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TIM la disfatta

Contrariamente a quello che accade nello scenario europeo e internazionale, dove i principali Gestori telefonici, per cercare di conquistarsi margini maggiori di mercato e poter quindi aumentare i loro profitti, si muovono tra acquisizioni e fusioni, con il conseguimento di economie di scala, riduzione della concorrenza, ampliamento della gamma dei prodotti e riduzione dei costi amministrativi.

TIM a differenza dei competitor, adotta la strategia di cedere per 22 miliardi al fondo americano Kkr il suo principale gioiello, la rete, mantenendo i servizi, un caso unico nel panorama delle tlc, se poi consideriamo che tra sviluppo della rete e l’offerta di nuovi servizi l’interazione è continua.

Per la nuova società della sola rete NetCO, il futuro non sarà luminoso, considerato che con l’eventuale unificazione con Open Fiber, il cui debito per l’esercizio del 2023 si stima sarà di 6 miliardi, perderà in redditività nel lungo periodo.

Stesso discorso vale per la SerCo (TIM), in quanto sarà fornitrice di soli servizi, considerata la forte concorrenza, non potrà che vedere drasticamente ridurre i margini di profitto.

La decisione di vendere la rete è l’epilogo di una lunga e dolorosa agonia, dopo la sciagurata privatizzazione della Telecom, per ridurre significatamene il livello dell’indebitamento, attualmente stimato intorno ai 30 miliardi di euro, come successo a tanti altri asset industriali strategici privatizzati del nostro paese.

È davvero arduo vedere come possa funzionare bene un modello con due società separate, con azionisti diversi, con potenziali interessi differenti.

Ripercussioni e tempi durissimi per i lavoratori in entrambe le società.

Per la nuova società (Netco) della rete, i suoi circa 20.000 lavoratori, con età media di 57 anni, sono troppi per gli asset conferiti anche al netto di eventuali uscite di prepensionamenti (i più sono già usciti).

Per la SerCo (TIM), con i suoi 16.000 lavoratori (sempre al netto di eventuali fuoriuscite) sono troppi rispetto ad altri fornitori di servizi (FASTWEB, VODAFONE, ILIAD, ecc…).

Da alcune stime, epurando gli oltre 4.000 esuberi dell’attuale piano che si avvale dell’articolo 4 della legge Fornero – cioè il pensionamento anticipato a carico dell‘azienda, lo scorporo della Rete con la sua cessione potrebbe portare ad ulteriori 10.000 ulteriori esuberi difficilmente assorbibili da pensionamenti; causa l’età ancora giovane dei dipendenti rimasti in carico all’azienda.

Inoltre, non dimentichiamo che la crisi del settore coinvolge tutti gli operatori in Europa, dove si stima un esubero di circa 80.000 lavoratori a causa della crescente pressione competitiva in termini di innovazione; sia per la guerra sui prezzi, sia per il mancato consolidamento che non permette le economie di scala, sia per l’impianto regolamentario per garantire la concorrenza che non è più adeguato alle condizioni di mercato, inclusa la presenza degli Over the top.

I principali operatori europei, in vista di una concorrenza sempre più serrata e processi di digitalizzazione, annunciano da mesi continui tagli di personale, dalla British Telecom, Vodafone Europa e Telefonica, con impatti anche sull’indotto, a seguito del taglio sull’investimenti.

Se prendiamo atto che stiamo attraversando un periodo di forti trasformazioni tecnologiche, con l’accelerazione di un processo di automazione che richiede meno personale, gli impatti occupazionali si ripercuoteranno pesantemente su tutti coloro che operano nella filiera degli appalti e forniture dell’impiantistica dell’infrastruttura digitale.

Migliaia di lavoratrici e lavoratori, se non si invertirà la tendenza, continueranno nel breve periodo a vedere peggiorare le condizioni di lavoro e nel lungo si dovranno affrontare le grandi difficoltà derivanti dalla perdita di migliaia di posti di lavoro che, purtroppo, bisognerà gestire.

La spirale del debito

Chi ha ridotto il gruppo Tim in queste condizioni, ha la responsabilità di averlo trattato per troppi anni, quasi esclusivamente, come un cespite finanziario.

Le ragioni industriali sono state spesso sacrificate alla logica perversa del debito, perdendo capacità d’investimento in tecnologie indispensabili, per stare al passo alle evoluzioni del digitale.

A seguito del peso del debito pregresso della privatizzazione, la priorità è stata, prima pagare i debiti e i dividendi, mentre il primo cresceva (superando i 30 miliardi) anche per l’aumento dei tassi d’interesse, il gruppo si rimpiccioliva alla ricerca di un difficile equilibrio finanziario.

In più se, come si prospetta, si procederà alla fusione di Open Fiber con la rete di Netco, considerato l’alto indebitamento della prima, il debito aumenterà; una spirale diabolica.

I problemi strutturali delle tlc tra Flessione di ricavi, margini e investimenti.

Il settore tlc ha i più bassi rendimenti del capitale investito in Europa, accanto al più alto capitale richiesto di investimento.

L’onerosità degli investimenti pesa tanto in termini di ritorni di redditività, considerato la concorrenza sfrenata sui prezzi, i costi delle nuove frequenze, ma soprattutto il dover far fronte a un settore iper-regolamentato dagli enti regolatori (Antitrust e Agcom) per favorire la concorrenza.

A questo bisogna aggiungere la forte presenza degli Over The Top (OTT), i giganti di Internet del calibro di Google, Meta, Netflix, Amazon, Microsoft, Apple e Spotify, i quali fanno affari d’oro, sfruttando le infrastrutture di rete, il cui costo, investimenti, personale, debiti è tutto sulle spalle dei gruppi delle telecomunicazioni che ne hanno la proprietà.

Stando ai dati, gli Over The Top (OTT), al momento, rappresentano più la metà del traffico internet europeo, obbligando il settore delle telco a fare investimenti infrastrutturali (in particolare nell’Ftth e nel 5G) ormai insostenibili; per questa ragione dovrebbe indurre la politica nel prendere una scelta vincolante per gli Over The Top (OTT) di compartecipazione ai costi infrastrutturali in Europa.

Troppa concorrenza e guerra dei prezzi.

Di concorrenza ce n’è forse troppa con una compressione dei margini di profitto, annullando gli investimenti e, di conseguenza, la qualità futura dei servizi offerti alla clientela.

Con l’aumento dell’inflazione, la situazione sta peggiorando, il nostro Paese risulta fra quelli in cui gli operatori non riescono ad adeguare i prezzi a causa della concorrenza agguerrita e della tendenza dei clienti a migrare verso offerte più convenienti, a causa delle crescenti difficoltà economiche.

Gli Stati Uniti hanno tre grandi operatori: i Paesi europei superano i cento e l’Italia è quella che ne ha di più, cinque (TIM, Fasteweb, Wind Tre, Vodafone e Iliad) senza considerare gli operatori virtuali MVNO (PosteMobile, Ho Mobile, VeryMobile e ecc.).

In generale, i prezzi di tutti i beni e servizi sono in aumento da tempo, mentre per il settore delle TLC, anche se nessuno fa a meno dei servizi di telecomunicazione, qualsiasi aumento eccessivo delle tariffe potrebbe influenzare la domanda.

In base a studi specifici, il rendimento di un cliente è diminuito del 40 per cento in sei anni.

È inevitabile, la connettività costa, non si può continuare a pretendere di pagare poco ciò che ha valore; i prezzi dovranno aumentare altrimenti l’unico costo che si riesce a tagliare per aumentare i profitti è il lavoratore.

Chi garantisce che Tim sopravviverà.

Se l’operazione non verrà invalidata dai movimenti di Vivendi, resteranno comunque dei forti dubbi sul futuro di NETCO e SERVCO.

Chi garantisce, una volta conclusa la separazione, la sostenibilità del debito di entrambe le società? Se il livello del debito commisurato ai ricavi di ciascuna azienda non consentirà investimenti autonomi, esaurita la “droga” dei finanziamenti pubblici del PNRR.

Chi garantisce che alla scadenza del contratto di servizio, SERVCO acquisti da NETCO la rete necessaria ai suoi servizi o addirittura non decida di erogarli tramite rete 5G?

Chi garantisce che alla scadenza del contratto di servizio, Delivery e Assurance dei servizi SERVCO non vengano affidate alla pletora di aziende, con conseguente giungla di subappalti?

Chi garantisce che il contratto di fornitura dei servizi reciproco NETCO e SERVCO, ancora in fase di valutazione e definizione nei dettagli, sarà sostenibile nel medio-lungo termine agli attuali prezzi di interconnessione e al cliente finale?

In particolare, i prezzi praticati da NETCO a SERVCO, dovranno essere i medesimi che oggi pratica agli altri AOA (OLO) e comunque vagliati da AGCOM, oppure Kkr punterà a massimizzare il proprio investimento, applicando un sistema tariffario che renderà comunque più costoso l’uso dell’infrastruttura, con l’inevitabile aumento sensibili dei prezzi.

Chi garantisce che la quota dello Stato italiano non verrà diluita con degli aumenti di capitale?

La vicenda Tim dimostra tutta la debolezza dello Stato italiano

Le telecomunicazioni sono oggi la più importante infrastruttura che definisce le capacità operative di un Paese sovrano, su questa infrastruttura circola l’informazione pubblica; le transazioni monetarie. Qualunque operazione di interesse industriale, comunicazioni commerciali, scientifiche e militare, considerato che siamo nell’epoca in cui i dati sono una risorsa strategica e remunerativa, chi possiede e gestisce l’infrastruttura di rete lo farà certamente in un’ottica finanziaria; Kkr è un fondo e lo fa per mestiere.

Nel nome del libero mercato i governi e la politica italiana hanno capitolato cedendo le chiavi di casa, senza rendersi conto (?) che abbiamo perso la sovranità, mettendoci nelle condizioni di semplice colonia, nonostante qualcuno continui a parlare di “sovranismo”.

Quando lo Stato non rivendica le sue superiori prerogative e accetta di adeguarsi alle regole del libero mercato, presto o tardi resta con il cerino in mano, nonostante il timido appellarsi alla foglia di fico della golden share e/o del golden power, in difesa degli “interessi nazionali”, stiamo lentamente affondando.

Nonostante ciò, si parla ancora di privatizzazioni, sebbene la storia abbia dimostrato gli errori fatti, pagando un pesante conto salato per il nostro Paese.

Un’alternativa ci sarebbe: si chiama “Espropriazione per pubblica utilità”, tramite una nazionalizzazione e governance pubblica, come è persino prevista dall’articolo 42 della costituzione.

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19 Commenti


  • MAURIZIO

    Senza la vendita della rete Tim e gia fallita con buona pa e dei lsvoratori.
    La nazionalizzazione significa caricare il bilancio dello Dtsto di ulteriori spese. Non lamentiamoci poi che nulla funeiona.
    Gli esmpi di nazionalizzazioni quali ALITALIA, ILVA, MONTE PASCHI sono state un fallimento e fallimento sarebbe la nazionalizzazione di TIM, un altro buco finanziario da tappare


    • Redazione Contropiano

      L’elenco che hai fatto (Ilva, Alitalia, Montepaschi, Telecom, ecc) sono esempi fallimentari delle PRIVATIZZAZIONI organizzate da Mario Draghi e Romano Prodi, firmate da Bersani.
      L’opposto netto di quello che dici. Poi, certo, “i privati falliti” hanno chiesto aiuto alle finanza pubbliche e quei maiali glieli concedono sempre. Ma la dinamica è andata al contrario.
      Dimenticare cosa è successo, con una certa precisione, è un pessimo difetto italico…


  • DAVIDE TRERE’

    Il guadagno dei player storici era basato sui costi di trasporto della voce che fino ad una decina di anni fa aveva dei costi per l’utenza molto elevati non più giustificabili con la trasmissione dei dati di oggi. Il futuro sarà garantire collegamenti in fibra con una certa banda e a determinate prestazioni ma su questo ultimo punto vedo TIM assolutamente impreparata a partire dai livelli dirigenziali


  • Mauro costi

    chiedete a Bersani e all’innominato se favorire l’opa a debito e’ stato uno statista o un amministratore da condominio


  • Antonio

    Vi ricordate?
    le lenzuolate di Bersani.
    A cosa sono servite?


  • Mario Morelli

    penso che un settore che gestisce dati sensibili debba rimanere nelle mani del paese di appartenenza senza sece senza ma. Purtroppo qui cani che hanno fatto fare la privatizzazione come quelli che hanno poi concesso le successive speculazioni ecglinspeculatori stessi non verranno mai puniti. Questo è il vero problema dell’Italia. Mi auguro che si possa arrivare ad una znazionaluzzazione dell’azienda .


  • Fabio

    ……Chi garantisce che alla scadenza del contratto di servizio, Delivery e Assurance dei servizi SERVCO non vengano affidate alla pletora di aziende, con conseguente giungla di subappalti?….

    E’ gia così da anni. Magari gli skateholder attuali, trasformatisi in meri ufficio di collocamento per subappaltatori, partite iva e cococo si togliessero dalle balle e lasciassero uno stipendio degno a chi lavora. Il problema sarebbe risolto senza senza i previsti aumenti.

    La rete TIM? Come qualcuno diceva: ci sono 2 idiozie in Italia… la terza è la rete TIM.
    Fortunati se KKR l’ha comprata. Fortunati davvero.


  • Docomo

    il management Tim è stato indecoroso negli anni passati. Hanno mangiato soldi a pala a danno dei lavoratori costretti a sovvenzionare con solidarietà in busta paga ” assunzioni ed esodi”. E continuano ancora…


  • Aronne

    Comunque o gli OTT cominciano a pagare o lo pagheranno o consumatori. La tariffa così bassa non può che portare a una lenta agonia. Le tlc sono l’unico servizio essenziale che non si paga a consumo


  • Remo sabini

    È una vergine che una società per azioni possa essere ridotta nelle attuali condizioni e che poi i vari dirigenti pur colpevoli di aver dissipato denaro pubblico non pagano mai e chi ci rimette sono i lavoratori e i piccoli azionisti che si sentono impotenti di fronte a questa situazione.sono veramente Allibito.


  • Mirko

    Con un debito di 30 miliardi non via era altra strada. La rete fissa di Tim è composta dal 70% di cavi di rame che ormai non hanno più alcun valore tecnologico…..eppoi siamo certi che col 6G ci servirà il cavo con tutti i suoi limiti e costi ?!?!


    • Redazione Contropiano

      Non vedere altre strade porta spesso a sbattere o nel burrone. Bisognerebbe saperlo (a meno di non ragionare come la Thatcher (“There is no alternative”…)


  • Riccardo Mario Corato

    Perfettamente d’accordo.

    Piaccia o non piaccia ai sostenitori del libero mercato e agli idolàtri della concorrenza, esistono beni e servizi di pubblica utilità che debbono rimanere in mano pubblica.

    Parliamo della sanità, della scuola, della sicurezza sociale, della giustizia, della moneta e, come in questo caso, del patrimonio delle reti costruito nel corso di molti decenni: elettricità, gas, strade ferrovie… e, per l’appunto, telecomunicazioni.

    Oltretutto si tratta dell’unico patrimonio – asset – per dirla col gergo finanziario oggi imperante, in grado di far da bilancia al debito pubblico

    Last but not least, i beni pubblici e la pubblica amministrazione hanno costituito una solida fonte di lavoro e di ricchezza diffusa per milioni di italiani per lunghi decenni.

    Non pensate piuttosto che tale ricchezza sia stata scientemente e sistematicamente distrutta grazie a banalità e semplificazioni interessate come “meno stato, più mercato”, “privato è bello”, eccetera?


  • Pierangelo Barzaghi

    Una analisi chiara della situazione con una sola dimenticanza. Che ne sarà di TIM Brasile la gallina dalle uova d’oro che da anni mitiga le perdite italiane? Il miracolo economico tutto brasiliano che da solo da anni, incrementa gli utili di una società ormai destinata alla gloria ? Piaccia o meno questa è la realtà!! Costruita ad arte da personaggi che dopo l’era dei boiardi di stato, che ne hanno costruito la sua storia e la sua invidiabile grandezza. Oggi stato, privati e scelte scellerate e volute, dai vertici, e dalla politica, di cui si conoscono nomi e cognomi dei referenti, ne hanno anticipato e preparato il declino. Ringraziamo lo stato italiano, i governi centrali degli ultimi 20 anni, la politica che non ha saputo e probabilmente voluto, controllare la più grande speculazione economica e finanziaria del dopoguerra. Ed a noi ex dipendenti ed ancora piccoli azionisti, l’amarezza di avere creduto in una società che ci ha illuso. e ridotto a carta straccia i nostri piccoli risparmi pagati con i fondi dei TFR. Grazie per l’attenzione.


  • STEFANO MEZZINI

    li chiamavano capitani coraggiosi!!!
    stiamo vedendo dove sta andando la nave Italia……alla deriva!


  • Francesco

    il solito scempio italiano voluto da politici che, solo per questo, dovrebbero vedere il sole a strisce già da un pò….


  • marco

    ma come si fa a pensare che la soluzione sia non cambiare niente? I debiti delle società Tim sono la diretta conseguenza della gestione pubblica. Non lo dico perché sono un amante del privato, ma perché è andata proprio così.
    Oggi siamo costretti a vendere all’unico compratore ammesso, il fondo kkr, perché l’unione della rete e dei servizi in un’unica società non ha portato i risultati promessi, bensì l’opposto: concorrenza sleale, qualità sotto al soglia della decenza fino a pochi anni fa e scorrettezze continue nei confronti dei clienti. Oltre ai debiti. Affermare che la colpa sia della troppa concorrenza penso sia assurdo.
    Che sia una scelta sbagliata dal punto di vista strategico poco conta, a meno che al solito, si sia noi cittadini a tenere in piedi una carcassa con le nostre tasse perché “italiana”. Meglio una americana, costa poco e rende tanto!


  • DANILO FABBRONI

    Coloro che si stagliano contro la nazionalizzazione DIMENTICANO che l’aborto succedutosi a manovre di tal genere è semplicemente dovuto a: 1.- incompetenza plateale, marchiana di cortigiani messi aa livelli apicali in quanto manovrabili a piacimento 2.- cortigianeria diffusa ed acclamata di YEEMEN messi lì apposta 3.- pletora di top manager (si fa per dire…) ricattabili, seducibili, comprabili. L’ENI del partigiano bianco non era nulla di tutto ciò. Per questo l’hanno ucciso.


  • Ex ITALCABLE

    Grazie a Bersani che prima con lo spezzatino telefonico ( ASST.. SIP… ITALCABLE) ha iniziato le danze su un settore che tutti ci invidiavano ( non la Sip).. Per poi consetire l Opa di Telecom mettendo a bilancio l intera acquisizione… Per poi passare al grande Manager Pirelli che ha venduto al 30% in meno del valore di mercato tutti gli immobili per poi fare contratti d affitto al 30% in più del mercato favorendo gli amici… E voi vi scandalizzate x la vendita di Tim…

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