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L’economia italiana è in panne: motivi interni e internazionali

L’economia italiana è in panne. Industria, costruzioni ed export giù. Il commercio internazionale si è fermato, dopo il buffer di liquidità governativa e delle famiglie a seguito del lockdown.

La fine degli incentivi al Superbonus ha bloccato la crescita degli investimenti (9.5% 2022, derivanti per lo più da quest’ultimo settore). Le imprese negli ultimi anni hanno raggiunto una liquidità, esclusi gli investimenti finanziari, pari al 28% del pil, tuttavia gli investimenti sono fermi. Germania in recessione, Usa arrancano sul debito pubblico.

Quanto alla Cina, come ho riportato la settimana scorsa, le industrie si aspettano un fatturato minore del 2022. Il governo non interviene con misure fiscali, almeno ad ora, è come se attendesse la fine dell’immenso buffer di liquidità dei cittadini dopo tre anni di chiusura (stesso fenomeno accaduto da noi a partire da maggio 2020, altro che Draghi) che si riversa in viaggi, turismo in genere e servizi ad esso legato (come da noi 2023).

E’ come se si accontentasse di una crescita parziale, ossessivamente concentrata su di un probabile conflitto con Taiwan fomentato dagli Usa

L’eccezione cinese alla crisi capitalistica cinquantennale trova un parziale blocco per motivi internazionali, se in Occidente ci sono extra profitti industriali e commerciali, derivanti da dinamiche inflazionistiche che loro stessi fomentano (ieri il centro studi Confindustria ha riconosciuto che in Italia hanno extraprofitti, anche se minori da Ue), la dinamica disinflazionistica cinese, che è perseguita da anni, porta il governo ad accettare una stessa parziale caduta dei profitti industriali e commerciali.

Il lockdown serviva alla strategia disinflazionistica, il non intervento fiscale (chissà, forse ci sarà nei prossimi mesi) serve al governo cinese come strategia disinflazionistica rispetto alla dinamica dell’enorme buffer di liquidità detenuto dai cittadini e che, a partire da dicembre, si sta riversando sull’economia.

Un solo motore, pur di frenare l’inflazione. Mentre da noi gli extraprofitti alimentano un’inflazione perdurante che uccide le classi medio basse.

Ovviamente in Cina tale strategia non passa dalla politica monetaria come in Occidente. In Usa e Ue essa è semplicemente attrazione di capitali che altrimenti non avrebbero. Semplicemente in Cina tutelano le classi medio basse perché l’unica loro paura, non Taiwan o Usa, sono le rivolte sociali. Sono gli unici al mondo che lo fanno, a costo di bassi profitti o perdite di borsa.

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