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I primi effetti dell’IRA per il reshoring delle filiere statunitensi

I dati da poco pubblicati dal Census Bureau del Dipartimento del commercio USA danno una prima idea degli effetti dell’Inflation Reduction Act. Stiamo parlando della norma firmata da Biden con la quale sono stati stanziati circa 370 miliardi per dare una forte spinta alla green economy statunitense, con lo scopo di ridurre del 40% le emissioni del paese entro il 2030.

Il provvedimento è stato in realtà pensato come un intervento complessivo sulle attività del paese, con l’obiettivo dichiarato di diversificare le catene di approvvigionamento, attualmente fortemente dipendenti dalla Cina. Il fine di un tale stanziamento è quello di orientare la rilocalizzazione delle filiere verso gli Stati Uniti, o comunque verso aree più controllabili.

La spesa per l’edilizia legata alla manifattura (in sostanza, la costruzione, l’ampliamento o l’ammodernamento di stabilimenti) ha raggiunto la cifra di 108 miliardi di dollari nel 2022. Si tratta della cifra più alta mai raggiunta per questa voce, spinta soprattutto da investimenti nel campo dell’high-tech, delle rinnovabili e della transizione all’elettrico nell’automotive.

Essa è aumentata del 58,2% dall’inizio della pandemia, a un ritmo che è quasi dieci volte quello tenuto dalla spesa non residenziale generale, dicono dalla società di consulenza contabile Marcum LLP. Tra chi è coinvolto nel commercio internazionale, il 62,3% delle aziende prevede di aumentare gli investimenti negli Stati Uniti.

“Una combinazione di tensioni commerciali, ansia da pandemia nella catena di approvvigionamento e un conseguente sforzo di riallocazione della produzione ha portato a una serie di progetti manifatturieri nazionali massicci”, ha dichiarato Anirban Basu, Chief Construction Economist di Marcum.

Persino storiche aziende europee stanno guardando con interesse a ciò che possono offrire gli incentivi al di là dell’Atlantico. La BMW ha annunciato ben 1,7 miliardi di dollari di investimento nei suoi siti statunitensi.

Il vero problema che sembra preoccupare l’industria a stelle e strisce è la difficoltà ad attirare manodopera. La capacità di produzione ha visto la più alta crescita dal 2015, ma tre quarti degli imprenditori che hanno risposto alle indagini temono la mancanza di lavoratori, oltre all’inflazione e ai risvolti imprevedibili degli scontri internazionali.

È in particolare il settore dell’energia pulita a guidare la domanda di manodopera, con più di 100 mila nuovi posti di lavoro già annunciati lo scorso agosto. Alla fine di gennaio, la piattaforma di comunicazione Climate Power ha stimato per il comparto una novantina di progetti per un valore investito di altrettanti miliardi di dollari.

A moltiplicare ulteriormente gli effetti dell’IRA ci sono i provvedimenti di incentivo e sgravio fiscale dei singoli stati USA, e soprattutto il Chips and Science Act. Un altro programma da 280 miliardi per rafforzare la capacità produttiva statunitense nell’ambito dei semiconduttori.

Cifre da capogiro rispetto a quelle stabilite dalla Commissione Europea, che è stata velocemente sollecitata a correre ai ripari della competizione del suo alleato oltre oceano. Quali saranno comunque i traguardi a lungo termine delle scelte di Washington è ancora in discussione, soprattutto tra le aziende che devono destreggiarsi tra bilanci e necessità di decoupling.

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