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Sul confronto dei sistemi produttivi nelle economie locali

Negli ultimi decenni lo sviluppo e la differenziazione delle attività economiche hanno prodotto profonde modificazioni nei modelli e nelle decisioni localizzative riguardanti l’intera organizzazione economico-sociale.

Da ciò e derivato un significativo filone di studi e ricerche che, accanto alle dinamiche temporali, ha  posto l’accento pure sull’organizzazione e sulla diversificazione spaziale delle attività produttive, per poter cogliere meglio le similitudini e le diseguaglianze quantitative e qualitative connesse con le modalità dello sviluppo economico complessivo.

In un modello di localizzazione del sistema produttivo la variabile spaziale assume un ruolo centrale nella descrizione e interpretazione degli assetti organizzativi e della loro differenziazione territoriale.

I modelli elaborati ed adottati per analizzare lo sviluppo economico de! nostro Paese, articolato territorialmente, hanno presentato nel corso degli anni profonde modificazioni e innovazioni concettuali e metodologiche. I primi modelli, introdotti negli anni ’60, hanno fornito dello sviluppo de! nostro sistema economico una chiave interpretativa basata sul dualismo Nord-Sud, incentrata sull’attività de! settore industria, la cui espansione trovava nelle esportazioni la variabile esplicativa fondamentale.

A partire dalla seconda metà degli anni ’60 tale modello interpretativo non apparso più sufficientemente adatto per spiegare le modificazioni degli insediamenti produttivi che si venivano registrando , in particolare in paesi come l’Italia. Di qui le nuove forme di analisi dei processi di localizzazione economica che trovano ii loro momento identificativo nel modello geografico-economico definito delle “tre Italie”, in cui si incomincia ad avvertire l’esigenza di valorizzare i diversi localismi dello sviluppo. Si giunge così alle più recenti ricerche caratterizzate dalla costruzione di modelli volti, da un lato, ad evidenziare le peculiarità e ii localismo dei distretti industriali e, dall’altro, a raccordarli nell’ambito di una crescita complessiva caratterizzata dal preminente ruolo svolto dal settore terziario.

I vari modelli fin qui elaborati risultano ancorati a forme di misurazione basati su parametri elaborati e desunti da una logica interpretativa di “stampo industrialista”, compreso quello che individua lo schema di territorializzazione economica in una mappa multiregionale dello sviluppo in grado di identificare sistemi produttivi locali definiti dalla pubblicistica “a pelle di leopardo”. In essi, cioè, e sempre l’industria a spiegare l’articolazione degli schemi dello sviluppo localizzativo ed a costituire la variabile di riferimento nella definizione delle linee di indirizzo e di intervento politico-economico.

Inoltre, tutte le ricerche e gli studi che fanno capo a questi filoni di ricerca, pur se meritori e di notevole importanza per la comprensione delle
dinamiche di sviluppo de! nostro Paese, si inquadrano nella modellistica che si può definire di natura “non strutturata”. Ciò in quanta l’individuazione dei profili produttivi si realizza su un’articolazione territoriale di tipo amministrativo (regioni, provincie, comuni); su classificazioni più o meno tradizionali delle attività economiche; su procedimenti la maggior parte delle volte di tipo euristico, la cui validità e basata più sulla efficacia interpretativa degli aggregati tipologici che su rigorose metodologie formalizzate e su un’organizzazione dell’informazione statistica in chiave funzionale, come se, molte volte, si volessero accreditare  ipotesi, vincoli e scenari determinati da interpretazioni ex-ante della realtà economica.

2. Profili di diversificazione produttiva locale

Un momento di rottura con tale impostazione e sicuramente fornita dall’analisi localizzativa di tipo “strutturato”, in quanta utilizza partizioni funzionali del territorio, cioè unita territoriali che permettono di individuare e studiare i profili produttivi locali, e adotta scherni di classificazione delle attività economiche alterative al noto modello di Fisher e Clark. In questo tipo di studi si supera la logica interpretativa industrialista per passare ad una gerarchizzazione dei modelli dello sviluppo basata principalmente sulle modalità di crescita economica indotte dal settore effettivamente responsabile dello sviluppo in atto. E’ in questa prospettiva, elaborando cioè un modello in grado di considerare come variabile centrale il settore che nella realtà esercita tale ruolo, che si può riuscire a quantificare la funzione che il settore terziario assume nelle vicende de! nostro sistema economico e a definire nel contempo la presenza che il terziario deve avere nella definizione delle linee di governo de! sistema economico.

Utilizzando tale documentazione si e proceduto ad un confronto relativo alla vocazione e polarizzazione delle singole attività economiche e, attraverso applicazioni con metodi di cluster analysis basati sui dati della struttura occupazionale, si e esanimata l’evoluzione nel decennio del profilo economico complessivo dei diversi bacini occupazionali. Si è cosi pervenuti alla costruzione e confronto di Zone Econorniche Omogenee (ZEO) per quantificare la loro composizione e articolazione. I risultati ottenuti permettono di leggere le linee di tendenza e i mutamenti nella struttura geografica dello sviluppo economico.

Si perviene all’individuazione di profili economici dei singoli bacini utilizzando gli indici di dotazione calcolati per ciascuna delle sei attività produttive considerate e alla costruzione delle mappe di vocazione economica semplice e di polarizzazione del territorio italiano.

Questo tipo di analisi, se da un canto permette di individuare la localizzazione delle singole attività produttive, dall’altro non consente alcuna misura sulla loro localizzazione in una complessa e unitaria visione di interdipendenza funzionale. Ed è tale interdipendenza che occorre analizzare e quantificare, perché lo sviluppo economico di un territorio non e generato dalla crescita più o meno intensa di una sola attività ma e il risultato ultimo dell’azione e degli impulsi generati da tutte le attività economiche (e sociali) esistenti nel territorio.

Di qui la necessita di effettuare l’analisi considerando le sei attività produttive congiuntamente, per avere cosi la possibilità di evidenziare bacini a
caratterizzazione occupazionale simile e, quindi, di individuare le Zone Economiche Omogenee (ZEO) esistenti nel Paese. Piu esplicitamente, si tratta di unita territoriali, anche non contigue, ognuna delle quali raggruppa al suo interno quei bacini che tra loro “distanza” nella caratterizzazione economica. La visualizzazione di tali Zone Economiche Omogenee permette la costruzione di mappe geografico-economiche, dal cui confronto e possibile mettere in luce con immediatezza le dinamiche, i mutamenti avvenuti nella geografia dello sviluppo del Paese.

3. Considerazioni: Zone Economiche Omogenee e diversificazione produttiva

I risultati che si possono ottenere dalla comparazione dei profili produttivi dei diversi bacini e la diversa articolazione e composizione delle Zone Economiche Omogenee indicano con chiarezza che la trasformazione della geografia dello sviluppo net nostro Paese, avvenuta net decennio considerato, e dovuta, oltre che ad un intenso processo di terziarizzazione, anche ad una diversa connotazione sia quantitativa sia, soprattutto, qualitativa delle attività di servizio, di cui l’analisi proposta individua forti processi di ridefinizione, specializzazione e diversificazione.
In particolare, si rileva un terziario che sempre più interagisce e si integra con le altre attività produttive, specialmente con quelle industriali, determinando un nuovo modello localizzativo di sviluppo che può definirsi come “tessuto a multilivello di irradiazione terziaria”. Si tratta, cioè, di un terziario che e venuto assumendo un ruolo sempre più propulsivo e trainante dello sviluppo economico italiano, non spiegabile soltanto da semplici processi di deindustrializzazione o di ristrutturazione e riconversione industriale, ma dalle esigenze di crescita moderna e diversificata che continuamente propone nuove attività economiche quasi sempre a carattere terziario, nuovi e più intensi processi di terziarizzazione impliciti ed espliciti della produzione industriale e un sempre maggiore sviluppo di servizi per ii terziario.
Tale processo di crescita economica necessita di una diversa e più articolata documentazione statistico-economica; ha bisogno di nuove logiche interpretative, di nuovi strumenti ignorati dalle analisi di impostazione industrialista. Le trasformazioni strutturali che stanno caratterizzando ii sistema socio-economico sono soprattutto trasformazioni che nascono dalla continua interazione de! terziario con ii resto del sistema produttivo. Per poter essere lette sono pertanto necessarie analisi fortemente disaggregate della distribuzione localizzativa delle attività.

4. Conclusioni: piccole e medie imprese e sviluppo locale
Appare quindi indispensabile passare ad una nuova fase di studi e ricerche relativi act una territorializzazione delle attività economiche di natura sempre più disaggregata. Un’analisi che interpreti lo spazio economico come aggregazione di punti che individuano microaree produttive di sviluppo localizzate intorno ad una attività principale. Solo attraverso analisi fortemente disaggregate e possibile capire la reale entità del processo di terziarizzazione in atto nell’economia; anche quando si tratti di un terziario eterogeneo e disomogeneo imputabile alla diversificazione della domanda e alle differenziazioni e specificità dell’offerta, si e sempre di fronte ad attività economiche che influenzano ii processo di crescita delle risorse. La realizzazione di tale analisi a carattere cosi puntuale e finalizzato non può essere perseguita attraverso la documentazione statistica oggi disponibile. Per poterla perseguire occorre disporre di una efficiente, articolata e aggiornata anagrafe aziendale dalla quale attingere dati in grado di valorizzare ii contributo della singola impresa nella interazione con le altre imprese e, quindi, nella crescita delle singole aree. Solo in tale direzione appare possibile evidenziare appieno ii ruolo propulsivo delle piccole e medie imprese e di tutte le nuove soggettualità economiche che operano e realizzano sinergie nel territorio. Soggettualità di una nuova imprenditorialità diffusa, capace di sviluppare processi evolutivi della nostra economia basati sempre più sull’intensificazione di un terziario non più ritenuto subalterno e residuale, ma considerato e trattato come settore coesivo di integrazione attiva e propulsiva, come settore di attività irrinunciabile per una completa modernizzazione del nostro sistema produttivo e sociale. Un terziario quindi capace di esprimere le esigenze richieste da un modello di sviluppo nuovo e dinamico, capace cioè di rispondere in termini quali-quantitativi alle evoluzioni della domanda, realizzando nel contempo processi innovativi per i fattori dell’offerta.

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