Da gennaio di quest’anno i cittadini italiani iscritti all’Aire (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) sono saliti a 5.806.068. Si tratta del 9,8% degli oltre 58,9 milioni di italiani residenti in Italia, salita del 5,8% dal 2020.
Il saldo tra chi entra (immigrati dall’estero) e chi esce (emigrati all’estero) per il nostro paese rimane negativo, con conseguenze evidenti sia sul calo demografico che nelle ricadute sulla vita sociale. Insomma se non ci fossero gli immigrati a compensare saremmo già in un inverno demografico.
In moltissimi casi chi lascia il nostro Paese lo fa per necessità e non per libera scelta, non trovando in Italia una occupazione adeguata al proprio percorso di formazione e di studio. Non è inutile rammentare che l’Italia è il paese dei bassi salari e della precarietà diffusa anche in settori ad alta qualificazione. Ragione per cui il capitale umano con maggiori aspettative viene attratto come un magnete dai paesi europei centrali e del nord, sottraendo risorse umane preziose lo sviluppo del nostro paese. Un processo di spoliazione e di polarizzazione che attanaglia tutti i paesi euromediterranei e che sembra destinato a configurarne un mero ruolo di “camerieri” per il turismo di massa europeo.
Dalla XVII edizione del “Rapporto Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes risultano quasi 154 mila nuove iscrizioni all’estero e oltre 2,7 milioni (il 47%) sono le persone partite dal Meridione (di questi, 936 mila circa, il 16%, dalla Sicilia o dalla Sardegna). Ma più di 2,1 milioni (il 37,2%) sono partiti anche dalla più ricca Italia del Nord, il 15,7% è, invece, originario del Centro Italia.
In modo solo apparentemente paradossale da diversi anni sono la Lombardia (incidenza del 19% sul totale) e il Veneto (11,7%) le regioni da cui si parte di più verso l’estero. Seguono la Sicilia (9,3%), l’Emilia-Romagna (8,3%) e la Campania (7,1%).
Trattandosi spesso di emigrazione di capitale umano qualificato (laureati, specializzati, etc.) non deve sorprendere che molti giovani, ricercatori o tecnici qualificati emigrino negli altri paesi europei dove le condizioni retributive e ambientali sono migliori. Nel rapporto Migrantes emerge anche dei quasi 16 mila lombardi, dei circa 10 mila veneti o dei 7 mila emiliano-romagnoli molti sono, in realtà, i protagonisti di un secondo percorso migratorio che li aveva portati prima ad emigrare dal Meridione al Nord e poi dall’Italia Settentrione all’estero.
Meno della metà (il 48,2%) degli oltre 5,8 milioni di cittadini italiani residenti all’estero sono donne (2,8 milioni circa in valore assoluto). In maggioranza sono giovani celibi/nubili (57,9%) o coniugati/e (35,6%). I divorziati (2,7%) hanno superato i vedovi (2,2%).
Prevalgono, come prevedibile e consolidato da anni, i giovani (il 21,8% ha tra i 18 e i 34 anni) e i giovani adulti (il 23,2% ha tra i 35 e i 49 anni), mentre gli adulti maturi sono meno di uno su cinque (il 19,4% ha tra i 50 e i 64 anni) o anziani (il 21% ha più di 65 anni, ma di questi l’11,4% ha più di 75 anni). I minori sono appena il 14,5%.
Il 78,6% di chi ha lasciato l’Italia per espatrio nel corso del 2021 è andato in altri paesi europei, il 14,7% in America del nord ma soprattutto in America Latina (61,4%), e il restante 6,7% si e’ diviso tra continente asiatico, Africa e Oceania.
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