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La Cina mette il turbo, mentre l’Occidente arranca

Durante l’Assemblea del Popolo, l’organo consultivo che di solito si riunisce a marzo, svoltasi l’altra notte, il Premier Li Keqiang ha fissato gli obiettivi del 2023.

Crescita al 5%, più alta di quella fissata al Congresso ad ottobre, 12 milioni di posti di lavoro nelle aree urbane, deficit/pil al 3%, inflazione al 3%.

Quest’ultimo dato, per gli operatori finanziari e non, è significativo perché, essendo attualmente l’inflazione al 2.1%, per portarla al 3%, o avvicinarsi a questa cifra, ci sarà una politica monetaria prudente, flessibile e accomodante.

Ciò potrebbe portare a riduzioni della riserva obbligatoria delle banche, lasciando più spazio per prestiti ad operatori economici e famiglie a tassi di interesse bassi, o addirittura a riduzioni, seppur minime, del tasso di interesse.

A gennaio la Pboc (la banca centrale) ha fatto un’operazione straordinaria: ha messo a disposizione un plafond di risorse per le famiglie, alle prese con la crisi immobiliare, per pagare i mutui e prendere la casa.

La politica monetaria accomodante, oltre che per la crescita, potrebbe portare ulteriore linfa e vitalità alle piazze finanziarie di Shanghai, Shenzen e Hong Kong, in particolare per quanto riguarda i settori finanziari ed industriali.

Fissare gli obiettivi di deficit/pil al 3%, assieme ai governi provinciali – che quasi tutti hanno fissato un obiettivo di crescita al 5.5% – potrebbe portare ad una ulteriore politica fiscale espansiva.

Dal lato dell’offerta, ad ottobre è stata decisa l’immissione di centinaia di miliardi per infrastrutture (reti idriche, elettriche, ferroviarie ed autostradali) oltre che crediti di imposta per PMI, ossia per la “Terza Gamba” che da due anni viene curata per svilupparla accanto ai colossi pubblici e privati.

Nei primi due mesi, dice Li Keqiang, il turismo e la stessa produzione hanno dato segnali di vitalità (lo si vede negli indici PMI manifatturieri e servizi, che hanno destato stupore a livello mondiale battendo le attese).

Il periodo più delicato, dopo la fine di zero covid, era proprio il primo trimestre, ma sembra stia passando brillantemente.

Dal lato esterno, la Cina rimarca la quasi recessione in atto negli Usa e nella Ue, che potrebbe causare una riduzione dell’export; perciò ci si affida sempre più sulla domanda interna.

C’è comunque qualche economista cinese che vede il range di crescita del paese tra il 5.5 e il 6.5%. Non sappiamo attualmente cosa abbia deciso l’Assemblea del Popolo circa le spese sociali e i redditi;  sappiamo che il budget della difesa aumenta del 7.2%, ma dal lato della domanda ancora non trapela nulla.

L’apporto della crescita cinese a quella del pil mondiale è collocato intorno al 30%, ma c’è chi si spinge a prevedere il 50%, se dovesse aumentare.

Lo stesso obiettivo di crescita, al 5%, è fissato anche per il 2024.

Il Consiglio di Stato cinese, l’organo di governo, ieri, all’ Assemblea del Popolo ha deliberato un aumento del rapporto deficit/pil dal 2.8% del 2022 al 3%. La politica fiscale sarà proattiva, avente come finalità l’aumento della domanda interna.

Il Consiglio di Stato ha perciò deciso di creare obbligazioni speciali per i governi provinciali pari a 550 miliardi di dollari per investimenti pubblici. Si conferma la strategia cinese basata sugli investimenti pubblici, derivante anche da un forte tasso di risparmio che deve essere canalizzato nell’economia reale, volto all’aumento della produttività totale dei fattori produttivi.

Quindi, oltre ai 150 miliardi di dollari decisi ad ottobre per investimenti in ferrovie, dighe, linee elettriche e strade, vi è questo nuovo plafond finanziario finalizzato anche alla costruzione di beni pubblici quali scuole, università e ospedali.

Il Consiglio di Stato, la cui strategia si basa sulla domanda interna, come risposta all’aumento dei tassi di interesse in Occidente per far fronte all’inflazione, e alla diminuzione prevista nel 2023 del tasso di crescita del commercio mondiale, propone l’aumento dei redditi dei residenti urbani e agricoli, per aumentare i consumi e la spesa privata.

Inoltre fa affidamento sulle realtà private, assieme alle realtà pubbliche, per colmare i deficit economici nelle aree più interne, al fine di avvicinarle alle performance delle aree costiere.

Quanto alla politica monetaria, il Consiglio di Stato conferma una politica prudente finalizzata a stabilizzare il cross yuan-dollaro. Oggi le borse cinesi sono stazionarie o leggermente in diminuzione, forse aspettano le risultanze ultime dei lavori dell’Assemblea.

Una nota particolare, ieri Xi ha affermato che il settore manifatturiero sarà sempre più centrale in futuro, nonostante la Cina voglia sviluppare i servizi, ed esso sarà alla base della strategia economica del governo, in vista di alta qualità e salto tecnologico.

Due le note da sottolineare. La prima, l’aumento degli investimenti pubblici presso i governi provinciali ha come finalità l’aumento della produttività totale dei fattori produttivi: la Cina rincorre da decenni questo obiettivo per arrivare agli standard occidentali. Non sappiamo a che livello siano, probabilmente, almeno nelle aree costiere, questo obiettivo lo hanno raggiunto se non superato.

Ciò permette la conferma della reflazione salariale (aumenti, insomma), al fine di aumentare l’apporto dei consumi, e dei relativi servizi, al pil continentale. La seconda, la centralità del manifatturiero si traduce nella volontà di non seguire la strategia occidentale degli ultimi 50 anni che ha distrutto l’apparato industriale, non solo con delocalizzazioni, ma anche con privatizzazione.

La Cina, da paese “socialista di mercato con caratteristiche cinesi”, vede l’industria come fonte di valore marxiano, base economica di un Paese. L’apporto dell’industria sul pil cinese è attualmente attorno al 30% (in Italia è al 19%).

E’ come se ci fosse una strategia finalizzata ad aumentare al contempo industria e servizi, non per cambiare l’apporto dei relativi settori, ma per farli marciare assieme. Nel libro sostenevo che circa il 15% dell’apparato industriale cinese a basso valore aggiunto si sarebbe trasferito nel sud est asiatico e nei paesi sponda Sud del mediterraneo.

Evidentemente hanno creato nuove branche industriali, ad alto valore aggiunto come segno del salto tecnologico. Si conferma perciò la lezione marxiana e schumpeteriana, che la Cina persegue da decenni.

In ultimo: a leggere i giornali occidentali dovevano esserci milioni di morti per il covid dopo aver liberato il Paese dalle restrizioni. A distanza di due mesi le borse occidentali festeggiano ogni volta che escono i dati cinesi.

La memoria non fa parte di questo parte del mondo.

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