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Tassi alle stelle sui prestiti, rasoterra sui risparmi: speculazione da manuale

Una recente analisi del Centro studi di Unimpresa ha evidenziato di nuovo (lo avevano già fatto altri istituti, lo aveva fatto Bankitalia) come le banche si siano avvantaggiate degli altri tassi BCE, non facendo crescere la remunerazione dei risparmi allo stesso modo degli interessi richiesti su prestiti e mutui.

Il sistema bancario italiano ha segnato utili record dal 2021 a oggi, con una previsione per i profitti del 2024 appena sopra i 50 miliardi di euro, più del triplo rispetto a tre anni prima. È chiaro che un ruolo centrale l’ha avuto la forbice apertasi tra tassi di finanziamento e tassi sui depositi.

È stato calcolato che nei bilanci bancari, il margine di interesse ha subito un incremento medio nel 2023 del 30%. È facile capire da che tipo di speculazione vengono per lo più i 132 miliardi di profitti del periodo che va dal 2021 al 2024, innanzitutto per l’evidente accordo tra gli istituti di mantenere bassa la remunerazione ed evitare di farsi concorrenza.

Mentre i tassi per i mutui variabili hanno raggiunto punte del 6%, e i finanziamenti alle imprese addirittura del 7%, la remunerazione dei conti correnti con saldi inferiori fino ai 250 mila euro si è attestata tra lo 0,15% e lo 0,35%. In pratica, non compensava nemmeno l’inflazione e la perdita di valore del denaro.

Solo i depositi superiori ai 250 mila euro hanno potuto raggiungere una remunerazione leggermente più alta, che in media non supera lo 0,72%, ma ha anche picchi oltre l’1,5%. Insomma, ecco la beffa per cui chi già vantava risparmi considerevoli è anche quello che ha ricevuto di più nei giochi bancari di questi anni.

La differenza di remunerazione segue addirittura le stesse disuguaglianze sociali del paese, con una netta differenza tra i tassi garantiti al nord e quelli garantiti al sud. È la stessa Unimpresa che scrive che ci troviamo di fronte a “un sistema che penalizza strutturalmente le fasce di risparmio più basse“.

Il suo vicepresidente, Giuseppe Spadafora, ha commentato: “la forbice dei tassi, oggi ai livelli più alti degli ultimi decenni, è diventata un sistema per arricchire gli azionisti, mentre i correntisti vengono trattati come clienti di serie B“. In pratica, parliamo della maggioranza della popolazione a cui vengono drenate ricchezze per una ristretta minoranza.

Minoranza che non ha nessuna intenzione di investirle, quelle ricchezze. Perché se è vero che anche il finanziamento alle imprese ha avuto tassi molto alti, un recente studio della Sapienza ha mostrato come “le società industriali non hanno ampliato l’indebitamento, non già per ‘scarsità del credito’ come troppo spesso si dice con superficialità, quanto piuttosto per disaffezione al rischio d’impresa“.

In questo sistema si vedono solo falle e contraddizioni non risolvibili. È giunto il momento che si identifichi il problema nelle sue fondamenta.

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