Tra le nuove misure repressive annunciate dal Ministro degli Interni cancellieri c’è anche l’introduzione di “presidi mobili di pronto intervento” sul modello adottato dalla polizia greca per fronteggiare le imponenti contestazioni che da due anni fanno traballare il governo.
La scelta di questa nuova strategia sarebbe supportata dalle analisi realizzate dalla Digos e dalla polizia di prevenzione, in cui si parla di un “sistema parallelo che prescinde da chi ha organizzato la manifestazione perché si affianca a chi sfila, ma poi persegue altri obiettivi”.
Dai filmati degli incidenti di Atene e Madrid, i responsabili dell’ordine pubblico e del contrasto all’eversione avrebbero tratto la convinzione della “presenza di analogie nella pianificazione degli attacchi, mirati verso gli obiettivi istituzionali e le forze dell’ordine”.
Da qui la decisione di ricorrere a piccole pattuglie mobili, coordinate dall’alto e da osservatori in abiti civili, che non seguono più il corteo o presidiano staticamente obiettivi sensibili e sbarrano strade, ma si muovono nel territorio circostante il tragitto della manifestazione a caccia dei gruppi considerati l’obiettivo da neutralizzare.
In Grecia i Mat, gruppi speciali antisommossa, applicano una forma di controguerriglia urbana a bassa intensità che consente di sorprendere gli avversari con degli agguati e dei raid improvvisi. Avanzano in fila indiana per poi scattare all’improvviso, spuntano dal nulla per agguantare i manifestanti isolati o aggredire i gruppetti confusi e sparpagliati. Si nascondono dietro gli angoli, accovacciati tra le vetture in sosta e gli arredi urbani.
Anche la loro dotazione personale è speciale, tuta robocop, casco e maschera antigas, manganello agganciato dietro la schiena, decine di granate “incapacitanti”, cioè accecanti e assordanti, spray urticanti compreso i “capsulum”, potenti lancia-polvere di peperoncino che bruciano i polmoni. Addestrati all’arresto mirato sono in grado di infilarsi con azioni lampo all’interno del corteo per agguantare uno o due manifestanti e trascinarli via. Una tecnica già in uso nella polizia francese fin dalla metà degli anni 90.
Questi nuclei alla fine dei cortei penetravano i gruppi di manifestanti che si attardavano negli scontri con pattuglie di 5-6 uomini. Due diretti sull’obbiettivo e gli altri intorno a protezione che si facevano strada a colpi di arti marziali.
Da tempo anche in Italia è in atto un processo di militarizzazione delle polizie che sono addestrate a muoversi e combattere negli “ambienti urbani” ove occorre isolare quartieri, edifici, abitazioni. Non a caso sono stati aboliti di fatto i concorsi per il reclutamento nelle polizie, riservandoli ai soli militari che hanno fatto la ferma volontaria e quindi esperienze nelle guerre in Iraq, Balcani, Bosnia, Afghanistan.
Da quando l’Italia si è impegnata a fornire personale nelle “guerre umanitarie”, aree militari sono state attrezzate per ricostruire ambienti urbani e rurali dove si addestrano carabinieri, parà, assaltatori e bersaglieri che vanno ad operare all’estero, mentre gli stessi reparti di polizia militare sono addestrati realmente, nell’ambiente metropolitano, con l’impiego di ordine pubblico quotidiano sul territorio nazionale e sono gli stessi che operano a guardia di siti di rilevanza nazionale: cantiere No Tav in val Susa, discariche, termovalorizzatori ecc.
Fonte: Senzasoste.it
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