Un’analisi praticamente perfetta – fatta da “tecnici” del capitale, senza alcun travestimento ideologico – di cosa è il governo Meloni, le sue chiacchiere e distintivo senza un briciolo di verità.E soprattutto della grande finanza internazionale, puramente speculativa, che vede in questo come in altri paesi in difficoltà soltanto l’occasione per conquistare posizioni dominanti, guadagni facilissimi (i “bollettari” delle infrastrutture, per esempio), pronti a determinare le scelte politiche insieme o in concorrenza con l’Unione Europea.
Quando tutta la popolazione si sveglierà dal sogno tossico che vive da oltre 30 anni, si accorgerà che in questo paese non ci sarà rimasto quasi nulla per creare ricchezza e benessere. Non certo per chi ci abita, ma neanche più per le imprese, che a quel punto saranno fuggite – chi avrà potuto – o avranno chiuso.
Buona lettura.
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Ci sono due livelli di lettura della recente girandola di incontri che Giorgia Meloni ha avuto con i big della scena finanziaria mondiale: da Larry Fink, il potente capo di BlackRock; al visionario e controverso Elon Musk, fino a Nadella di Microsoft, Sam Altman di OpenAi solo per citarne alcuni.
Per gli osservatori filo-governativi si è trattato del pieno riconoscimento del successo dei due anni di governo con l’Italia promossa a pieni voti dalla grande finanza internazionale. Un accreditamento impensabile fino a poco tempo per il governo a ispirazione sovranista, che invece riscuote consensi autorevoli dai big del capitalismo globale.
L’altra lettura, meno retorica e patriottica, è che i giganti della finanza mondiale sono a caccia di opportunità. E sanno benissimo che le condizioni del Paese, zavorrato da 3mila miliardi di debito pubblico, con crescita anemica da oltre vent’anni; che fatica a chiudere la legge di bilancio ogni anno ed è costantemente a caccia di soldi pronta cassa, lo rendono debole e vulnerabile: un perfetto terreno di caccia per lauti guadagni.
Detto in parole povere Larry Fink il gran capo del più grande fondo d’investimento globale, non si muove da New York se non sente odore di ricchi guadagni.
BlackRock è una macchina da guerra
Basterebbe snocciolare qualche dato per capire che l’incontro dei giorni scorsi può essere riassunto con l’immagine suggestiva di una vecchia canzone: “Il gigante e la bambina”, perfetta metafora della forze in campo.
BlackRock è una macchina da guerra, un gigante finanziario che ha tale potenza di fuoco da far impallidire Governi e Stati sovrani. Il mega-fondo quotato a Wall Street da oltre 25 anni gestisce denaro per 11.500 miliardi. Una massa di denaro che vale oltre 5 volte il pil italiano e 4 volte l’intero debito pubblico. I suoi 11,5 trilioni di masse in gestione valgono un terzo dell’intero pil americano e la ricchezza prodotta ogni anno dalla somma dei pil di Germania, Francia, Italia.
Certo non sono soldi di BlackRock, ma denari affidati dai clienti di oltre 100 Paesi del mondo e la cui lista spazia dai grandi fondi pensione alle banche e assicurazioni fino al piccolo investitore retail. Soldi che il fondo della “RocciaNera” investe a partire dagli Etf di cui è leader assoluto, fino alle azioni, ai bond e alle partecipazioni societarie disseminate ovunque e in ogni genere di strumento finanziario.
Il fondo sovrano norvegese, il più grande fondo governativo al mondo, che investe i guadagni dal petrolio ha asset in gestione per 1.500 miliardi poco più di un decimo delle risorse su cui poggia BlackRock.
Soldi che producono altri soldi
Per il fondo capitanato da Fink l’unica religione è: soldi che producono altri soldi. Il rendimento degli investimenti è la missione unica, come ovvio. E le scelte d’investimento pesano eccome sulla sorte di interi Paesi se non continenti.
Una massa critica che influenza economia e politica. Basti pensare che di recente il fondo si è mangiato, in un colpo sborsando 12,5 miliardi di dollari, Gip, un grande fondo che investe in infrastrutture noto in Italia per il brillante e remunerativo investimento in Italo.
Per continuare ad attirare clienti e far crescere gli asset da investire occorre garantire ritorni agli investitori elevati e costanti nel tempo. E in questo Blackrock si è rivelato nel tempo roccioso come non mai.
Basta vedere i flussi di nuove risorse che i clienti affidano al mega-gestore: solo nel terzo trimestre del 2024 sono affluiti in Blackrock ben 221 miliardi di dollari e da inizio anno la raccolta di nuovo denaro è stata di 360 miliardi, dieci volte il livello della manovra di bilancio del Governo italiano. E le fortune dei suoi clienti diventano le fortune di Fink e soci.
I bilanci del gruppo grondano di profitti con redditività sui ricavi da capogiro vicini ai mega-campioni dell’hi tech Usa. Nel 2023 il gruppo ha prodotto un utile operativo di 6,6 miliardi su 17,8 miliardi di ricavi e un utile netto di 5,7 miliardi. Sono livelli di profittabilità operativa che viaggiano oltre il 40%, e non da ieri.
A dirla tutta il 2023 è stato meno brillante degli anni precedenti. Nel triennio 2019-2021 la marginalità operativa correva a livelli del 46% sui ricavi. Solo negli ultimi 5 anni si sono cumulati profitti netti per oltre 25 miliardi di dollari. E ogni anno viene girato agli azionisti del colosso Usa un dividendo sopra i 750 milioni di dollari.
Ma chi sono i soci di Blackrock?
Blackstone quotata a Wall street è una public company e gli azionisti sono a loro volta grandi fondi d’investimento in un circuito quasi vizioso: i soci fanno più o meno lo stesso lavoro di Blackrock e sono competitor di Fink e dei suoi manager.
Però le soddisfazioni non mancano. Il titolo oggi capitalizza 157 miliardi di dollari e negli ultimi 20 anni ha dato un rendimento totale, tra apprezzamento del titolo e dividendi, del 1.320% con un rendimento medio annuo del 15% negli ultimi 20 anni.
Le cifre sono da capogiro: 10mila dollari investiti nell’azione della “RocciaNera” 20 anni fa oggi varrebbero 142mila dollari. Quanto a Fink, solo come piccolo socio ha in portafoglio lo 0,2% del capitale e le sue 340mila azioni personali valgono 340 milioni di dollari.
Da dove arrivano i ricavi che per l’intero 2024 sono stimati in 20 miliardi di dollari con utili operativi per quasi 8 miliardi? Sostanzialmente dalle commissioni di gestione, in particolare dagli Etf di cui Blackrock è leader di mercato con 3.500 miliardi investiti. Ma anche dalle fees applicate ai grandi clienti istituzionali che affidano risorse per quasi 5mila miliardi di dollari.
Masse di denaro investite in ogni genere di prodotto finanziario dalle azioni, ai bond, agli investimenti alternativi e al privare equity. Ben si comprende come ogni decisione di allocare denaro e di spostarlo qua piuttosto che là ha effetti sul grado di povertà o ricchezza di un Paese.
In Italia, come ha documentato di recente da MF-Milano Finanza, Blackstone è uno degli investitori più presenti a Piazza Affari. Il mega-fondo vanta quote in tutte le 40 blue chip del Ftse/Mib per un valore aggregato di 24,8 miliardi di euro. Quota che ora salirà di valore con il via libera del governo all’ingresso nel capitale di Leonardo con una quota intorno al 3%.
Credere all’Italia, come hanno voluto sottolineare gli osservatori filo-governativi commentando il caffè tra Fink e Meloni dei giorni scorsi? Certo che sì, altrimenti quelle partecipazioni sui migliori titoli del listino milanese non ci sarebbero.
L’appeal delle infrastrutture
Ma c’è l’ipotesi di una sorta di “Britannia 2”, se il governo faticherà a centrare l’obiettivo dei 20 miliardi di incasso, nei prossimi anni, dalle privatizzazioni? E non è un caso che a BlackRock, come in genere ai grandi fondi, piacciono da morire le infrastrutture, regolamentate ancora meglio. Dai porti alle ferrovie, alle reti infrastrutturali di ogni tipo.
In fondo le utilities, soprattutto regolate e protette, danno rendimenti costanti nel tempo e allettanti. Quei rendimenti che Blackrock deve assicurare ai suoi clienti e azionisti in una sorta di dannazioni da crescita continua. Non solo infrastrutture ma anche data center, luoghi dove posizionare i grandi server per la nuova frontiera tech che parla e pensa artificiale.
Settori le utilities e il tech sempre più nel mirino di chi ha soldi da spendere. E che però assicurino rendimenti a doppia cifra. E per avere ritorni di quel tipo il prezzo di acquisto deve essere il più basso possibile. Sarà una tornata di vendite o di svendite per il Governo Meloni? Si vedrà.
* da MilanoFinanza
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