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La Cina presenta ricorso all’OMC per i dazi UE

Il ministero del Commercio di Pechino ha comunicato che è stato presentato ricorso all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) riguardo i dazi imposti dalla UE. Si parla di percentuali che per alcune aziende arrivano fino a salassi del 37,6%, a cui va sommata una precedente misura pari al 10%.

Il comunicato cinese aggiunge su Bruxelles: “ha violato gravemente le regole dell’OMC e ha minato la cooperazione globale per affrontare il cambiamento climatico. Esortiamo l’Unione europea a correggere immediatamente i suoi errori e a salvaguardare insieme la cooperazione economica e commerciale tra Cina e UE e la stabilità della catena di approvvigionamento dei veicoli elettrici“.

Difatti, Pechino è leader mondiale in questa filiera, dopo un’attenta pianificazione strategica che ha portato a ingenti investimenti pubblici nel settore. Secondo le stime del think tank statunitense Center for Strategic and International Studies, questi ammontano a circa 230 miliardi di dollari tra il 2009 e il 2023.

Le attività che fanno capo al Dragone stanno in realtà ottenendo ottimi risultati, nonostante tutto. Le vendite di auto elettriche hanno varcato per la prima volta la soglia del 50% dei volumi del mercato interno (con un netto aumento delle vetture del genere in circolazione), mentre l’export ha fatto un salto in avanti del 20%.

In risposta ai dazi europei, Pechino ha minacciato provvedimenti sull’importazione di carne e sui costruttori di aerei del Vecchio Continente. Ha anche avviato un’indagine, simile a quella che aveva fatto la UE, sull’industria francese degli alcolici.

Queste mosse fanno parte di un braccio di ferro che va avanti da settimane e continuerà fino al 2 novembre, termine entro il quale il Consiglio UE dovrà decidere se confermare o meno i dazi imposti dalla Commissione.

Lo stesso vale per il ricorso all’OMC, che in genere sono procedimenti molto lunghi e complessi, e dunque difficilmente porterà a risultati concreti in fretta.

Questa della guerra commerciale non è in realtà una scelta che ha molto apprezzamento tra le grandi industrie europee, mentre alcune imprese cinesi stanno stringendo accordi per produrre direttamente in Europa. Ma questo infiammarsi dei rapporti risponde alla linea di scontro con la Cina voluta da Washington.

Anche gli Stati Uniti hanno imposto tariffe sulle auto cinesi, e ora anche il Canada sta valutando provvedimenti del genere. Il Dragone, sempre al WTO, ha presentato un ricorso anche rispetto agli incentivi concessi dagli Usa sui veicoli elettrici tramite l’Inflation Reduction Act (IRA), intervento centrale della politica industriale dell’amministrazione Biden.

La Cina, infatti, sostiene che le regole che escludono dai sussidi le vetture per le quali non siano state utilizzate determinate percentuali di materiali critici prodotti negli USA, o in paesi con cui gli USA hanno accordi di libero scambio, siano discriminatorie. Effettivamente, hanno poco a che fare col libero mercato e molto con la frammentazione dei mercati.

Pechino sta usando gli strumenti che un tempo esprimevano l’egemonia occidentale sul mondo uscito dalla Guerra Fredda. È evidente che per l’imperialismo euroatlantico questi erano validi fintanto che gli facevano comodo, ma gli interessi tra Stati Uniti ed Unione Europea non sono sempre convergenti.

Vedremo fino a dove la Cina sarà capace di sfruttare questa asimmetria.

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