La Germania “balla da sola”. Con una decisione unilaterale ha deciso di fare fronte per proprio conto alle conseguenze della crisi energetica determinata dalle sanzioni alla Russia prima e dalla fine delle forniture di gas russo poi. I sabotaggi ai gasdotti baltici russo-tedeschi sono stati l’ultimo atto e l’Unione Europea ha fatto la finta tonta sulle responsabilità degli attentati mentre a Berlino ne hanno una consapevolezza ben diversa.
Occorre poi rammentare che la Banca centrale tedesca ha previsto per il paese una recessione economica a cavallo tra questo e il prossimo anno. Uno dei principali istituti economici tedeschi, l’Institut für Weltwirtschaft di Kiel, ha dimezzato la sua stima di crescita per il 2022, dall’1,4 allo 0,7%, mentre per il 2023 l’attività economica tedesca potrebbe contrarsi sempre dello 0,7%.
Secondo l’Ispi dentro questa nuova crisi della “locomotiva d’Europa”, l’intervento dello Stato si è rivelato indispensabile per evitare il peggio. “Nello stesso modo in cui nel 2008 il governo federale fu costretto a salvare le banche dal tracollo finanziario, oggi deve mettere in salvo le aziende del gas. Ieri le società in crisi erano Commerzbank, Bayern LB, Hypo Real Estate Holding. Oggi sono società come Uniper, VNG, Securing Energy for Europe. A costo di una provocazione, c’è da chiedersi quanto reale sia la forza dell’economia tedesca”.
Adesso per far fronte alle conseguenze dello shock energetico dovuto alle sanzioni sul gas russo (ormai decisamente ipotecato dai sabotaggi Usa/Nato ai gasdotti, ndr), il governo federale ha presentato un piano di difesa dell’economia dalle conseguenze della guerra in Ucraina, si tratta di un fondo da 200 miliardi di euro in aiuti per privati e imprese contro la crisi dell’energia. Lo strumento è stato illustrato dal cancelliere Olaf Scholz con i ministri dell’Economia e Protezione del clima, Robert Habeck, e delle Finanze, Christian Lindner. Come riferisce il quotidiano “Handelsblatt”, si tratta di un programma per la riduzione dei prezzi di gas ed elettricità.
Ma la questione è tutt’altro che un dettaglio. La classe dirigente tedesca infatti è sempre stata il feroce guardiano del pareggio di bilancio, nel proprio e negli altrui. Già pochi mesi fa il governo di Scholz aveva annunciato 100 miliardi di spese militari ed ora ne annuncia altri 200 per far fronte agli aumenti della bolletta energetica.
A questo punto il Bundestag dovrà votare l’eccezione al “freno al debito”. Si tratta del vincolo di bilancio previsto dalla Costituzione tedesca che, tornerà in vigore nel 2023. La norma era stata sospesa nel 2020 per finanziare la risposta del governo federale alla crisi del Covid-19. Il nuovo piano straordinario di difesa dell’economia sarà fuori dal bilancio ordinario e, quindi, non ricadrà nei limiti del “freno al debito”. Il governo federale aveva già adottato questa soluzione con il fondo speciale da 100 miliardi di euro per le Forze armate (Bundeswehr), approvato a seguito della guerra in Ucraina.
Insomma in pochi mesi in Germania sono saltati un totem (la potenza economica tedesca) e un tabù (lo sforamento del pareggio di bilancio). Non solo. La Germania sta scoprendo che dentro la Nato ha più “fratelli coltelli” che alleati. Il sabotaggio dei gasdotti ne è stata l’ultima dimostrazione. Forse anche a questa nuova percezione ha corrisposto il voto del Bundestag che qualche giorno fa ha bocciato ulteriori invii di armi all’Ucraina.
Ne deriva che adesso diventano meno credibili anche i “cazziatoni” e i diktat tedeschi verso gli altri paesi europei ritenuti “spendaccioni”, ma il problema c’era e c’è tutto: non era sbagliata la situazione, erano sbagliate le ricette con cui gli ordoliberisti tedeschi, europei, italiani hanno fatto disastri in anni e anni di austerity imposta ai paesi aderenti all’Unione Europea.
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Mauro
I gasdotti sono saltati dopo che il Parlamento tedesco ha detto NO all’invio di armi al regime nazimafioso ukraino…