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Sindacati o aziende? Di che vivono i sindacati “collaborativi” in Italia

L’articolo pubblicato oggi da Il Fatto Quotidiano, dal titolo “Cisl, gli affari d’oro di Bonanni con la pubblica amministrazione”, nel quale si evidenziano le relazioni economiche tra la Cisl, proprietaria di alcune società, e molti enti pubblici e aziende private, pur con sintesi giornalistica descrive in modo articolato quanto l’USB va dicendo da anni.

Quei sindacati che abbracciano la filosofia economica basata sul “libero mercato” non possono che entrare direttamente nel mercato. Se lo fanno con aziende proprie, non possono che cercare di trarne profitto, magari trattando la forza lavoro come qualsiasi altra azienda. E se poi fanno affari con aziende o pubbliche amministrazioni nelle quali hanno una rappresentanza sindacale dei lavoratori, allora parlare di conflitto di interessi è forse poco.

E tutto ciò porta anche a dire che le stesse politiche, generali ed aziendali, attuate da questi sindacati sono fortemente condizionate dal reciproco interesse di far funzionare economicamente le aziende, le organizzazioni sindacali e le aziende delle organizzazioni sindacali. In tutto questo, chi ci rimette sono la trasparenza e i lavoratori.

Ma c’è di più: i contratti di lavoro e gli accordi sono ormai pieni di “organi paritetici” ed “enti bilaterali”, che di fatto determinano lo spostamento di ingenti quote economiche verso alcuni sindacati. C’è da chiedersi quanto, mediamente, Cgil, Cisl, Uil e Ugl ricevano delle quote dei propri iscritti e quanto invece vivano di queste altre entrate.  E, stimato 100 il costo per le aziende dei rinnovi contrattuali, sarebbe anche da chiedersi quanto venga sottratto in termini economici ai salari dei lavoratori da quegli organismi succitati.

Secondo l’USB, questa sarebbe una ulteriore, e forse più interessante, inchiesta giornalistica sulla quale lavorare. Di certo possiamo dire chi ha pagato lo scotto dei passati decenni di politiche sindacali intrise di “compatibilità economiche”, di “concertazione” e di “collaborazione” con governi ed aziende: sono stati e sono le lavoratrici e i lavoratori di questo Paese, sono soprattutto quei 5 milioni di poveri rilevati in questi giorni dall’Istat.

Forse lo tsunami che ha investito la politica in questi ultimi anni dovrebbe cambiare direzione ed occuparsi anche di un certo modo di fare sindacato.

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