fondi del PNNR siano utilizzate al fine di parare l’inflazione, che colpirà specie i redditi medio bassi.
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