Traduciamo un’analisi dell’economista Nicholas R. Lardy sul rallentamento economico cinese. L’analisi è pubblicata dal think-tank Peterson Institute for International Economics, intitolata a George Peterson, fu consigliere di Nixon e fu presidente del fondo di investimento Blackstone.
Quindi, un’analisi che proviene da un ambiente con nessuno motivo ideologico per fare sconti alla Cina.
Basta leggere l’analisi per capire che l’autore è contrario alla regolazione dell’economia e, anzi, tifa apertamente che di fronte alle difficoltà economiche le autorità rispondano con un po’ più di laissez faire e un po’ meno regolazione.
Ciononostante, l’analisi porta a conclusione diverse rispetto al catastrofismo dei grandi media internazionali, equamente divisi tra chi spera di poter chiudere finalmente l’anomalia cinese e chi è terrorizzato da un eventuale contagio che possa far esplodere le bolle speculative negli USA e in Europa. Buona lettura.
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Sta emergendo un nuovo consenso tra economisti, giornalisti ed altri analisti a riguardo dell’attuale rallentamento dell’economia cinese.
L’opinione è che gli inciampi della Cina nella primavera 2023 fanno presagire problemi più seri sul lungo termine che deriverebbero dalle politiche sbagliate, isolazioniste e controllate dal Partito Comunista in risposta al COVID e delle sue conseguenze, con tutte le probabili conseguenze negative per l’economia globale.
Questa posizione molto popolare è probabilmente prematura e, almeno in parte, forse è semplicemente sbagliata1.
Non c’è dubbio che la Cina stia affrontando molte sfide strutturali e d’altro tipo: crollo della produttività, forza lavoro in diminuzione, restrizione dei trasferimenti di tecnologia imposta dagli USA e da altri paesi, la correzione in corso della bolla immobiliare, alta disoccupazione tra i giovani lavoratori, una leadership che sembra dare priorità al controllo del Partito e alla sicurezza nazionale rispetto alla crescita economica (si veda la nostra intervista a Gabriele Battaglia, N.d.T.).
Queste sfide significano che la crescita cinese non tornerà vicino ai ritmi spettacolare del periodo 1980-2010, quando la crescita annuale era in media vicina al 10%.
Ma una lettura attenta del presente non va a sostegno della visione per cui la crescita cinese sia invischiata in una pesante spirale verso il basso che durerà anni.
La crescita del PIL cinese anno-su-anno nel secondo quarto del 2023 ha avuto un picco al 6,3%2. La ripresa anno-su-anno però era parzialmente dovuta alla crescita debole del secondo quadrimestre del 2022 e rappresentava una crescita di meno dell’1% rispetto al primo quadrimestre 2023.
La performance del secondo quadrimestre, quindi, è stata inferiore alle aspettative degli investitori. La crescita deludente è dovuta parzialmente anche all’espansione dei consumi delle famiglie su base annualizzata quadrimestre-su-quadrimestre che è precipita al 15% rispetto al 33% del primo quadrimestre3.
La grande crescita del primo quadrimestre però era il risultato di una crescita molto debole nel quarto quadrimestre 2022, combinata con la fine dei lockdown imposti dal governo per il COVID, cioè un evento una tantum e quindi non sostenibile.
Anche le importazioni cinesi si sono indebolite, crollando del 7,6% nei primi sette mesi del 2023. Questo potrebbe essere un segnale di debole domanda interna.
Ma secondo Goldman Sachs il “declino nella crescita nominale dell’import è stata guidata interamente dagli effetti dei prezzi.”4 In termini di volumi, le importazioni si sono espanse dell’1% rispetto al declino del 6,4% nello stesso periodo dell’anno scorso. Le importazioni nella prima metà del 2023 segnalano quindi una crescita della domanda interna.
E per quanto riguarda l’idea che le famiglie, di fronte alle insicurezze crescenti, stiano perdendo fiducia e stiano tagliando le spese lasciando più soldi nei depositi bancari?
I depositi bancari si sono accumulati durante la pandemia (2020-2022). Questo accumulo potrebbe riflettere la crescente paura delle famiglie di perdere i propri asset e quindi vadano a dare priorità alla liquidità di breve termine, come dice Adam S. Posen su PIIE5.
La spiegazione alternativa è invece che quando i lockdown erano abbastanza pervasivi le famiglie non hanno avuto modo di spendere, i risparmi sono quindi inevitabilmente aumentati molto, e molti di questi risparmi crescenti sono stati spostati sui depositi bancari.
I depositi bancari delle famiglie hanno continuato a crescere nella prima metà del 2023 a circa lo stesso ritmo del 2023, suggerendo che non sia cambiato molto.
Ma il contesto è completamente diverso. Per esempio, nelle aree urbane la crescita del reddito disponibile delle famiglie nella prima metà del 2023 è aumentata di più della metà, quindi la quota di reddito delle famiglie indirizzata ai depositi bancari è scesa di molto.
La crescita della spesa in consumi è stata quasi dieci volte tanto rapida anche rispetto allo stesso periodo del 2022.6 Questi dati suggeriscono con forza che il tasso di risparmio delle famiglie urbane stia ora crollando.
Questa ipotesi trova conferma nei dati nazionali aggregati per la prima metà del 2023, in cui i consumi pro capite sono cresciuti dell’8,4%, una volta e mezzo più veloce della crescita del PIL (entrambi misurati a prezzi correnti) e molto più alto della crescita dei redditi disponibili pro capite che si è attestata al 6,5%.7
Ciò suggerisce che ci sia stato un punto di svolta nella prima metà del 2023, che ha portato alla riduzione del tasso di risparmio delle famiglie e all’aumento delle spese per consumi.
E per quanto riguarda l’idea che il rallentamento stia ora deprimendo i salari, minando ulteriormente la fiducia delle famiglie?
La crescita del salario medio pro capite nella prima metà del 2023 è stata del 6,8%.8 Considerando altre forme di reddito, come gli interessi e altri redditi da proprietà, il reddito pro capite al netto delle imposte è stato di quasi tre quarti superiore del reddito da salario ed è cresciuto del 6,5%, più della crescita del PIL nominimale.9
La quota di produzione che va alle famiglie, quindi, sta crescendo, non diminuendo.
La combinazione di redditi personali in crescita e tassi di risparmio in discesa implica che i futuri consumi delle famiglie probabilmente sorprenderanno verso l’alto.
E la temuta parola con la D – la deflazione?
La caduta dei prezzi al consumo potrebbe portare le famiglie a posticipare i consumi sulla base dell’aspettativa che domani i prezzi caleranno ancora. Questo ridurrebbe i consumi e la crescita economica.
Ma la riduzione dei prezzi, ampiamente notata, dello 0,3% a luglio 2023 in paragone all’anno precedente, era in maggior parte dovuta all’elevato costo degli alimentari nello stesso periodo del 2022.
Scorporando i prezzi volatili di alimentari ed energia, i prezzi dei consumi di base a Luglio 2023 sono cresciuti dello 0,8%, in crescita rispetto allo 0,4% di Giugno. Potrebbe essere premature evocare lo spettro della deflazione sulla base di dati di un mese.
Infine, per quanto riguarda gli investimenti, in particolare quelli privati?
Una ragione della debolezza degli investimenti, pubblici e privati, nella prima metà del 2023 è che le scorte delle industrie alla fine del 2022 erano ai massimi storici.10
In Cina, a differenza degli USA, non ci sono stati trasferimenti di contante direttamente alle famiglie durante la pandemia. Il sostegno ai redditi delle famiglie è stato indiretto, il governo ha tagliato alcune imposte alle imprese scoraggiando al contempo le imprese dal licenziare i lavoratori.
In molti casi la produzione è continuata mentre le vendite diminuivano, portando inevitabilmente al livello record di scorte.
Con le scorte ai massimi storici, si sono rivelati deboli gli incentivi di breve termine ad investire per espandere la capacità di produzione manifatturiera nella prima metà del 2023. Nello stesso periodo però si sono consumate le scorte, ponendo forse le basi per più investimenti in futuro.
Durante la pandemia gli investimenti privati hanno continuato a crescere, ma si sono indeboliti relativamente al tasso di espansione degli investimenti statali. Nella prima metà del 2023, per la prima volta da sempre, gli investimenti privati sono scesi dello 0,2%.
Gli investimenti privati continuano a contare per più della metà degli investimenti totali, ciò suggerisce che le politica del governo abbiano eroso i diritti di proprietà privati meno di quanto sia affermato da alcuni critici.
Due fattori sono stati particolarmente importanti nel rallentamento relativo degli investimenti privati: la crescente regolazione delle compagnie di internet e la correzione del settore immobiliare.
Primo: l’improvvisa e non ben congegnata repressione delle compagnie delle piattaforme internet, in grandissima parte privata, è cominciata alla fine del 2020 e ha decimato guadagni, investimenti e assunzioni.
A Luglio 2023 le autorità hanno dato segnali di via libera, dichiarando che i problemi di queste compagnie erano stati “rettificati”. Le imprese (tra cui Alibaba, ByteDance, Meituan e altre) hanno risposto aumentando l’assunzione di nuovo personale, rovesciando l’ondata di licenziamenti in queste e altre imprese private dell’hi-tech occorsa nel 2022.11
Probabilmente la loro redditività sarà più bassa nel nuovo sistema di “supervisione normalizzata” rispetto all’approccio laissez-faire predominante prima della repressione, ma certamente crescerà rispetto ai minimi del 2022 e della prima metà del 2023, spingendo la crescita degli investimenti privati complessivi.12
Secondo: gli investimenti nell’immobiliare anno-su-anno sono crollato del 10% nel del 2022 e di un altro 8% nella prima metà del 2023. Le imprese private rappresentavano la gran parte degli investimenti nell’immobiliare prima dell’avvio della correzione. Il declino degli investimenti nell’immobiliare ha avuto grandi effetti sul livello generale di investimenti privati.
Le imprese immobiliari private stanno facendo deleveraging (vendere rapidamente le proprietà per ridurre il tasso di indebitamento, N.d.T.) ed è improbabile che tornino a investire, tranne che per completare i progetti già venduti ma non finiti. Quindi, l’immobiliare continuerà a essere un freno alla crescita degli investimenti privati.
Per concludere, la Cina e la sua popolazione hanno sofferto molto durante la pandemia del COVID, sia in termini di vite perse sia di mancata produzione economica. L’analisi svolta suggerisce che la ripresa possa essere cominciata, ma è fragile.
Il tempo dirà se la ripresa prenderà piede o se la Cina entrerò in una spirale ciclica verso il basso.
Note dell’autore
1. Vedi, per esempio, Adam Posen su Foreign Affairs, Peter Goodman sul New York Times, Paul Krugman sul New York Times, Keith Bradsher sul New York Times, James Kynge sul Financial Times, e l’editoriale collettivo del Financial Times.
2. Vedi National Bureau of Statistics of China’s 2023 1H GDP report.
3. Goldman Sachs, China: Consumer Dashboard 2023Q2, August 7, 2023.
4. Goldman Sachs, Signals from Chinese Import Data, August 15, 2023.
5. Posen, Foreign Affairs.
6. National Bureau of Statistics via Wind.
7. Vedi National Bureau of Statistics of China’s 2023 1H report su redditi e consumi delle famiglie
8. Ibid.
9. Ibid.
10. Gavekal Dragonomics, The Inventory Hangover, July 31, 2023.
11. “China’s Big Tech companies revive expansion plans after Beijing vows to give the green light on more deals, ends regulatory crackdown,” South China Morning Post, August 1, 2023.
12. Martin Chorzempa, Is China’s Tech ‘Crackdown’ or ‘Rectification’ Over?, DigiChina Forum, Stanford University, January 25, 2023.
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Walter Gaggero
Mi sembra un articolo molto di parte, spcie in tempi di creazione della moneta alternativa al dollaro, l’ anonimo commentatore non cita gli enormi investimenti cinesi all’estero, compagni ! Un po di attenzione !
Redazione Contropiano
Basta guardare la fonte per sapere che stiamo molto attenti… Se anche gli analisti statunitensi più “inner circle” sono cauti sul “crollo cinese” vuol dire qualcosa, no?